Ostra Vetere: Niente Referendum per mancanza di “quorum”, dice la Cassazione |
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Lunedì 02 Dicembre 2013 19:41 |
Nessuno dei sei quesiti sulla giustizia, presentati dai radicali, ha superato il quorum delle 500mila firme necessarie per essere sottoposto a referendum popolare. Lo riferisce la Corte di Cassazione. I sei quesiti sulla responsabilità civile dei magistrati, sui magistrati fuori ruolo, sulla custodia cautelare, sull'abolizione dell'ergastolo e sulla separazione delle carriere dei magistrati erano stati presentati a settembre dai radicali con l'appoggio del PdL. Ma è stato un fiasco e “montenovonostro” non si dispiace di certo. C’è un Parlamento, anche piuttosto affollato, che da anni discute di riforma della giustizia senza arrivare a concludere alcunchè. E
allora sparuti drappelli di agitatori di professione tenta di forzare la situazione appellandosi al popolo per sostituirsi a chi dovrebbe fare e non fa. Ma ogni referendum costa una “barca” di soldi e non risolve alcun problema: basta vedere come è stato aggirato quello sull’abolizione del Ministero dell’Agricoltura, cui è stato sufficiente cambiare il nome (Ministero delle Politiche Agricole e Forestali) per lasciare tutto com’era, o quello sul “finanziamento pubblico dei partiti”, cui è stato sufficiente cambiare anche qui il nome in “rimborso delle spese elettorali” per mantenere la “greppia” colma di ogni “bendidio” da spartirsi in sordina vergognosamente. Se ne ricava che i referendum costano troppi soldi nostri e non raggiungono alcun risultato concreto. Perché? I motivi sono tanti ed uno di questi è che “il troppo stroppia”, come si dice in dialetto. Gli elettori vengono chiamati a ripetizione a votare in continuazione: elezioni politiche, elezioni regionali, elezioni europee, elezioni comunali, referendum, doppi turni, votazioni anticipate. Basta, sono troppe e purtroppo servono a ben poco. Ma le elezioni sono assolutamente indispensabili per la democrazia, e allora “montenovonostro” lancia tre proposte: 1) le elezioni politiche devono tornare ad essere a turno unico senza doppio turno di ballottaggio e con le preferenze plurime; 2) per le elezioni amministrative se un ente si scioglie va commissariato fino alla scadenza ordinaria e per i dimissionari deve scattare l’obbligo di incandidabilità; 3) per i referendum deve essere elevato il quorum da 500mila firme a 2milioni. Con queste tre condizione si smetterà di fare referendum a marea per fare solo referendum importanti e sentiti davvero dagli elettori firmatari, mentre ai politici irresponsabili e dimissionari passerà la voglia di giocherellare con la cosa pubblica, pena l’esclusione da ogni carica. Ecco la soluzione. Rimane un solo “piccolo dubbio”: chi sarà mai quel parlamentare temerario che formalizzerà proposte come queste e, soprattutto, quando mai si coagulerà una maggioranza politica per approvare queste tre norme? La risposta sconsolante è: mai. Per fissare norme elettorali nuove e rigorose c’è voluta la guerra mondiale di settant’anni fa. E per cinquant’anni le cose sono andate in un certo modo. Poi è giunto a maturazione il frutto nefasto del rampantismo politico riformatore e, a colpi di riforme su riforme, siamo giunti al punto di oggi. Come si esce? Non certo con il bipolarismo né con il bipartitismo, come abbiamo visto in questo ventennio ultimo. Tantomeno con la legge elettorale attuale che produce parlamentari nominati, anziché eletti. E allora bisogna tornare alle preferenze: erano fonte di clientelismo, si diceva, ma almeno costringevano i parlamentari a “curare” il proprio collegio e ad ascoltare gli elettori. Adesso non li ascoltano più, perché non serve e perché gli elettori non contano più niente, o quasi, non ci sono più clientele fra gli elettori, ma sono rimasti i “padroni” della politica che, da soli, fanno e disfanno senza controllo democratico. Torniamo alle preferenze, che è meglio.
da montenovonostro |