Roma: I magistrati politici non tornino in magistratura e non solo |
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Giovedì 30 Luglio 2015 15:34 |
Diciamo subito si. E’ questa la Giustizia che vorremmo. Libertà, Autonomia e Giustizia sono i nostri scopi e i nostri obiettivi. Né può esserci Libertà e Autonomia se non c’è Giustizia. E la Giustizia non dovrebbe che essere una: imparziale e vera. “Dovrebbe”, abbiamo detto, intenzionalmente. E in questo condizionale c’è tutta l’amarezza che nasce da una aspirazione tradita da fatti grandi e piccoli. Ci asteniamo per ora dal parlare dei fatti più grandi, per soffermare la nostra attenzione non sui fatti, ma su un principio: quello che abbiamo già anticipato più sopra e cioè che “La Giustizia deve
essere imparziale e vera”. Ma può essere davvero imparziale la giustizia quando gli uomini che la amministrano perdono il loro ruolo di imparzialità e diventano uomini di parte? Che giustizia può essere (o almeno che immagine può dare di se stessa) quella amministrata da uomini che diventano politici o da politici che ridiventano giudici. Ovvero: può un magistrato mettere a repentaglio la sua reputazione di imparzialità per diventare uomo di parte facendo il politico, oppure, dopo aver fatto il politico, ritornare a fare il magistrato? E’ questa la domanda che da tempo si pone “montenovonostro” e la risposta ce la fornisce ora uno che di queste cose dovrebbe intendersi bene. Il presidente della sesta commissione del Consiglio Superiore della Magistratura, Piergiorgio Morosini, reduce da una dura polemica in seno al plenum animata da alcuni membri laici che puntavano a inserire già nel Testo unico sulla dirigenza appena varato dal Consiglio, alcuni ‘paletti‘ per i magistrati che scelgano l’impegno politico o che tornino in ruolo dopo la fine di incarichi di questo tipo. Entro il 20 settembre sarà portata al plenum del CSM una proposta di delibera sul rapporto tra magistratura e politica. Sono e sono stati tanti i giudici e pubblici ministeri reclutati dai partiti come candidati, ministri o assessori. Magari solo per allontanare sospetti o rassicurare sul livello di trasparenza delle amministrazioni pubbliche investite dagli scandali. L'esponente del Consiglio Superiore della Magistratura va all'attacco: "Una situazione che può offuscare l’immagine di imparzialità e di indipendenza della magistratura". “Penso francamente – ha detto ancora Morosini - che si debba aprire una riflessione sulla reversibilità o meno della scelta per i magistrati di entrare in politica. Personalmente non ho dubbi: per me, chi ha fatto politica specie per periodi lunghi, 10 o 15 anni non dovrebbe poter tornare a fare il magistrato”. Vedremo. Entro settembre vedremo se queste idee avranno attecchito. Per parte nostra non ci sono dubbi. Non solo l’imparzialità del giudice deve essere tutelata con l’incandidabilità assoluta, ma addirittura deve essere impedito l’accesso in magistratura a chiunque si sia precedentemente impegnato in politica, né può essere consentito il ritorno in magistratura del magistrato che si sia impegnato in politica. Politica e magistratura devono assolutamente essere separate. C’è o no la separazione dei poteri, costituzionalmente enunciata? E allora bisogna tradurla in pratica con il più assoluto dei divieti. Ognuno al suo posto. E’ troppo delicato il tema dell’imparzialità della Giustizia per contaminarla con gli scivoloni partigiani. Basta con i vari Di Pietro, De Magistris e Ingroia. Non se ne può più.
da montenovonostro |