Ostra Vetere: Evidentemente si, amministrare stanca |
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Venerdì 06 Marzo 2015 22:42 |
Si dice da più parti che l’Amministrazione Comunale batte la fiacca, è stanca. Nessuna idea propositiva, tantomeno azioni. Solo rinunce all’esercizio delle proprie prerogative, ora delegate (qualcuno dice svendute) in convenzione ad altri Comuni limitrofi. "Evidentemente si, amministrare stanca” questa maggioranza, sempre più striminzita. Il fatto è che, quando non ci sono i “numeri” giusti, “tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare”. Purtroppo è che questo “mare” è largo molto. Pare l’oceano. Quant’erano belle le parole in campagna elettorale! Sembravano vere. Ma alla prova dei fatti non hanno retto: crack! Si sta rompendo l’incantesimo. Peccato. Non certo per noi, quanto piuttosto per la travolgente mole di consenso piovuto addosso quasi due anni fa a una compagine ben al di sotto delle aspettative. “Sic transit gloria mondi”, dicevano sconsolatamente i latini di fronte al crollo dei regni e delle civiltà. C’è poco da nutrire rimpianti. Semmai da
constatare il fallimento di una esperienza infelice. Ben altri caratteri sarebbero stati necessari a risollevare il paese e la politica. Ben altra preparazione concettuale e ideologica sarebbe servita al paese. Leggendo la recensione di un volume storico su un personaggio politico marchigiano di duecento anni fa, e mettendola a confronto con l’esperienza odierna, si rimane sconsolatamente afflitti. Il libro è di Antonio Brancati e Giorgio Benelli, intitolati “Antaldo Antaldi (1770-1847), patrizio urbinate-pesarese. Rivoluzione e conservazione fra Napoleone e Gregorio XVI”, edito da Argalia Editore di Urbino nello scorso anno 2014 per l'Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano - Comitato di Pesaro e Urbino nella Collana di Studi Storici. E la recensione dice così: “Il moderatismo – inteso come equilibrio fra gli estremi – ha esercitato sempre un grande fascino presso i filosofi, che ne hanno fatto l’ossatura stessa della sapienza, ma non altrettanta fortuna ha incontrato presso gli storici, ai quali sembrano invece piacere più gli estremi che il medio – i progressisti e i conservatori, meglio ancora se rivoluzionari o reazionari –, per natura loro assai più suggestivi. L’età di Antaldo Antaldi – fine Settecento e prima metà dell’Ottocento – non ha fatto eccezione. Se essa infatti fu l’epoca, nella quale il liberalismo moderato prese forma, fu anche il tempo di Napoleone e di Gregorio XVI con tutte le passioni ribelliste, democratiche e conservatrici, che l’hanno contornata e che hanno finito di fatto per catalizzare l’interesse degli studiosi a tutto scapito del liberalismo moderato. Nessun bisogno tuttavia di «riscrivere la storia», come vorrebbero i «revisionisti», ma solo di aggiungerle un tassello di vita da essa troppo trascurato e che Antaldo Antaldi ha attuato in sé ed insegnato ai suoi figli: che cioè non i grandi uomini fanno la storia, ma la storia fa i grandi uomini e che i tempi eroici nell’esistenza dei singoli come in quella delle nazioni altro non sono che momenti emergenti di una più lenta trasformazione. Una evoluzione progressiva della civiltà, che spetta al politico, nella veste del buon amministratore, interpretare e concretizzare – con spirito alieno dalle suggestioni rivoluzionarie ed attento ai segni dei tempi – con riforme utili al bene della comunità. Una preparazione progressiva alla «rivoluzione», dunque, meglio se non violenta. Questo il contributo di Antaldo Antaldi al protorisorgimento italiano nella Delegazione di Urbino e Pesaro all’epoca della restaurazione pontificia, rimeditato dopo la partecipazione giovanile all’epopea napoleonica”. Era un saggio, Antaldo Antaldi, non un presuntuoso inefficace e inadatto, come ne circolano troppi, oggi. E qualcuno anche da noi. Sconsolatamente confermiamo che “non i grandi uomini fanno la storia, ma la storia fa gli uomini”. Non sempre grandi. Anzi. Talvolta anche stanchi. Evidentemente si, amministrare stanca.
da montenovonostro
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