C’era una volta, tanto tempo fa, quando ancora l’Italia non era fatta e nemmeno gli italiani, il procedimento giudiziale che non era così complesso come oggi e di fronte ai colpevoli si andava per le spicce, con tanto di esecuzioni. A quell’epoca non c’erano intercettazioni, perché non c’erano i telefoni, e quindi non si potevano ascoltare le frasi orrende come quelle di Mafia Capitale che voleva “comprare”, e anzi comprava proprio, politici e funzionari corruttibilissimi o, in caso contrario, “cacciava” gli incorruttibili. Quand’era una volta, ci si
doveva accontentare di uno strumento di indagine che oggi ripugnerebbe a qualsiasi coscienza civile (salvo a quelli di Mafia Capitale e compagnia cantando). Ed era l’”impunità”. Cioè, i giudici, che giudicavano rigorosamente a porte chiuse e senza la presenza degli imputati, che quindi non potevano difendersi altrimenti, garantivano l’“impunità” ai delatori che avessero denunciato gli altri criminali. Poi sono venuti i tempi moderni e questa pratica è giustamente andata in pensione. E i corrotti si sono ritrovati sottoposti a processo, prim’ancora che davanti ai giudici, anche davanti all’opinione pubblica, sempre più imbufalita. Così è finita la carriera politica di tanti politici e alti papaveri della cosiddetta “prima Repubblica”. Non tutti, però, perché qualcuno, pur di non farsi processare, è fuggito all’estero per guadagnarsi quell’”impunità” che la legge non gli avrebbe più concesso. E dall’estero si è fatto e si fa beffe della nostra giustizia. Ora però siamo a un nuovo stadio della prepotenza di una parte della classe politica, che arriva addirittura a vantarsi delle proprie condanne e, anziché ritirarsi in disparte in attesa degli esiti processuali, vanta crediti e diritti nei confronti di tutti sulla scorta della “presunzione di innocenza fino al terzo grado di giudizio”. Principio sacrosanto, per carità, seppure opinabile dal punto di vista della “opportunità” politica per uomini che, proprio per essere “pubblici”, avrebbero quantomeno il dovere morale di astenersi dall’esercizio dei diritti politici fino alla conclusione dei giudizi, per motivi di opportunità e di rispetto della “pubblica fede”. Proprio sulla base di questo sacrosanto principio un tetragono PD ha imposto rigoroso rispetto della “legge Severino”, seppure sospetta di incostituzionalità, e, senza tanti riguardi, anzi proprio con tanta determinata virulenza, ha voluto applicare la norma e sbattere fuori dal Parlamento gli impresentabili. Giusto. Se non fosse per un piccolo particolare: un destinatario di simile attenzione era nientepopodimenochè l’odiato avversario di sempre, il mostruoso caimano, l’orrendo giaguaro, l’inverecondo nano. Mentre assistiamo oggi a una lezione ben più indulgente della norma. “Interpretabile”, certo, ma a senso unico. Immutabilmente rigorosa e inflessibile contro gli avversari scambiati, manco a dirlo, per odiati e odiosi nemici da distruggere in ogni modo. Tuttavia “opinabile” e “procrastinabile”, financo “diluibile” e “disapplicabile” quando interessa “uno dei nostri”, un “compagno”. Ma davvero pensate voi che la norma possa essere uguale per tutti, se di mezzo c’è “uno dei nostri”, anzi “dei vostri”? Ecco la doppia morale che serpeggia fra i PD: con i nemici la legge “si applica”, con i compagni “si interpreta”. E se c’è qualcuno che si azzarda a dire il contrario, come l’incauta Presidente della Commissione Antimafia senatrice Rosy Bindi, che pure è dello stesso PD, mal gliene incoglie. E si becca addirittura una querela da colui che è stato giudicato “impresentabile”, il neoeletto presidente della Regione Campania che, invece che fare un passo indietro, ne fa parecchi in avanti. E’ stato eletto dal popolo, ergo è “impunibile”. Varrà qualcosa o no, il voto dei tanti e tanti campani che l’hanno eletto? Certo che sì, scandiscono oggi in coro i “compagni”, non sappiamo se di merende. Certo che no, scandivano in coro i “compagni” qualche tempo fa contro l’odiato nemico. Appunto, due pesi e due misure, sebbene non ci sia più da tempo quella che chiamavano ”impunità”, ma c’era una volta.
da montenovonostro |