L’epoca in cui visse sant’Atanasio, intorno al 360, fu di grande crisi della ortodossia, cioè della Dottrina autentica e la Verità cattolica rischiava di scomparire. Celebre è la frase di san Girolamo che descriveva quei tempi: «E il mondo, sgomento, si ritrovò ariano». Ma a tale contesto religioso, sant’Atanasio non si piegò. Era un giovane vescovo di Alessandria d’Egitto, dove era nato nel 295. Nel 325 presenziò al celebre Concilio di Nicea, in qualità di diacono del vescovo titolare di Alessandria, Alessandro. Nel Concilio di Nicea venne solennemente proclamata la Fede nella Divinità di Cristo in quanto consustanziale al Padre. Fu lì che fu stabilita la definizione dell’uguaglianza del Figlio con il Padre: “homoousius”, che vuol dire “della stessa sostanza”. Il 17 aprile del 328 morì il vescovo Alessandro e il popolo di Alessandria d’Egitto chiese a gran voce Atanasio come vescovo. Fu vescovo per ben 46 anni, ma furono
46 anni durissimi, 46 anni di lotta contro l’eresia ariana e contro gli ariani. Sant’Ilario di Poitiers (315-367) racconta che gli ariani ebbero sempre la scaltrezza di rifiutare ogni scontro dogmatico in merito alla questione della natura di Gesù perché sapevano che le loro tesi non potevano essere fondate sulla Tradizione né sul Magistero definito. Si limitavano a fare ciò che solitamente fa chi non sa controbattere in una discussione: invece di rispondere sugli argomenti, calunnia. La discussione dottrinale veniva spesso trasformata in conflitto su questioni personali. Il povero sant’Atanasio fu accusato delle più grandi nefandezze: di aver imbrogliato, di aver violentato una donna, di aver ucciso, di minare all’unicità della Chiesa. Una tecnica che non passa mai di moda. D’altronde il demonio è sempre lo stesso e ha sempre la stessa monotona fantasia. Gli ariani però non si limitarono a questo. Operarono anche con grande astuzia, cercarondo di occupare quante più sedi episcopali per poi lanciare un semiarianesimo. Altra tecnica tipica delle eresie: una volta condannate, riemergono proponendo un compromesso tra la verità e l’errore. Gli ariani propagandarono la necessità di sostituire il termine stabilito dal Concilio di Nicea, “homoousion”, con il termine “homoiousion”. Differenza di una sola lettera, minimale, ma che cambiava tutto. Infatti, il primo termine (homoousion) significa “della stessa sostanza”, il secondo termine (homoiousion) significa “simile in essenza”. Traducendo si capisce quanto la differenza non sia di poco conto. Ma sant’Atanasio resistette come un leone. Subì l’esilio per almeno cinque volte, ma non cedette. Sentiva il dovere di difendere le anime e non lesinò un linguaggio polemico per mostrare a tutti quanto fossero in errore e quanto fossero pericolosi i semiariani, che invece agli occhi di molti sembravano innocui e volevano accettare il compromesso dottrinale. «Volete essere figli della luce, ma non rinunciate ad essere figli del mondo. Dovreste credere alla penitenza, ma voi credete alla felicità dei tempi nuovi. Dovreste parlare della Grazia, ma voi preferite parlare del progresso umano. Dovreste annunciare Dio, ma preferite predicare l’uomo e l’umanità. Portate il nome di Cristo, ma sarebbe più giusto se portaste il nome di Pilato. Siete la grande corruzione, perché state nel mezzo. Volete stare nel mezzo tra la luce e il mondo. Siete maestri del compromesso e marciate col mondo. Io vi dico: fareste meglio ad andarvene col mondo ed abbandonare il Maestro, il cui regno non è di questo mondo». Nel 335 a Tiro, in Palestina, fu convocato un sinodo per dirimere la controversia e dunque per decidere quale atteggiamento avere nei confronti di ciò che affermava sant’Atanasio. Il concilio definì il Vescovo di Alessandria come “arrogante”, “superbo” e “uomo che vuole la discordia”. Il papa Giulio I (?-352) cercò di difenderlo, ma poi di lì a non molto morì e sant’Atanasio fu nuovamente attaccato. Anche il potere politico si accaniva contro di lui: l’imperatore Costanzo l’odiava. Fu convocato un nuovo concilio ad Arles e qui si costrinsero i vescovi a sottoscrivere una condanna di sant’Atanasio. Chi si opponeva difendendolo veniva mandato in esilio, fu il caso di Paolino di Treviri. Stessa sorte toccò anche al papa legittimo Liberio (?-366), che venne sostituito da un antipapa, Felice. Altri concili segnarono il trionfo dell’eresia, come in quelli non ecumenici di Rimini e di Seleucia del 359. Ario, infatti, raccoglieva grande consenso per la sua grande preparazione biblica e teologica. Era insomma come tanti teologi che oggi vanno per la maggiore nei dibattiti, nelle prime pagine dei quotidiani e nei talk-show televisivi. Atanasio però sapeva quanto qui stesse l’insidia del demonio. E gli va dato atto che a difendere la Fede ci fu solo lui e una piccola comunità, i vescovi dell’Egitto e della Libia. Ma per come era stato trattato sant’Atanasio e soprattutto per come era stata rinnegata la vera Fede, il castigo era alle porte. All’imperatore Costanzo, morto nel 360, successe Giuliano detto “l’apostata” (330-363), che arrivò a ripudiare il Battesimo cercando di restaurare il paganesimo. Non passò tuttavia molto tempo e il nuovo imperatore Valente, così come il nuovo papa Damaso, capirono che sant’Atanasio aveva ragione e lo riabilitarono. L’intrepido difensore della Fede cattolica morì il 2 maggio del 373.
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