Dall’Italia: Verminaio giudiziario |
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Sabato 08 Luglio 2023 18:59 |
Scoppia un nuovo caso, anzi due, della telenovela che la stampa ha ribattezzato "Verminaio giudiziario" dopo che era scoppiato lo scandalo Palamara e che si arricchisce ora di due nuovi capitoli. Il primo: l'ANM, Associazione Nazionale Magistrati, in pratica un “sindacato” dei giudici, si scaglia contro il governo di Palazzo Chigi che vorrebbe procedere con la riforma della giustizia: “Contro l’Istituzione un'accusa pesantissima che colpisce al cuore la Magistratura", ha dichiarato il presidente dell'ANM Santalucia, che aggiunge: “Noi non interferiamo, difendiamo la Costituzione”. La separazione delle carriere e le riforme
costituzionali sono, secondo il giudice, una "misura di punizione”. Cioè, “guai a chi ci tocca, noi siamo intoccabili”, sembrerebbe dire. "La magistratura non ha alcuna voglia di alimentare lo scontro, ma quando il livello dello scontro si alza, il nostro silenzio sarebbe l'impacciato mutismo di chi non sa reagire con fermezza a una politica muscolare rivolta a un'istituzione di garanzia. Sarebbe un arretramento e noi non arretriamo quando si tratta di difendere i valori della Costituzione", ha aggiunto Santalucia. Eppure la Costituzione attribuisce al Parlamento il compito di fare e cambiare le leggi, non alla Magistratura, che quelle leggi ha il compito di applicarle, non di contrastarle. E’ questo ruolo “politico” che ormai indispettisce l’opinione pubblica verso lo strapotere dei giudici e che alimenterà un diffuso sentimento di repulsione dell’opinione pubblica verso simili prese di posizioni di giudici di parte, giacchè nella valutazione generalizzata i giudici devono essere, ma anche sembrare, al di sopra della parti e imparziali, mentre sono ormai troppi i casi di giudici che scelgono di candidarsi in politica per questo o quel partito. E come la Costituzione impedisce ai ministri di culto di candidarsi, dovrebbe essere introdotta una norma che stabilisca altrettanto per i magistrati. Fin qui il primo caso. E ora il secondo, che dimostra appieno la necessita della riforma: un giudice ha lasciato un processo per avvicinarsi a casa e nessuno che avverta l’enormità del caso, che dimostra più “interessi” per i magistrati che "diritti" per gli imputati. La cronaca giudiziaria di questi giorni segnala l’abbandono di uno dei giudici del processo a Ciro Grillo, figlio del fondatore del partito politico dei 5 Stelle, con corrucciate previsioni di allungamento dei tempi e di possibili speculazioni difensive che potrebbero chiedere addirittura la ripetizione della istruttoria, paralizzando la giustizia giusta. E infatti il codice impone la ripetizione della istruttoria. Ma é grazie a una spericolata interpretazione cervellotica, ignota al legislatore, che può accadere, mentre la riforma Cartabia riscrive la norma. La magistratura, tuttavia, scalpita e fa rullare i tamburi di “guerra”. C’è da attendersi una sfilza di comunicazioni giudiziarie a politici governativi. Ecco come è ridotta la giustizia oggi in Italia: un “verminaio giudiziario”, appunto. |