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Home Comunità giustiziagiusta Palermo: “giustiziagiusta” sul sequestro di casa del magistrato Antonino Ingroia per peculato
Palermo: “giustiziagiusta” sul sequestro di casa del magistrato Antonino Ingroia per peculato PDF Stampa E-mail
Martedì 20 Marzo 2018 16:21

Palermo giustiziagiusta sul sequestro di casa del magistrato Antonino Ingroia per peculatoDalla associazione di cittadinanza attiva "giustiziagiusta" riceviamo la seguente comunicazione: “Apprendiamo dalla stampa nazionale le notizia che il Giudice per le Indagini Preliminari, su richiesta della Procura, che aveva disposto il sequestro preventivo per equivalente di 151mila euro dell’ex magistrato Antonino Ingroia, ha fatto sequestrare dalla Guardia di Finanza una casa di campagna dell’ex Pubblico Ministero che si era dato alla politica con il suo partito di Rivoluzione Civile per una vicenda giudiziaria che lo vede imputato per appropriazione indebita. E’ questo l’ultimo anello di una lunga catena di vicende giudiziarie che hanno visto al centro il magistrato dopo che, nell’aprile 2014, la Corte dei Conti aveva contestato due milioni di danno erariale al presidente della Regione Sicilia Rosario Crocetta e al magistrato Antonio Ingroia per 74 assunzioni avallate dal governatore e dall’ex procuratore aggiunto di Palermo. Nel novembre dello stesso anno sempre la Corte dei Conti della Sicilia ha contestato un altro presunto danno erariale da un milione di euro nei confronti del presidente della Regione Sicilia, Rosario Crocetta, già PCI, poi di Rifondazione Comunista, poi dei Verdi, quindi PDCI, infine PD, successivamente del Megafono-Lista Crocetta per tornare poi nel PD, nonché dell’ex pubblico ministero di Palermo Antonino Ingroia, fondatore di Rivoluzione Civile, e di 6 ex assessori delle giunte regionali siciliane. Al centro della vicenda l'assunzione di due dipendenti senza concorso, fatte dalla società pubblica Sicilia e-Servizi guidata dall’ex pm. Ma non era finita lì, poiché sempre a novembre 2014 un altro avviso di garanzia era stato recapitato all’ex magistrato Antonio Ingroia, ex procuratore aggiunto di Palermo datosi alla politica con Rivoluzione Civile, per notificargli l’iscrizione nel registro degli indagati della Procura di Viterbo per calunnia. Al vaglio degli inquirenti laziali erano alcune dichiarazioni rilasciate dallo stesso Ingroia, che aveva accusato gli investigatori viterbesi di avere condotto una indagine piena di “inerzie e coperture”, con il solo obbiettivo di “depistare” una inchiesta sul caso del medico urologo Manca, morto per droga. E a marzo del 2017 scoppia un’altra grana giudiziaria: l’ex Pubblico Ministero di Palermo, Antonio Ingroia, candidatosi alle elezioni politiche del 2013 per il partito di Rivoluzione Civile, amministratore della società regionale Sicilia e servizi, è stato indagato per peculato e interrogato perché, secondo l'accusa, avrebbe intascato rimborsi per trasferte per 30 mila euro comprensivi dei trasporti e delle spese di vitto e alloggio, nonostante fossero rimborsabili solo i soldi spesi per il viaggio. Inoltre gli inquirenti giungevano alla contestazione della liquidazione dell’indennità di risultato per la quale, a fronte di un utile di appena 33 mila euro, Ingroia si sarebbe liquidato un'indennità di ben 117 mila euro, somma che avrebbe comportato per la società un deficit di bilancio. E di nuovo nel dicembre 2017 la Procura di Palermo aveva nuovamente posto sotto accusa l’ex Pubblico Ministero anti-mafia a Palermo e fondatore del partito di Rivoluzione Civile per il suo compenso di amministratore unico di Sicilia Digitale spa (l'ex Sicilia e-Servizi) che ammontava a circa 100 mila euro. Ingroia, chiamato nel sottogoverno dall’ex presidente di sinistra della Regione Sicilia, Rosario Crocetta, avrebbe intascato compensi ben superiori ai limiti previsti dalla finanziaria regionale del 2015 e dal decreto legislativo del 2016. E infine l’ultima iniziativa: la decisione di disporre il sequestro dell’immobile, che si trova a Calatafimi Segesta, in provincia di Trapani, nasce dal fatto che il denaro presente sui conti correnti dell’indagato non sarebbe sufficiente a “coprire” la totalità della somma sequestrata dal Giudice per le Indagini Preliminari, mentre per quella abitazione aveva ricevuto una proposta di acquisto per un milione di euro”.

da giustiziagiusta

 

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