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Home Centro Cultura Popolare Biblioteca Vigevano: L’ANPC e Teresio Olivelli, il samaritano dell’ora più difficile
Vigevano: L’ANPC e Teresio Olivelli, il samaritano dell’ora più difficile PDF Stampa E-mail
Giovedì 14 Luglio 2016 16:14

Vigevano L ANPC e Teresio Olivelli il samaritano dell ora più difficile"Teresio Olivelli, il samaritano dell’ora più difficile" di Giorgio Bernardelli su La Stampa. Proprio nei primissimi giorni dell’Anno santo della Misericordia, lo scorso 14 dicembre, papa Francesco ha autorizzato la Congregazione per le Cause dei Santi a promulgare il decreto sull’eroicità delle virtù di Teresio Olivelli (1916 - 1945), laico lombardo morto nel campo di concentramento di Hersbruck poche settimane prima della fine della guerra. Proprio in occasione di quell’atto - in forza del quale Olivelli è oggi venerabile - molti hanno citato il suo testo più noto, la preghiera del «ribelle per amore», divenuta in quel tempo difficile un vero e proprio manifesto dei cattolici che avevano aderito alla «Resistenza». Ma chi era davvero questo giovane della diocesi di Vigevano? E attraverso quale percorso lui - inizialmente fascista - era arrivato a scrivere quel testo? Una risposta ricca e costantemente in dialogo con il contesto storico di quegli anni la si può leggere nella biografia «Il difensore dei deboli», scritta da Renzo Agasso e Domenico Agasso jr per le Edizioni San Paolo proprio in occasione del riconoscimento delle virtù eroiche di Olivelli. Si tratta di un libro con un grande pregio: aiuta ad andare oltre una lettura un po’ stereotipata, che descriverebbe l’itinerario di Olivelli come una «conversione». Il ritratto che ne emerge è piuttosto quello di un giovane cresciuto nell’Azione cattolica del difficilissimo passaggio tra gli anni Venti e gli anni Trenta. Un cristiano a tutto tondo, dalla vita spirituale intensa (testimoniata nel libro da tante pagine delle lettere scritte allo zio don Rocco Invernizzi, arciprete di Tremezzo, suo punto di riferimento costante). Un uomo dai grandi ideali che - nel contesto di quegli anni segnati dalla dicotomia con il comunismo - pure quando aderì al fascismo lo fece col desiderio (a posteriori ingenuo) di «convertirlo dall’interno». Ma a emergere con forza dall’inizio alla fine di questa biografia è soprattutto il racconto di Teresio Olivelli come uomo della misericordia anche nel tempo delle asprezze più dure. Già al prestigioso Collegio Ghisleri di Pavia - dove è interno negli anni in cui studia giurisprudenza - si distingue per la difesa di uno studente ebreo, vittima di un episodio di bullismo. E allo scoppio della guerra (che non approva) parte volontario per il fronte russo non in cerca di gloria, ma per stare a fianco all’umanità ferita che sa bene ogni conflitto lascia dietro di sé. Proprio la ritirata di Russia - dove è eroico nel suo sforzo di non abbandonare nessuno - diventa la prova di maturità vera per Olivelli. E anche la premessa alla scelta che compirà dopo l’8 settembre 1943: non aderire alla Repubblica sociale, affrontando da militare la deportazione. La misericordia di Teresio, però, non è passività: già nel tragitto verso la Germania prova più volte a fuggire e alla fine ci riesce. Rientrato a piedi in Italia si unisce ai gruppi cattolici della Resistenza: per loro fa la spola tra Brescia, Milano e Pavia. «Si schiera per motivi morali e spirituali, non politici - scrivono Renzo e Domenico Agasso jr - Si resiste al nemico, ma anche all’odio e alla vendetta, perché tutti figli dello stesso Padre». Di quelle settimane frenetiche padre Agostino Gemelli - uno dei suoi grandi estimatori - ricorderà che «le poche ore libere le passava in chiesa, assorto in meditazione». Quando gli proposero un sabotaggio per la cattura di un gerarca fascista la sua prima reazione fu quella di «escludere ogni danno alle persone, nemici compresi». Ma non per questo era uomo che si tirava indietro: ormai ricercato per la sua opera di propaganda fra i giovani cattolici, rifiutò più volte di rifugiarsi in Svizzera. C’è tutto questo, dunque, dentro a quel suo testo intitolato «Signore facci liberi», scritto di notte nell’inverno del 1944 limando ogni singola parola e fatto circolare attraverso Il ribelle, il foglio clandestino della Resistenza cattolica che proprio Olivelli aveva contribuito a far nascere. «Dio della pace e degli eserciti, Signore che porti la spada e la gioia, ascolta la preghiera di noi ribelli per amore», erano le ultime parole di quell’invocazione. Pochi giorni dopo, il 27 aprile 1944, a Milano sarebbe arrivato l’arresto che ormai lui stesso si aspettava. Fu l’inizio della Via crucis dei campi di concentramento: prima Fossoli, poi Gries, Flossenburg e infine il terribile Hersbruck. Uomo della misericordia anche lì: lui che conosce il tedesco smorza gli insulti nel tradurre le parole dei nazisti per alleviare il dolore, condivide il poco cibo, spende parole di conforto, si offre per i lavori pesanti al posto degli altri. Per difendere i più deboli va anche incontro ai pestaggi; e proprio uno di questi gli sarà fatale. Ormai moribondo compirà un’ultima opera di misericordia: nei primi giorni del 1945, quando lo ricoverano in infermeria, si preoccupa di donare gli unici vestiti rimasti a un compagno di prigionia. Morirà nella notte tra il 16 e il 17 gennaio; pregando ancora - raccontano i testimoni - «per i compagni di lotta e per i nemici».

da ANPC Nazionale

 

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