Dall’Italia: Se per il ministro Bonafede il magistrato eletto in politica non potrà più rientrare in magistratura a vita … |
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Sabato 08 Agosto 2020 15:56 |
Il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, nella conferenza stampa al termine del Consiglio dei ministri che annunciava il via libera al "decreto Agosto" e alle nuove norme sulla incompatibilità fra attività politica e magistratura, ha dichiarato che si tratta di “Riforma essenziale e lo sarebbe stata anche in assenza degli scandali dell’ultimo anno. Ma è
importante ricostruire la credibilità della giustizia agli occhi dei cittadini”. Il guardasigilli ha anche afferma che “l’obiettivo che ci siamo posti è scardinare il sistema che si è venuto a creare a causa delle degenerazioni del correntismo. Per evitare logiche spartitori tra le correnti le Commissioni verranno formate tramite sorteggio“. Così i componenti del Consiglio Superiore della Magistratura sarà composto da 20 membri togati e 10 laici. Tuttavia: “Non è possibile eleggere tra i membri laici chi sta ricoprendo o ha ricoperto negli ultimi due anni ruoli di governo nazionale o al livello regionale”. Secondo il Ministro della Giustizia: “Finalmente si scrive nero su bianco una norma di cui si parla da almeno vent’anni, il magistrato eletto in politica non potrà più rientrare in magistratura a vita“. Previsti anche altri criteri per i magistrati che vogliono candidarsi in politica e per i magistrati che, candidatosi in politica, non vengano poi eletti. Verranno anche introdotti il tetto massimo degli emolumenti e “criteri meritocratici nelle nomine”. Non sfugge a nessuno, infatti, che il verminaio venuto alla luce del sole soprattutto in questi ultimi anni, e che tanto allarma l'opinione pubblica, non possa più essere tollerato. Da tempo lo andiamo dicendo: una radicale riforma della magistratura è indispensabile, seppure con tutte le cautele e tutti gli approfondimenti necessari, tenuto conto che la storia insegna come tutti i regimi antidemocratici abbiano sempre provato ad asservire la magistratura alle proprie mire tiranniche. Ma è anche vero che appare ormai a molti come si sia verificato un fenomeno civile e istituzionale opposto gravissimo: la magistratura, o almeno una parte ormai troppo vasta di essa, è ormai avvertita dall'opinione pubblica come insopportabilmente ingerente nella vita politica pubblica, fino a ingenerare il sospetto che si stia per giungere a una sorta di "dittatura della magistratura", che fa e disfa norme e governi, con troppi magistrati trasformati in politici. Con in più una insopportabile presunzione di intoccabilità, se non peggio. Ora è chiaro che l'argomento è troppo delicato e finanche pericoloso, ma ormai la situazione è talmente degenerata che un intervento è ormai indispensabile. Bene quindi che si annunci che il magistrato eletto in politica non potrà più rientrare in magistratura a vita. Perchè questo serve a restituire alla magistratura il suo indispensabile ruolo di terzietà e imparzialità. Tuttavia riteniamo che non basti solo l'introduzione di questo principio. Occorre inserirne anche un secondo: nessun che abbia svolto attività politica può essere ammesso ad entrare in magistratura. Chi ha fatto politica non può diventare giudice e chi ha fatto il giudice non può diventare politico. Tra politica e magistratura deve esserci una separazione totale. Non che questo impedisca a un giudice di essere comunque di parte, purtroppo, ma contribuirebbe almeno a farlo sembrare imparziale. Nel Medioevo, che era tutt'altro che buio come certa sfontata ideologia modernista vorrebbe far credere, ai magistrati comunali, nominati a tempo e per un periodo piuttosto breve, veniva impedito di avere qualsiasi contatto amicale con i cittadini, fino a vietare loro anche il solo partecipare a pranzi comuni. Era meglio il Medioevo di allora, che lo schifo di oggi.
da giustiziagiusta |