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NoSanto del giorno 15 marzo: Beati Monaldo da Ancona, Francesco da Petriolo e Antonio Cantoni da Milano religiosi francescani martiri |
Mercoledì 15 Marzo 2023 00:00 |
Del martirio di questi francescani abbiamo una relazione abbastanza ampia e contemporanea di Carlino Grimaldi, guardiano di Trebisonda. Inviati come missionari nell'Armenia, non solo ebbero a cuore la condizione dei cattolici ivi dimoranti, ma si prodigarono soprattutto, per convertire alla fede cristiana i musulmani del luogo. Nella città di Arzenga (che i geografi scrivono in modi diversi: Arzingam, Artzinga, Artzinganis o Ertzinga), situata in Armenia presso l'Eufrate, da identificarsi probabilmente con l'odierna Ersindjan, essi erano soliti parlare alla folla, radunata alla presenza del cadí, il venerdí di ogni settimana, giorno festivo per i musulmani, testimoniando la divinità di Cristo e confutando gli errori di Maometto. Quando il cadí si accorgeva che qualcuno degli ascoltatori era scosso dalle parole dei missionari, metteva fine alla discussione e li licenziava. Ma essi tornavano a parlare dinanzi a lui il venerdí successivo con nuove argomentazioni e con rinnovato zelo, tanto che costui fu costretto a
indire una pubblica disputa tra i religiosi e i piú sapienti tra i musulmani: fu tanta la forza delle argomentazioni, tanto l'ardore della fede, che gli infedeli non seppero cosa ribattere e accesi d'ira volevano immediatamente ucciderli. Il cadí, in quella occasione, si oppose, e convocato il consiglio degli anziani e dei fachiri, si consultò con loro: «Che essi muoiano - fu la risposta - perché insultano il nostro profeta e la sua legge; ogni giorno si fanno piú audaci». Il venerdí della terza settimana di Quaresima, 15 marzo 1314, mentre gli ardenti predicatori annunziavano le verità evangeliche, furono arrestati e condotti nella pubblica piazza della città. Un saraceno che, mosso a compassione, aveva cercato di difenderli, fu ucciso all'istante. Giunti nella piazza, confessarono ancora davanti al tribunale la loro fede in Cristo. I musulmani allora si scagliarono contro di loro con le spade, ferendoli gravemente; amputarono loro gli arti, mentre essi nei tormenti raccomandavano le loro anime a Dio. Furono alfine decapitati. Mentre i corpi erano abbandonati sulla piazza, gli arti e le teste furono appesi alle porte e alle mura della città sotto la sorveglianza dei soldati; quindi i corpi furono gettati in aperta campagna, perché fossero divorati dalle belve. Un sacerdote armeno, con l'aiuto di alcuni cristiani e a sue spese, riuscí a raccogliere i resti delle vittime e a dar loro un'onorata sepoltura. Sulla loro tomba un cieco riacquistò la vista. La domenica del Buon Pastore, il 28 aprile dello stesso anno, si fece la traslazione delle reliquie. La venerazione degli Armeni verso questi servi di Dio era tanta che il patriarca li canonizzò iscrivendoli nel catalogo dei santi armeni e imponendo il digiuno nella vigilia del martirio.
estratto da: http://www.santiebeati.it da Centro Cultura Popolare |