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Ostra Vetere: Nuove scoperte archivistiche PDF Stampa E-mail
Martedì 09 Maggio 2017 21:20

Ostra Vetere Nuove scoperte archivisticheCi scrive Maurizio Brunacci, erede della più genuina tradizione familiare, che lo sta portando un tutta Italia (è stato anche a Ostra Vetere e nelle Marche appena un paio di settimane fa) allo scopo di rintracciare notizie sui suoi antenati, fra cui anche, importantissimi, i Brunacci di Montenovo, un ramo estinto nel 1704 con l’ultimo erede superstite, il vicario foraneo don Pietro Paolo Brunacci. E’ stato, quest’ultimo, lo storico più importante di Montenovo: aveva manoscritto tre corposi volumi di Storia Generale e due altri corposi volumi di storia locale: la “Historia d’Ostra e Montenovo”, il primo dedicato alla storia civile del paese e il secondo dedicato alla storia religiosa montenovese. Tutti questi volumi manoscritti si conservano nella nostra Biblioteca Comunale “Giuseppe Tanfani”. Sono talmente importanti per il paese, che all’autore venne intitolata una via della lottizzazione sottostante il convento francescano di Santa Croce, più noto come Santuario Diocesano di San Pasquale Baylon, poiché proprio in quella chiesa era stato sepolto, come tutti di sua famiglia, sebbene non nella tomba gentilizia (si conservano ancora le lapidi nella chiesa e nel chiostro, bensì in una anonima sepoltura da qualche parte sconosciuta del tempio sacro). La famiglia Brunacci è stata una delle famiglie più importanti del paese e al nonno dello storico, grande benefattore, si deve la maggior parte della dotazione finanziaria donata per la costruzione del complesso conventuale francescano. I Brunacci, infatti, avevano caratterizzato la vita cittadina dal Cinquecento, al Seicento e all’inizio del Settecento, quando don Pietro Paolo morì. In quei tre secoli di permanenza in paese, avevano fatto costruire anche uno dei più importanti palazzi gentilizi montenovesi: è quello che si erge ancora a Piazza Grande, lungo la via dei Signori o di Montecavallo, oggi via Gramsci. Alla famiglia Brunacci avevano dedicato una volume biografico Alberto Fiorani e Fabrizio Lipani (postumo) nel 2012, il cui frontespizio riproduciamo a lato. Ma le notizie sui componenti della famiglia non oltrepassavano quelle relative al più antico Cavaliere Antonio Brunacci “majore”, del quale ben poche cose erano tuttavia note. Adesso, però, ci scrive il discendente Maurizio Brunacci, che continua a fare scoperte archivistiche importanti. Se finora pensava che il suo antenato Antonio “majore” fosse giunto alla fine del Cinquecento dalla Toscana a Montenovo forse per via matrimoniale, avendo sposato una figlia di “Iambone” (cioè Giovanni Boni, ricco proprietario terriero del quale si conserva ancora l’ampia colonìa con annessa chiesa di Santamarianuova verso San Vito), adesso Maurizio ha trovato ben altro: “Ieri, 8 maggio 2017, trovandomi nei pressi dell'Archivio Capitolino (n.d.r. a Roma), decido di andare a vedere la famosa "Cittadinanza Romana" che Antonio Brunacci majore ricevette nel 1592, sperando di trovare il nome del padre e magari anche le sue origini. Faccio un breve riepilogo: in una lettera che Antonio Lupis scrisse a Gaudenzio (suo amico di penna) e nipote di Antonio Brunacci majore, scoprimmo che in Casa Brunacci vi era una lapide con l'albero genealogico, dove il Lupis aveva letto che essi provenivano da Peccioli in provincia di Pisa. Sappiamo che a Pisa viveva un ramo di Brunacci fiorentini che si erano arricchiti, durante la peste nera del 1347, con la coltivazione delle cipolle”. Poi Maurizio prosegue dettagliatamente illustrando le fasi delle sue scoperte archivistiche romane per aggiungere: “In questa ricerca viene menzionato Antonio Brunacci majore di Montenovo (come molti altri). Siamo nell'anno 1592 e sappiamo che Antonio si sposerà a Montenovo nel 1597. Quindi, grazie a questa ricerca, ora sappiamo che Antonio Brunacci majore non si è trasferito a Montenovo per matrimonio, ma risiedeva già lì”. Per aggiungere poco dopo: “la prima cosa che cercavo e che mi ha subito colpito è stato il nome del padre (necessario per fare ulteriori ricerche). Antonio Brunacci majore era figlio del "quondam Blasy", ovvero del fu Biagio”, cioè, il padre di Antonio “majore”, Biagio, era già morto nel 1592. Quindi ha trovano un anello mancante dell’ascendenza familiare che nessuno finora conosceva. Una scoperta importante, che lo ha incuriosito particolarmente, proprio per il nome che gli era stato imposto alla nascita, Biagio. “"Biagio" potrebbe essere un nome di riferimento a San Biagio martire. – argomenta Maurizio – Questo significa, però, che Biagio Brunacci non era il primogenito e che, quindi, aveva avuto almeno un fratello maggiore di lui. ​Grazie alla tecnologia di oggi, trovo una festa di S. Biagio martire in una località di Osimo, chiamata, appunto, S. Biagio, ma anche in Toscana a Montepulciano ed a Pietrasanta in provincia di Lucca”. Ma senza andare troppo lontano, la soluzione ai suoi interrogativi, che lui non conosce, è molto più semplice da rintracciare per noi, poiché San Biagio era un santo molto venerato a Montenovo fin da un paio di secoli prima, da quando, nel 1405, i mercanti di Ragusa in Dalmazia, i Poccianti, dovettero fuggire di fronte all’avanzata dei mussulmani e si rifugiarono a Montenovo (dove i discendenti costruirono poi il più bel palazzo rinascimentale vicino alla abbazia di Santa Maria Annunziata di Piazza che ancora conserva il nome di Palazzo De Pocciantibus), ma vi portarono anche la reliquia del santo Protettore di Ragusa, quel San Biagio cui è dedicata la bellissima cattedrale ragusea. E la reliquia di San Biagio venne donata alla parrocchia di San Severo di Montenovo (che allora era ancora lontana dal paese e posta sul colle del Paradiso) prima di essere trasportata al centro del paese intorno al 1585, all’epoca della quale stiamo parlando. Ma alla reliquia di San Biagio tutti gli anni, già dal Quattrocento, veniva dedicata una grande festa liturgica a Montenovo nel giorno della ricorrenza, il 3 febbraio di ogni anno, quale santo taumaturgo contri i mali della gola. Se ne deduce che è proprio per questo motivo che al piccolo Brunacci (che se era già morto nel 1592 doveva essere nato ai primi del secolo o forse addirittura alla fine del Quattrocento) venne imposto il nome del santo tanto venerato in paese (la festa veniva celebrata fin negli anni scorsi). E non è nemmeno escluso che ciò accadde perché la famiglia Brunacci era allora parrocchiana di San Severo, poiché fino al Settecento la divisione parrocchiale a Montenovo fra le tre parrocchie non aveva un criterio territoriale, bensì familiare. Lo dice lo stesso storico don Pietro Paolo Brunacci nel Capitolo XIV dell’Historia d’Ostra e Montenovo dedicato allo Stato Spirituale della Terra di Monte Novo: “Le due Chiese maggiori (n.d.r. Santa Maria e San Severo) non hanno limiti, et sono diuise in famiglie: la Terza ha luogo determinato nella Contrada de Pioli, mentre chi và ad habitare in detta Contrada è immediatamente suddito di detta Parrocchia, et uscendone da essa contrada resta libero”. Quindi probabilmente nel Quattrocento-Cinquecento la famiglia dei Brunacci era parrocchiana di San Severo (che era la parrocchia più antica esistente ben da prima del 1001, quando viene nominata per la prima volta in un diploma imperiale di Ottone III) e per questo motivo gli venne imposto il nome del santo di cui era giunta la reliquia da oltremare con i Poccianti di Ragusa. Abbiamo così ricostruito, grazie a Maurizio, un’altra porzione di storia montenovese. E forse ci stiamo avvicinando ad una altra ipotesi: che cioè i Brunacci non fossero toscani venuti a Montenovo, ma montenovesi arrivati, chissà come, in Toscana. Che è quel che da tempo sospetta il Centro di Cultura Popolare per una serie numerosa di considerazioni, delle quali tratteremo ancora.

dal Centro di Cultura Popolare

 

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