L’anniversario del ferimento in guerra del Tarugo Franco Segoni il 16 giugno 1943 è documentato nel volume del professore barbarese Ettore Baldetti intitolato “Marchigiani nel Risorgimento”, dalla cui pagina 721 trascriviamo integralmente: “Una diretta testimonianza la fornisce Giannino Fabbrini, nato ad Ostra Vetere nel ’28 (v.Fabbrini 2013): il 16 giugno arrivarono 5 o 6 partigiani ad Ostra Vetere, alle 6.30-6.45 del mattino su una camionetta, e assaltarono la Casa del Fascio e il sottostante Dopolavoro nell’ex convento nella piazza centrale, incendiando e rompendo quadri e suppellettili, e contemporaneamente andando a prelevare nella sua casa, situata nella stessa piazza, il podestà Giovanni Magagnini, che, messo al muro davanti all’osteria, attuale Bar Carnali, venne spogliato della giacca. Stavano levandogli la camicia quando un bottone della sahariana del ‘capo’, lo slavo ’Giovanni’, il quale si era chinato per raccogliere la giacca, si è impigliato nel grilletto del mitra, un ’Thompson’ inglese, facendogli scaricare accidentalmente il caricatore di una quarantina di colpi - come ha confidato lo stesso slavo al Fabbrini – i quali,
colpendo il selciato, sono schizzati in tutte le direzioni. Il volontario locale Guelfo Tanfani non sarebbe stato responsabile diretto (Romagnoli 1996, p. 63), ma indiretto, in quanto avrebbe stuzzicato lo stesso mitra, temporaneamente appoggiato sul biliardo del Dopolavoro, disattivandodogli la sicura. Oltre allo stesso Magagnini e al ‘capo’, colpito leggermente ad una gamba, rimasero feriti di rimbalzo dalle schegge i seguenti astanti: alla tibia sinistra lo stesso Fabbrini, il quale era passato in piazza mentre si stava recando al lavoro, il ragazzo Franco Segoni al tallone, che fu trapassato, Rosildo Pasquini al ginocchio, Domenico Carnali ad un piede, Giacomo Schiavoni e Pietro Mancini (cf. ibidem). La piazza in quel momento, verso le 7.20-7.30, era già relativamente affollata. Il 'capo’ ha quindi portato il Fabbrini sulle spalle fino all’ospedale, mentre gli altri partigiani, circondando la piazza, impedivano ai presenti di muoversi per timore che andassero ad avvisare i tedeschi, il cui comando si trovava lungo la Corinaldese in direzione di Piani d’Appresso, presso l’abitazione di Dalmazio Saturni. I militari germanici poi si recarono nell’ospedale ad interrogate il ferito chiedendo se fosse un partigiano. Pochi giorni dopo il ricovero, che perdurò circa tre mesi essendo stata colpita la gamba da molte schegge, di sera ‘Giovanni’ — che parlava con accento marcatamente straniero - andò a visitare il Fabbrini, portandogli due o tre pacchetti di sigarette in regalo. Alberto Galeazzi (Diario, p. 14), responsabile zonale dei partigiani, registra i fatti in modo diverso e anticipandoli al 14 giugno: segnala cioè il precedente attacco alla caserma dei carabinieri, con furto di armi e munizioni, e la susseguente irruzione nella Casa del Fascio, con falò di documenti trafugati in piazza, distribuzione degli abiti dei fascisti e acclamazione dei cittadini, aggiungendo inoltre che il comandante del gruppo, Quinto Luna, scontrandosi con dei repubblichini sulla via del ritorno, rimase ferito. Non si fa cenno all’accidentale ferimento di civili, in quanto disonorevole, ma si cita la presenza di Luna - confermata allo scrivente anche dal partigiano barbarese Alfio Muzi - forse abilmente dissimulata nella piazza per evitare coinvolgimenti di italiani nell'esecuzione del podestà oppure ridimensionata nel suo ruolo primario dall’imprevisto ferimento, infatti il Fabbrini sostiene che lo slavo ’Giovanni’ fosse il capo, sia perché lo chiamavano così i partigiani e sia perché nella piazza dava gli ordini agli altri volontari”. Ecco quindi la documentazione ufficiale del ferimento in guerra del Tarugo Franco Segoni il 16 giugno 1943.
da Centro Cultura Popolare |