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Home Comunità giustiziagiusta Dall’Italia: Verminaio giudiziario
Dall’Italia: Verminaio giudiziario PDF Stampa E-mail
Venerdì 22 Ottobre 2021 17:48

Dall’Italia: Verminaio giudiziario Facile previsione quella di prevedere quotidiani sviluppi nell'inchiesta sullo scandalo giudiziario che travolge parte della magistratura italiana e che la stampa definisce "verminaio giudiziario". Proseguono infatti tra Brescia e Perugia le indagini sulla presunta loggia massonica "Ungheria", l’associazione segreta di cui, secondo l’avvocato Piero Amara, farebbero parte decine di uomini delle istituzioni. Da Perugia vengono diffusi i nomi di nuovi indagati, che secondo le dichiarazioni dell’ex legale esterno dell’Eni avrebbero avuto un ruolo in questa presunta loggia nascosta. Da Brescia, invece, vanno avanti gli approfondimenti sui magistrati milanesi che, stando alle accuse del pm Paolo Storari, non vollero dare seguito alle dichiarazioni di Amara e non aprirono immediatamente un fascicolo per capire se quello che raccontava fosse vero o no. Ai tre indagati già conosciuti - Amara, un suo ex collaboratore, Alessandro Ferraro, e il suo ex socio Giuseppe Calafiore - si aggiungono altri due nomi noti: il politico Denis Verdini e il giornalista Luigi Bisignani. Cinque indagati per associazione segreta. Costituire una compagine occulta è vietato dalla "legge Anselmi", varata per sciogliere la loggia segreta P2 di licio Gelli, e che contiene norme per sanzionare le associazioni segrete. Ed è per questo che i cinque si trovano a essere indagati. Ad ‘accusare’ Bisignani e Verdini è lo stesso Amara. Il trambusto che si è creato tra gli uffici di Milano dove l'intera vicenda è nata poiché i suoi capi si rifiutavano di dare un seguito alle rivelazioni di Amara, che toccavano le più alte istituzioni dello Stato, magistratura compresa, Storari aveva consegnato i verbali con le dichiarazioni a Piercamillo Davigo, all’epoca ancora consigliere del CSM, Consiglio Superiore delal Magistratura. Un atto che, se non addirittura illecito, certamente non era rituale, e al quale sono seguite altre mosse singolari. Invece di consegnare il materiale formalmente all’ufficio di presidenza, l’ex consigliere ne aveva parlato con il vicepresidente David Ermini e con vari consiglieri. Poi, sempre senza l’ufficialità necessaria, lo aveva consegnato a Ermini che lo aveva distrutto. Quei verbali, poi, erano comunque usciti dalla stanza di Davigo e arrivati nelle redazioni dei grandi giornali, secondo i Pubblici Ministeri che stanno indagando per rivelazione del segreto d’ufficio, a opera dell’ex segretaria di Davigo, Marcella Contrafatto.

da giustiziagiusta

 

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