San Giustino de Jacobis nacque a San Fele (Potenza) il 9 ottobre 1800 da Giovanni Battista e Giuseppina Muccia, settimo dei 14 figli della famiglia lucana. Intorno al 1812, la famiglia, forse per motivi economici, si trasferì a Napoli. Nel 1818, il carmelitano padre Mariano Cacace, intuita la vocazione del giovane, lo indirizza verso la comunità dei missionari della Congregazione della missione di san Vincenzo de' Paoli. Proseguendo i suoi studi, Giustino de Jacobis si sposta in Puglia e il 18 giugno 1824, a Brindisi nella cattedrale, è ordinato sacerdote dall'arcivescovo Giuseppe Maria Tedeschi (1819 - 1825). Nella stessa Puglia il de Jacobis trascorre i suoi primi anni di sacerdozio e tra il 1824 ed il 1836 è a Monopoli e Lecce. Nel 1836 rientra a Napoli dove imperversa un'epidemia di colera; fa le sue prime esperienze e corre i suoi primi rischi nel 1836-37, curando i colerosi di Napoli, nell’epidemia che provoca quindicimila morti in città, dopo aver colpito il Nord e il Centro Italia (e farà altre stragi in Sicilia). il sacerdote sanfelese ha modo così di dimostrare il suo spirito di dedizione verso i tantissimi
malati che i vincenziani curano. In coincidenza della processione dell'Immacolata, l'epidemia è completamente sconfitta; a Napoli, nella chiesa di San Nicola, si conserva tuttora la statua della Vergine che anche Giustino de Jacobis trasportò a spalla. Nel 1838, il padre vincenziano Giuseppe Sapeto avvia una missione in Etiopia ad Adua che viene rafforzata con l'arrivo, il 13 ottobre 1839, su sollecitazione di Propaganda Fide, di Giustino de Jacobis, allora superiore alla napoletana casa dei Vergini, che assume la responsabilità della regione del Tigrè erigendo così la prima vera missione col titolo di vicariato d'Abissinia, operando ad Adua e poi a Guala (Adi Kwala). Questo è già territorio cristiano (con una presenza di islamici): c’è la Chiesa copta, che non è stata mai unita a Roma, e la cui dottrina monofisita non ammette in Cristo una natura umana insieme a quella divina. Giustino De Jacobis avvicina i copti con rispetto e amicizia; ne porta alcuni con sé in un viaggio a Roma e in Terrasanta, senza chiedere conversioni. Valorizzare le culture che incontra: anche questo fa parte della “linea De Jacobis” in missione. Nella regione cresce la popolarità di Abuna (padre) Jacob, come lo chiamano le popolazioni etiopi, e si sviluppa la comunità cattolica. Nel 1841 è affiancato da due confratelli italiani: padre Lorenzo Bianchieri e Giuseppe Abbatini. Altri risultati della missione giungeranno più avanti con la conversione al cattolicesimo di circa 5.000 indigeni e del monaco etiopico, Ghebré Michaïl, nato nel Goggiam, che diventa sacerdote e maestro del seminario, pubblicando una grammatica e un dizionario della lingua locale. Fondò altri centri missionari a Gondar, Enticciò, Guala, con annesso seminario per preti locali, il Collegio dell'Immacolata da cui nel 1852 usciranno 15 sacerdoti, Alitiena, Halai, Hebo, Cheren. Il cappuccino monsignor Guglielmo Massaia, vescovo dei Galla sull’altopiano etiopico, lo consacrò vescovo titolare di Nilopoli l'8 gennaio 1849 e vicario apostolico. Ma ne sorse un conflitto con il vescovo copto Abuna Salama. E una persecuzione quando un piccolo capo della zona di Gondar, Kasa, sottomette i ras proclamandosi imperatore (negus) col nome di Teodoro II (1855 - 68). Spinto dall’Abuna Salama, fa poi imprigionare De Jacobis con i suoi sacerdoti, patendo poi la fame, la sete, le tribolazioni e il carcere; e uno di essi, il dotto primo sacerdote indigeno Ghebré Michaïl, muore martire di stenti in catene nel 1855 e sarà beatificato nel 1926. A questo punto Salama scrive a Teodoro: "Devi cacciare l’Abuna Jacob. Ma non lo uccidere: è un santo!". Così il vescovo Giustino viene espulso con un gruppetto dei suoi fedelissimi, e muore di sfinimento il 31 luglio 1860 nella zona più torrida dell’Eritrea, lungo il sentiero ad Eidale presso Zula nella valle Alighedé, mentre cerca di raggiungere il porto di Massaua. Si chiude così questa prima esperienza missionaria. Tra tutti i luoghi attraversati, nella vita missionaria di Giustino de Jacobis, ricopre una notevole importanza la città di Hebo dove le sue spoglie sono conservate e venerate. Il 25 luglio 1939 Giustino de Jacobis è beatificato e quando il 26 ottobre 1975, in coincidenza con l'anno santo, Paolo VI lo proclamò santo, l'episcopato di quel Paese lo definì «il padre della Chiesa d'Etiopia». In quell’occasione, ricordando l’anticipatrice visione ecumenica di Giustino, il Pontefice affermava: "Volle accostare i Copti etiopici, e anche i fedeli musulmani; e, pur se per questo andò incontro a gravi ostilità e incomprensioni, intese dare incremento ai valori cristiani ivi esistenti, mirando all’unità e all’integrità della fede". E ha poi aggiunto: "Ha un solo torto, quello d’essere troppo poco conosciuto".In Brindisi il santo è ricordato nel titolo della parrocchiale del quartiere Bozzano, canonicamente eretta il 14.5.1978, e da un'epigrafe nella basilica Cattedrale.
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