Roma: La democrazia istituzionale nel PD ai tempi di Renzi |
|
|
|
Sabato 19 Settembre 2015 16:02 |
In casa PD è in corso uno scontro ideologico mai visto prima di adesso. La posta in gioco è il concetto stesso di democrazia. Non ce ne occuperemmo più di tanto se fosse solo un problema interno ad un partito di cui non condividiamo quasi niente. Il fatto è che il tema non è privo di conseguenze anche per coloro che non sono e non votano PD. Dire PD pare semplice, ma invece è complicato sciogliere questo acronimo, PD. Avrebbe dovuto significare Partito Democratico, ma da tempo questa accezione appare francamente inadatta a
spiegare che cosa sta succedendo dentro. Altre volte avevamo provato a tradurre PD come Partito Dimissionatico, vista l’ossessiva propensione per chiedere sempre a tutti (gli altri) le dimissioni anche per futili motivi. Di recente siamo stati costretti a interpretare la sigla PD come Partito Deformatico, vista la insistente propensione a cambiare tutto quello che c’è, solo per il gusto di cambiare, anche senza criterio, per giungere alle “deforme” che non portano e non porteranno niente di buono. Ora sappiamo anche una nuova lettura della sigla PD tradotta in Partito Dismissionatico come a Montenovo, dove si sta dismettendo a pezzi l’Autonomia comunale gelosamente conservata per ben novecento anni. Temiamo ora di dover aggiungere un’altra lettura a quella sigla PD, che potrebbe essere Partito Disdemocratico, che si avvia, cioè, a dismettere non solo l’autonomia, bensì la democrazia. Come si potrebbe infatti definire un partito che abbandona il sano principio costituzionale della democrazia elettiva a suffragio universale, quella che vuole gli organi decisionali di qualsiasi livello eletti direttamente dal popolo, dismessa in un sottoprodotto di commissariamento degli organi attraverso la nomina fra pochi con esclusione del popolo dal processo democratico elettorale? Basta vedere come hanno combinato la Provincia, della quale nessuno vota più gli amministratori perché se li scelgono fra di loro, e il prossimo Senato che farà la stessa fine con le nomine a livello regionale solo fra consiglieri e sindaci senza nessuna voce in capitolo concessa al popolo. Se non è dismissione della democrazia questa, che cos’altro è? E proseguendo di questo passo temiamo che alla fine del processo involutivo la sigla PD possa finire, Dio non voglia, per essere letta come Partito Dittatoriale. Cominciò pressappoco così cent’anni fa e i rischi che finisca allo stesso modo non sono pochi. Ecco perché, pur avendo già detto altra volta che non nutriamo particolare simpatia per l’ex segretario nazionale PD onorevole Pierluigi Bersani, dobbiamo dargli ragione adesso per la seconda volta. Dice Bersani: "Noi diciamo una cosa che capiscono anche i bambini: diciamo che il Senato debba essere elettivo, devono decidere gli elettori. Questo deve essere chiaro e va scritto. Semplicissimo e da qui non ci si scosta", ha ribadito l'ex segretario PD a proposito del grave scontro tra la nuova dirigenza, che sta trasformando il PD disdemocratico e forse un po’ dittatoriale e chi, come Bersani, si ostina a volere un PD democratico. E fra i due contendenti noi, che pure non siamo né di destra né di sinistra, siamo convinti che Bersani abbia ragione. Perchè temiamo che il PD rischi di diventare sempre più Partito Dittatoriale, che non fa rima con la democrazia istituzionale ai tempi di Renzi.
da montenovonostro |