Ostra Vetere: La storia è maestra di vita |
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Lunedì 22 Febbraio 2016 17:23 |
Non solo oggi si parla di unioni civili. La storia, che è maestra di vita, ci narra di fatti accaduti duemila anni fa, all’epoca del bieco e crudele imperatore Nerone, aborrito per i suoi misfatti. La sua smisurata potenza non aveva limiti. E non ne ebbe. Noto a tutti per le nefandezze di cui si macchiò, fra le tante altre, nel mucchio è da mettere anche due suoi matrimoni. Ce lo racconta Wikipedia (https://it.wikipedia.org/wiki/Sporo). L'Imperatore Nerone, nel 66 d.C.,
durante un accesso di rabbia, diede un calcio all'addome della moglie incinta Poppea, uccidendola. Per rimorso ordinò di trovare qualcuno il cui volto somigliasse a quello della moglie assassinata. Il volto che risultò più simile fu quello del giovane liberto Sporo, il cui viso era straordinariamente simile a quello della moglie. Si narra dunque che Nerone abbia ordinato ai suoi chirurghi di castrarlo e di trasformare il liberto in donna. I due si unirono così in matrimonio. Sporo ebbe tutti gli ornamenti propri delle imperatrici e ricevette il titolo di Augusta e accompagnava ufficialmente Nerone durante le visite, come per esempio quella in Grecia. Ne parla lo storico romano Svetonio nella Vita di Nerone (28,1-2; 29, 1; 46, 1) e il fatto viene riferito anche da altre fonti, come Aurelio Vittore (Epitome de Caesaribus 5, 7) e Cassio Dione (Epitome LXII, 28). Il matrimonio, secondo Cassio Dione (Epitome LXII, 12-13), sarebbe avvenuto in Grecia e Nerone avrebbe affidato il giovincello alle cure di Calvia Crispinilla, come dama di camera. Secondo vari autori, Nerone avrebbe contratto due "matrimoni" con persone dello stesso sesso. Già in precedenza era "maritato" con un altro liberto di nome Pitagora. Quest'ultimo "sarebbe stato per lui un marito, mentre Sporo sarebbe stato per lui una moglie". Sporo rimase accanto a Nerone fino all'ultimo giorno, e si tramanda che fu presente anche alla sua morte (Vita di Nerone 48, 1; 49, 3), e, addirittura, secondo Aurelio Vittore (Epitome de Caesaribus 5, 7), sarebbe colui che resse il gladio con cui egli si dava la morte, suicidandosi. Terribile fine per il peggiore dei degenerati. La storia è maestra di vita. |