L’esito delle recenti elezioni amministrative, sia a Ostra Vetere che in tutta Italia, al di là del risultato politico, merita una riflessione attenta su un fatto incontrovertibile: prima ci sono state le elezioni politiche a febbraio, poi quelle amministrative a maggio e infine i ballottaggi a giugno, conclusi con gli scrutini di ieri, che hanno messo in luce un dato che, oltre che clamoroso, è preoccupante: ieri più della metà dei cittadini elettori ha disertato i seggi. Ha votato mediamente in Italia solo il 48,5% degli aventi diritto. Una domanda sorge spontanea: perché mai c’è tanta gente che rinuncia a esercitare un diritto, in un mondo in cui tutti pensano di avere solo diritti? Una volta andare a votare era un
dovere. Poi i partiti hanno voluto riformare le leggi elettorali e, riforma dopo riforma, lungo una strada sempre più screditata, si è giunti ad eliminare il “dovere” del voto, per considerarlo solo un “diritto”, per di più opzionabile. Così, elezioni dopo elezione, referendum dopo referendum, ballottaggio dopo ballottaggio, la gente si è stufata di una pratica ormai inflazionata e incompresa, con il risultato che è sotto gli occhi di tutti. Colpa degli elettori? No, la colpa è di si ostina a “riformare” senza logica, per il solo gusto di cose nuove, purchè non siano più cose vecchie, perché la novità sembra poter coprire e far dimenticare le tante cose brutte che la politica ci sta propinando. La cosiddetta “prima repubblica” è caduta appena si è scoperto che fra i politici ce ne era qualcuno meno onesto degli altri. Da vent’anni siamo nella cosiddetta “seconda repubblica” e le cose non vanno certo meglio, anzi. Se una volta era qualcuno dei politici che malfaceva, ora purtroppo sono in tanti: ma tutti pensano di buttare fumo negli occhi per non far vedere, propinandoci riforme su riforme e votazioni dietro votazioni. Così si tocca il fondo, basta. Incominciamo a dire che la prossima riforma (che comunque non è la prima cosa da affrontare, poiché ben altri sono i problemi urgenti, anzi urgentissimi) deve abolire il doppio turno di ballottaggio, abolire i listini dei cooptati, restituire al popolo i voti di preferenza che costringono i politici a cercare il consenso e a farsi vedere quotidianamente dalla gente, confermare il premio di maggioranza mantenendo però il principio della proporzionalità delle rappresentanze senza penalizzazioni con soglie di sbarramento eccessive. Infine va elevato il numero delle firme necessarie per indire i referendum, perché non si può chiamare il popolo a votare su proposte risibili solo sulla base di qualche centinaio di migliaia di firme. L’istituto del referendum deve essere una cosa seria, poiché supplisce all’incapacità dei politici eletti (anzi ora di fatto cooptati, non eletti) a dare risposte ai bisogni della società. E per essere serio, un referendum deve essere “sentito” da una “larga” parte di elettorato, non da “pochi” agitatori di problemi spesso irrilevanti, tanto che l’esito dei referendum vengono spesso aggirati. Né serve ridurre il numero dei parlamentari per ridurre i costi della politica: invece che dimezzare il numero dei parlamentari, gli si dimezzino i privilegi e si avrà comunque una riduzione della spesa. Diminuirne il numero, anziché le indennità, allontana sempre più gli eletti dagli elettori, rafforzando un potere sempre più oligarchico, cioè “di pochi”. La democrazia è invece governo “di molti”: quando a governare sono pochi significa che “comandano”, ma non “servono”. Tagliamo i privilegi e facciamo correre gli eletti. Solo così staranno più a sentire il popolo, che tornerà davvero sovrano. Altrimenti l’unico “sovrano” rischia di rimanere, come è successo, il solo Presidente della Repubblica. E su questo non si può essere d’accordo. “montenovonostro”
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