Sono questi gli agghiaccianti commenti che abbiamo sentito pronunciare da alcuni nostri compaesani sulle notizie della sparatoria di domenica scorsa in cui è rimasto gravemente ferito uno dei tre banditi del gruppo autore del furto della macchina di grossa cilindrata, effettuato alcuni giorni fa a Loro Piceno, e che è servita, prima, per un furto a Castelleone di Suasa e, poi, in alcune abitazioni a Ostra Vetere, prima che i delinquenti fossero intercettati da
una pattuglia di carabinieri. Poi la sparatoria, il ferimento di uno dei banditi, la fuga degli altri due, il ricovero all’ospedale di Torrette e infine la morte del bandito ferito, che adesso sappiamo chi è. Aveva 24 anni, era albanese, si chiamava Korab Xheta ed aveva avuto domicilio a Senigallia. “Uno di meno” e “c’era ancora piombo per gli altri due”, continuano a ripetere i commenti dei compaesani. Certo, commenti duri, terribili, che non condividiamo. Ma è altrettanto certo che non possono essere liquidati con un semplice “non siamo d’accordo”, “non condividiamo”. Bisogna capire perché una popolazione di indole socievole, accogliente, aperta e disponibile, d’improvviso indurisce fino a raggelare le coscienze un tempo miti. E’ successo qualcosa. E’ accaduto qualcosa di grosso a scatenare questa reazione. Ma che cosa? E’ accaduto da tempo, piano piano, inavvertitamente. Una comunità sana, altruista, generosa, ha subito il lento condizionamento di ideologie subliminali, striscianti, che hanno pian piano sradicato il connaturato senso del dovere, spingendo sempre più in là la nostra coscienza, alla ricerca egoistica del piacere ammantato di diritti. Che dolce inebriante, quello del diritto sovrano! Quello che spinge a volere sempre e, nel contempo, a negare di dare. A volere per sé e a negare agli altri. Che dimentica presto i doveri ed innalza i diritti a difesa del proprio egoismo, senza regole, senza limiti. Nessuno ha più regole e limiti. Tutti vogliono, perché tutti hanno diritto a tutto. Nessuno ha più doveri. Nessuno ha più limiti. Fino a quando scopriamo che nemmeno gli “altri”, gli “estranei”, accolti prima a braccia aperte e osannati come “una ricchezza” proprio perché “diversi”, nemmeno loro hanno limiti e doveri. Siamo stati noi a tracciare la strada anche per loro. Anche loro vogliono e anzi pretendono. E prendono il nostro, anche con la forza, anche con la violenza. Allora, solo allora, ne scopriamo la mostruosità malevola, che ruba il nostro futuro, che ci porta via quello che abbiamo finora goduto. Allora diventano “nemici”, allora scatenano la reazione, la rabbia e perfino l’odio. Allora possono essere bersaglio di ogni pulsione e se vengono ammazzati “ben gli sta”! E’ questa la brutta parabola che ha compiuto la nostra comunità in trent’anni, da quando ha incominciato a bere dosi sempre più massicce della sinistra ideologia della “liberazione”. Il “sessantotto” ha iniziato a diffonderla e ci sono voluti anni e anni di insistente indottrinamento prima di far maturare i primi maligni germogli. Che si sono poi sviluppati strisciando, godendo del clima civile sempre più permissivo, sempre più tollerante, sempre più inclusivo. Ed hanno irretito pian piano tutta la comunità, conquistando prima i più deboli e poi, sempre pian piano, un po’ tutti. Era la moda: bisognava accettare tutto, senza cautele, senza paure, senza ritegno, tutto. E si è fatto a gara per sostenere ogni espressione “libera”, che poi significava sempre e irrimediabilmente “mitica”, “eroica”, “esagerata”, “trasgressiva”. Siamo arrivati al punto di osannare ogni “diversità”, ogni “trasgressione”, anche quella più deviante e più laida, più immonda. Ed ecco come ci ritroviamo: egoisti e duri di cuore. Abbiamo virato di 180 gradi, senza accorgercene. Che pessimi maestri ci hanno indicato la via. Che pessimi nocchieri abbiamo avuto. Occorrevano gli spari dell’altra notte a svegliarci dal sopore maligno in cui ci eravamo cullati, per scoprirci cattivi dentro. E’ ora di cambiare. E’ ora di rinsavire. E’ ora di tornare a fare le persone serie. E’ ora di drizzare la schiena e tornare a praticare i doveri. Sono più duri dei diritti, i doveri. Pesano di più delle mollezze in cui ci siamo scioccamente rifugiati. Ma senza i doveri, senza il senso del dovere, non avremo futuro. Il senso del dovere non devono insegnarcelo solo i carabinieri con il loro generoso esempio. Il senso del dovere dobbiamo coltivarcelo noi, giorno per giorno, sacrificando quotidianamente un po’ del nostro egoismo, ma liberandoci subito dei cattivi maestri e dei loro pessimi esempi.
da montenovonostro |