Donato Scoto nacque in Irlanda negli ultimi anni del secolo VIII da nobili genitori cristiani. Fin da fanciullo fu educato nella fede cattolica e avviato agli studi nei quali fece tali progressi da superare tutti i suoi coetanei. Spinto da un desiderio di maggiore perfezione cristiana nell'816 abbandonò la famiglia e la patria e si mise a peregrinare per varie regioni giungendo fino a Roma. Sulla strada del ritorno verso casa arrivò a Fiesole proprio mentre il clero ed il popolo trattavano dell'elezione del nuovo vescovo. Mossi da divina ispirazione i fiesolani scelsero proprio lo sconosciuto pellegrino, che dapprima riluttante dovette poi piegarsi ai loro desideri. Era l'anno 829. Ben poco sappiamo del suo governo pastorale a Fiesole durò oltre 40 anni. Fu uomo di lettere e come tale si preoccupò dell'istruzione del clero e della gioventù. Se non vi insegnò, certo esercitò molta influenza sulla scuola eretta a Firenze da Lotario in seguito ai deliberati della assemblea di Olona dell'825. Combatté con successo contro gli usurpatori dei beni della sua Chiesa. Nell'866 si portò a Capua dove ebbe da Lotario II la
conferma dei beni già concessi al suo predecessore Alessandro con esenzioni e diritti vari. A Piacenza, nell'876, ricevette conferma da Carlo il Calvo delle immunità e dei privilegi precedentemente ricevuti. Fu in buona relazione con i sovrani del tempo e, come feudatario, li seguì nelle loro imprese e nei loro viaggi. Nell'844, insieme con altri vescovi, prese parte ad una spedizione che Lotario fece guidare dal figlio Ludovico. Nell'866, alla testa dei suoi vassalli, accompagnò Ludovico nella campagna contro i Saraceni nell'Italia meridionale. Nell'850 fu presente a Roma alla incoronazione di Ludovico fatta da Leone IV. In quella occasione sedette col papa e con l'imperatore in giudizio per risolvere una vecchia questione pendente fra i vescovi di Arezzo e di Siena, risolta a favore di quest'ultimo. Scrisse diverse opere delle quali rimangono soltanto un epitaffio dettato per la sua tomba, prezioso per le notizie autobiografiche; un Credo, poetico, recitato fra gli amici e discepoli prima di morire, e le Lodi di santa Brigida, patrona dell'Irlanda. Per i suoi connazionali irlandesi pellegrini in Italia fondò a Piacenza con mezzi propri, fra l'826 e l'850, la chiesa di Santa Brigida, con annesso ospedale ed ospizio, che, dotati di numerosi e ricchi beni, donò il 20 agosto dell'850 al monastero di San Colombano di Bobbio. Mori a Fiesole tra l'874 e l'877 e le sue spoglie furono sepolte nella primitiva cattedrale, ai piedi della collina, nella cappella dedicata a san Romolo, dove rimase fino al 1817. In quell'anno il vescovo monsignor R. Mancini trasportò i suoi sacri resti nella nuova cattedrale, eretta sul colle nel 1028 dal vescovo Jacopo il Bavaro, in una cappella a lui dedicata a sinistra dell'altare maggiore accanto a quella monumentale fatta costruire dal vescovo Leonardo Salutati. La Chiesa fiesolana, che lo onora come santo, ne celebra la festa il 22 ottobre. A lui venne dedicata prima del Mille una antichissima e importantissima chiesa rurale sita nella media valle del fiume Misa presso le rovine della’antica città romana di Ostra antica, talmente importante da aver dato il nome allo stesso fiume, che allora veniva chiamato Nevola di San Donato, per distinguerlo dall’attuale fiume Nevola, che è un affluente di sinistra del principale fiume Misa. Una consolidata tradizione vuole che il portale della chiesa di San Donato, ritrovato tra le rovine di Ostra intorno al 1500, venisse poi portato a Montenovo (oggi Ostra Vetere) e montato a coronamento del portale principale della trecentesca chiesa di San Francesco al Mercatale, da cui poi, in occasione della demolizione di quest’ultima eseguita nel 1816 per ampliare la piazza principale del paese, venne trasferito presso la parrocchiale di San Severo al Pozzolungo, dove tuttora si trova.
Da: http://www.santiebeati.it e Alberto Fiorani e Fabrizio Lipani, “San Severo, dalla cella sul colle Paradiso alla parrocchiale del Pozzolungo”, Ostra Vetere (AN), Centro Cultura Popolare, 1995. |