La vita della vergine parigina Genèvieve (in italiano Genoveffa) è narrata nella «Vita Genovefae», scritta circa venti anni dopo la sua morte. Il documento, seppur non scritto da uno storico e contenente aspetti leggendari, è considerato attendibile. Genoveffa nacque intorno al 422 a Nanterre, nei dintorni di Parigi, nella Gallia ancora romana, ma che stava per diventare Francia, ossia regno dei Franchi. Il suo nome, Genoveffa («dalle bianche guance», dal celtico) ha origini dalla Germania, da cui arrivano i franchi, e probabilmente anche la sua famiglia, che è autorevole e ricca. E gli effetti del prestigio familiare Genoveffa li «tocca con mano» fin da bambina: la presentano a uno dei personaggi più illustri del tempo, il vescovo Germano di Auxerre, che è di passaggio nella sua città nativa per recarsi in Inghilterra, dove dilagava l'eresia pelagiana. E il prelato si rivela profetico per la piccola Genoveffa: le predice
non il matrimonio, ma la consacrazione al Signore. E così accade: nel 434-435, quando ha 15 anni, muoiono i suoi genitori, e lei va a vivere a Parigi dalla sua madrina, osservando privatamente i voti ed entrando a far parte di un gruppo di vergini votate a Dio che, pur vestendo un abito che le distingue dalle altre donne, non vivono in convento, ma nelle loro case, dedicandosi ad opere di carità e penitenze. «Monaca casalinga», quindi. Ma solo per un po’ di tempo. Nel 451 gli unni di Attila giungono minacciosi nella Gallia del nord, riempiendo di terrore Parigi ed i parigini si apprestano alla fuga Fuggire con il patrimonio, si pensa nell’alto ceto. Ma nel clima di fuggifuggi generale, emerge la reazione di Genoveffa: si deve rimanere a Parigi, e resistere. Genoveffa «mette in campo» la sua influenza spirituale sulle donne dei grandi casati, e anche l’autorevolezza della sua famiglia, i legami con i potenti. Genoveffa li convince a restare in città, confidando nella protezione del cielo. Non tutti però sono d'accordo con Genoveffa, al punto che la vergine rischia di essere linciata. Ma raggiunge il suo obiettivo: le obbediscono, anche se non tutti (alcuni diffidano di lei e la vorrebbero morta). Passata la minaccia degli Unni, Genoveffa si trova ad affrontare la piaga della carestia. Salita su un battello, lungo la Senna si procura le granaglie presso i contadini, distribuendole poi generosamente. Risolve poi la situazione la vittoria del generale romano Ezio, che sconfigge Attila presso Chàlon-sur-Marne. Ed ecco che Genoveffa diventa un’«eroina nazionale», la donna più celebre e stimata di Francia; e di lei si parla anche in Medio Oriente. Mantiene sempre ottimi e frequenti rapporti col re Childerico, e così farà poi anche con suo figlio Clodoveo, che unificherà quasi tutta la Gallia sotto il dominio franco, sfrutterà la sua posizione per ottenere la grazia per numerosi prigionieri politici. Genoveffa è una donna consacrata, ma viaggia lungo il paese per occuparsi anche di necessità pubbliche, come i trasporti e i rifornimenti alimentari in tempo di carestia. Muore intorno al 502, più che 80enne, e già da tempo era venerata come santa. Genoveffa era particolarmente invocata in occasione di gravi calamità, come la peste, per implorare la pioggia e contro le inondazioni della Senna. Sulla sua tomba viene eretto un modesto oratorio di legno, che è stato il primo nucleo di una celebre abbazia, trasformata in basilica da re Luigi XV per custodire i suoi resti, che però poi verranno quasi completamente bruciati durante la Rivoluzione francese. I giacobini trasformarono poi la basilica di Santa Genoveffa nel mausoleo dei francesi illustri, con il classico nome di Pantheon. Il culto a santa Genoveffa continuò tuttavia nella vicina chiesa di Saint-Etienne-du-Mont e rimase molto popolare in tutta la Francia e in particolarmente a Parigi, città di cui la santa è patrona.
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