Palermo: “giustiziagiusta” sul magistrato Antonio Ingroia accusato di peculato |
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Martedì 19 Dicembre 2017 16:11 |
Dalla associazione di cittadinanza attiva "giustiziagiusta" riceviamo la seguente comunicazione: “Apprendiamo dalla stampa nazionale le notizia che la Procura di Palermo ha nuovamente posto sotto accusa Antonio Ingroia, ex Pubblico Ministero anti-mafia a Palermo e fondatore del partito di Rivoluzione Civile nelle elezioni politiche italiane del 2013. Sarebbe finito per l’ennesima volta sotto accusa per il suo compenso di amministratore unico di Sicilia
Digitale spa (l'ex Sicilia e-Servizi) che ammontava a circa 100 mila euro. Ingroia, chiamato nel sottogoverno dall’ex presidente di sinistra della Regione Sicilia, Rosario Crocetta, avrebbe intascato compensi ben superiori ai limiti previsti dalla finanziaria regionale del 2015 e dal decreto legislativo del 2016. Dopo l'inchiesta per peculato contestata lo scorso marzo dalla Procura di Palermo all’ex Pubblico Ministero, si apre ora un nuovo filone d’indagine. Ingroia, stando a quanto riportato sulle pagine di alcune testate siciliane, è accusato dello stesso reato di peculato a seguito dell’indagine della Guardia di Finanza, coordinata dai Sostituti Procuratori palermitani. I finanzieri hanno già acquisito i documenti e ora dovranno verificare la nuova contestazione che riguarda l’anno 2017, mentre quella precedente si riferiva al triennio 2014-2016. A marzo, interrogato sul primo fascicolo, l'ex magistrato e ora avvocato, si era difeso sostenendo che i suoi compensi rientravano nei limiti previsti dalla legge. Per i magistrati, invece, il tetto ai compensi sarebbe stato superato. In quell'occasione l'ex Pubblico Ministero aveva percepito 117 mila euro come indennità di risultato, a fronte di un compenso complessivo di 147 mila euro. Cifra che secondo l'accusa il manager si sarebbe pagato da solo, mentre Ingroia sostenne che il compenso gli era stato riconosciuto dall'assemblea dei soci per i traguardi raggiunti, nonostante l'utile della società fosse di appena 33 mila euro. Altro dubbio riguarda poi una parte delle spese sostenute dall’ex Pubblico Ministero per le trasferte a partire dal 2013, quando era residente a Roma ma la società aveva sede a Palermo. Tali spese, sostiene l’accusa che mette in evidenza come molte di queste erano relative ai costi di ristoranti e alberghi di lusso, non potevano essere rimborsate”.
da giustiziagiusta |