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Home Comunità giustiziagiusta Dall’Italia: Elezioni e magistrati. Si puo?
Dall’Italia: Elezioni e magistrati. Si puo? PDF Stampa E-mail
Lunedì 05 Settembre 2022 16:53

Dall’Italia: Elezioni e magistrati. Si puo?Siamo prossimi alle elezioni politiche del 25 settembre e si pone un problema: elezioni e magistrati, si può? E stavolta è proprio un magistrato che critica la candidatura di magistrati: "necessaria una netta distinzione dei ruoli". E scrive ancora: "è “legittimo ma inopportuno candidare le toghe (anche ex)”. Lo scrive Salvatore Sfrecola in un articolo pubblicato anche sul suo sito internet: "E così anche alle elezioni del 25 settembre troveremo sulle schede per l’elezione di Senato e Camera alcuni candidati che hanno rivestito la toga di magistrato. Mi riferisco a due candidati illustri per aver diretto importanti uffici giudiziari nei quali hanno fatto valere la loro esperienza e professionalità: Federico Cafiero De Raho e Roberto Scarpinato. Entrambi già in servizio presso la Procura antimafia, il primo come Capo della Procura Nazionale. Entrambi in pensione da alcuni mesi. Prima di loro hanno seguito la strada della politica Pietro Grasso e Franco Roberti, provenienti dallo stesso ruolo giudiziario". E prosegue poi: "Dubito, invece, da sempre, sull’opportunità di candidare magistrati, anche in pensione. E spiego perché. I magistrati sono cittadini come gli altri e quindi sarebbe certamente incostituzionale impedire loro di candidarsi. La Costituzione afferma all’art. 98, comma 3, che “si possono con legge stabilire limitazioni al diritto d’iscriversi ai partiti politici per i magistrati, i militari di carriera in servizio attivo, i funzionari ed agenti di polizia, i rappresentanti diplomatici e consolari all’estero”. La ratio della norma è evidente; indica al legislatore ordinario la difficile strada di coltivare l’equilibrio tra la garanzia del godimento dei diritti fondamentali del cittadino, tra i quali rientra quello di partecipazione alle elezioni, di accedere a cariche elettive e di manifestare liberamente il proprio pensiero, e l’esigenza di non ledere il buon andamento e il prestigio dell’istituzione cui il dipendente appartiene. In particolare, per i magistrati l’indipendenza è solennemente proclamata dalla Costituzione agli artt. 101, comma 2 (“I giudici sono soggetti soltanto alla legge”), 104, comma 1 (“La magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere”) e 107, comma 1 (“I magistrati sono inamovibili”). Legittima, dunque, la candidatura alle elezioni, i miei dubbi riguardano l’opportunità, per la magistratura e per la persona. Il parlamentare, ancorché non abbia la tessera del partito che lo ha candidato, è comunque identificabile con una parte politica e la sua azione sarà sempre riguardata sotto la lente d’ingrandimento della politica da giornalisti e da osservatori delle vicende giudiziarie. I quali, alla prima occasione, andranno a ricercare tra le carte delle indagini e delle inchieste svolte dall’allora magistrato per individuare quali personaggi della politica vi fossero coinvolti. Con la conseguenza che, siccome a “pensar male” si fa solamente peccato, saranno inevitabili illazioni sulle scelte giudiziarie adottate. Sicché il cittadino potrebbe giungere alla conclusione, affrettata e sicuramente sbagliata ed ingiusta, che il magistrato nell’esercizio delle sue funzioni si sia predisposto relazioni tali da essere apprezzato dagli ambienti politici nell’ambito dei quali, sia pure a distanza di anni, è emersa la sua candidatura". E conclude infine: "Un quadro sicuramente condivisibile che, tuttavia, impone una netta distinzione tra politica e Giustizia soprattutto se un ex magistrato, che evidentemente sa molte cose, denuncia che esponenti di ambienti politici “non hanno esitato a mettere in campo la violenza stragista, nonché l’alleanza con le mafie ed altri specialisti della violenza, per condizionare a proprio vantaggio il gioco politico e per sabotare l’evoluzione democratica del paese”. E se quelle vicende stanno scritte negli atti giudiziari, nelle richieste di rinvio a giudizio e nelle sentenze ancor più evidente è la necessità di una netta distinzione dei ruoli del magistrato e del politico". Aggiungiamo noi: "Dopo lo "scandalo Palamara" e la vicenda della loggia massonica "Ungheria" che annovera magistrati e politici di sinistra, l'opinione pubblica è totalmente sfiduciata sul ruolo della magistratura che, dovendo essere "super partes", non può e non dovrebbe essere "di parte". E affinchè ciò sia, è necessario introdurre una norma che vieti a tutti i magistrati, sia prima, che durante che dopo il loro servizio in magistratura, di scendere in politica. Per essere "imparziale", il magistrato deve anche "sembrarlo". E' ovvio che non si possa vietare al magistrato di avere proprie idee politiche, ma è altrettanto ovvio che i cittadini devono poter pensare che il magistrato non faccia "sentenze politiche". Quindi è giusto e opportuna una norma che impedisca ai magistrati di candidarsi, prima, durante e dopo la sua attività di magistrato.

da giustiziagiusta

 

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