I due santi vissero e morirono nel III secolo e l’anno del martirio si suppone fosse il 283. La loro vicenda, narrata in modo epico e fantasioso dalla ‘passio’, risente senz’altro della lontananza del tempo e della necessità di ricostruire la ‘Vita’ con pochissime notizie certe. Questa ‘passio’ di cui si hanno versioni in latino e in greco, era già esistente nel secolo VI poiché era nota a san Gregorio di Tours (538-594), vescovo francese e grande storico dell’epoca. Crisanto figlio di un certo Polemio di origine alessandrina, venne a Roma per studiare filosofia al tempo dell’imperatore Numeriano (283-284) e qui ebbe l’occasione di conoscere il presbitero Carpoforo, che lo istruì nella religione cristiana e poi lo battezzò. Il padre Polemio cercò in tutti i modi di farlo tornare al culto degli dei e si servì anche di alcune donne, specialmente della vestale Daria, dotta e bella donna. Ma Crisanto riuscì a convertire Daria e di comune accordo,
simulando il matrimonio, poterono essere lasciati liberi di predicare, convertendo molti altri romani al Cristianesimo. Ma la cosa non passò inosservata, scoperti furono infine accusati al prefetto Celerino, il quale li affidò al tribuno Claudio, che in seguito ad alcuni prodigi operati da Crisanto, si convertì insieme alla moglie Ilaria, i due figli Giasone e Mauro, alcuni parenti e amici e gli stessi settanta soldati della guarnigione che aveva in custodia gli arrestati. Scoperti, a questo punto intervenne direttamente l’imperatore Numeriano, che condannò tutti a morte: Claudio a essere gettato in mare con una grossa pietra al collo, mentre i due figli e i settanta soldati vennero decapitati e poi sepolti sulla Via Salaria; dopo qualche giorno anche Ilaria, mentre pregava sulla loro tomba, morì. Anche Crisanto e Daria dopo essere stati sottoposti a estenuanti interrogatori, furono condotti sulla Via Salaria, gettati in una fossa e sepolti vivi sotto una gran quantità di terra e sassi. Dagli ‘Itinerari’ del secolo VII, si sa che i due martiri erano sepolti in una chiesetta del cimitero di Trasòne sulla medesima Via Salaria nuova, dove il papa san Damaso pose un epitaffio a loro lode. Una notizia certa riferisce che per la festa dei santi martiri affluivano molti fedeli ai loro sepolcri e che il papa Pelagio II nel 590 concesse alcune loro reliquie a un diacono della Gallia. Ma la storia delle reliquie è intessuta di notizie contraddittorie e leggendarie, la tradizione vuole infatti che furono operate tre traslazioni, una da papa Paolo I (757-767) che dalla via Salaria le avrebbe portate nella chiesa di San Silvestro a Roma; la seconda da papa Pasquale I (817-824) che invece le avrebbe trasferite dalla via Salaria alla chiesa di Santa Prassede e l’ultima da papa Stefano V (885-891), che le avrebbe portate al Laterano. Da questa ultima chiesa poi, nell’884, sarebbero state portate nel monastero di Münstereiffel in Germania, e ancora nel 947 le reliquie sarebbero state trasferite a Reggio Emilia, di cui san Crisanto e santa Daria sono i patroni, a opera del vescovo Adelardo, il quale le avrebbe avute da Berengario che a sua volta le aveva ricevute nel 915 da papa Giovanni X . Altre città rivendicano il possesso di reliquie, come Oria (Brindisi), Salisburgo, Vienna, Napoli. Il duomo di Reggio Emilia possiede i due busti reliquiari in argento dei martiri, opera di Bartolomeo Spani. I due martiri sono raffigurati in varie opere d’arte, reliquiari, pannelli, affreschi, mosaici, per lo più di origine italiana, situati in alcune città d’Italia, di Germania, Austria e Francia; questo testimonia la diffusione del loro antichissimo culto in tutta la Chiesa. Crisanto e Daria sono ricordati singolarmente o in coppia in svariati giorni dell’anno secondo i vari Martirologi e Sinassari, mentre il famoso Calendario Marmoreo di Napoli e per ultimo il Martirologio Romano, li ricordano il 25 ottobre.
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