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Provincia: Allarme occupazione dopo aver sfasciato le Province PDF Stampa E-mail
Martedì 16 Dicembre 2014 16:36

Provincia Allarme occupazione dopo aver sfasciato le ProvinceNon ci eravamo sbagliati a prendere decisamente posizione contro l’improvvido provvedimento sfascia-Province che la maggioranza ha voluto imporre al Paese, anziché dedicare il proprio tempo a salvare l’economia e i posti di lavoro. Anzi, quell’incauto provvedimento rischia di aggravare la crisi occupazionale con migliaia di esuberi: la riforma del Governo Renzi prevede il dimezzamento degli esborsi nelle Province che resteranno e la riduzione di un terzo della spesa delle Province, che si trasformeranno in Città metropolitane. In tutto sono ventimila i dipendenti da ricollocare. Solo nelle Marche, secondo il quotidiano economico Sole 24 Ore, saranno così ripartiti: - Ancona: 250 dipendenti, 9,8 milioni; - Ascoli Piceno: 183 dipendenti, 7 milioni; - Fermo: 114 dipendenti, 4,7 milioni; - Macerata: 225 dipendenti, 8,8 milioni; - Pesaro-Urbino: 279 dipendenti, 10,8 milioni. Già i sindacati fremono, mentre i dipendenti tremano. Che fine faranno? Molte sono le prese di posizioni di forze politiche, sindacali e d economiche: con il senno di poi. Ma già da tre anni, fin dal 9 settembre 2011, il referente di “montenovonostro” l’aveva già scritto al sindaco, agli assessori, ai vice assessori e ai consiglieri di maggioranza e minoranza di allora e agli stessi amministratori provinciali, con lucida preveggenza, purtroppo inascoltata. Ecco che cosa scriveva il 9 settembre 2011: “Al sindaco, agli assessori, ai viceassessori, ai consiglieri comunali di maggioranza e di minoranza del Comune di Ostra Vetere. E per conoscenza agli amministratori provinciali di Ancona. Con viva incredulità ho letto dalla stampa nazionale l’imprevedibile notizia che il Consiglio dei ministri di ieri mattina ha sorprendentemente approvato il disegno di legge costituzionale per l'abolizione delle Province, con il trasferimento delle competenze alle Regioni. Dopo la più che opinabile proliferazione di tanti enti intermedi attuata negli anni passati, la subitanea inversione di tendenza di questo provvedimento appare francamente priva di plausibilità. A meno che non sia espressione dell’ormai collaudata pratica gattopardesca dell’ennesima “riforma” che si limita a cambiare i nomi delle cose, anziché la sostanza. Nei decenni passati, anche in qualità di rappresentante nazionale dell’associazione dei Comuni ANCI, ho partecipato a una serie infinita di riunioni sul tema della definizione degli “enti intermedi” rispetto ai tre costituzionali: Comuni, Province e Regioni. Ma quello era il tempo in cui una forte opposizione governativa spingeva per la “partecipazione democratica”, inventando, in aggiunta ai tre enti costituzionali, altri enti intermedi come le Comunità Montane, le Associazioni dei Comuni, le Assemblee delle Unità Socio-Sanitarie Locali e così via, incautamente moltiplicando. Anche a quell’epoca si parlava di rimodulazione dell’”ente intermedio Provincia” per fargli assumere una struttura più aderente a funzioni assegnate per materie. Dopo interminabili discussioni in “politichese” e dopo inconcludenti sperimentazioni, alla fine, giustamente, non se ne fece più nulla, confermando il dettato costituzionale delle Province come enti intermedi di gestione amministrativa, lasciando alle Regioni solo una funzione legislativa. Ciò alla luce della più che pluriennale discussione democratica che aveva coinvolto istituzioni, forze politiche e sociali. Il giudizio finale conclusivo, più che ponderato, era stato confermativo dell’ingegnerizzazione istituzionale voluta dai padri costituenti. Ora, saltando ogni opportuno se non doveroso passaggio democratico, senza alcuna riflessione ponderata e condivisa con le istituzioni interessate e con le forze sociali (quelle politiche non so se esistano più in termini di elaborazione concettuale e coinvolgimento popolare), un provvedimento coartivo, partorito d’impeto, ci spiattella l’arguto trovato. Non sono d’accordo, per tutto quel che ho detto più sopra: questa abolizione “non s’ha da fare” o quantomeno non così, d’impulso. E’ necessaria una riflessione più ponderata e una scelta finale più matura, che deve tenere conto di tanti e troppi aspetti, che non possono essere lasciati alla discrezionalità iconoclasta di una passeggera ed esigua maggioranza politica. Occorre più sobrietà, soprattutto quando si tratta di ingegneria istituzionale: questa non è materia semplicemente gestionale. Il fatto che, già a caldo, non sono mancate negative reazioni anche da parte di autorevoli esponenti della stessa maggioranza politica dovrebbe indurre a una pausa di riflessione. E a questo fine può cooperare anche una espressione ufficiale degli enti locali. Nell'ambito del potere di discrezionalità, il civico consesso potrà liberamente decidere in proposito e, se la decisione sarà coerente rispetto alla suaccennata riflessione, sento di dover anticipare il mio personale e pieno consenso. Scusandomi per la non inutile intromissione, comunque avanzata in spirito di leale collaborazione, colgo l'occasione per  formulare i migliori auguri di buon lavoro a servizio di tutto il paese. Mi sarà gradito ogni utile riscontro alla presente. Cordialmente. Alberto Fiorani”. Ma l’unico riscontro ottenuto è l’esatto verificarsi di quanto allora paventato. Peccato.

da montenovonostro

 

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