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Roma: Non ci piaci Marino, nemmeno un po’. Però… PDF Stampa E-mail
Martedì 27 Ottobre 2015 17:23

Roma Non ci piaci Marino nemmeno un po Però…Noi difendiamo la Giustizia. Anche la giustizia con la “g” minuscola. Perché le regole sono regole e vanno rispettate. Prendiamo il caso del sindaco dimissionario Marino. Non ci piace Marino, nemmeno un po’. Però è stato eletto dai romani e quindi fa il sindaco e deve fare il sindaco. Ha presentato le dimissioni per una serie infinita di motivi. Ma ha fatto male. Non doveva dimettersi. Un sindaco, come qualsiasi altro pubblico amministratore, ha doveri precisi. Doveri che sono stabiliti dalle legge. Ma anche doveri civili, morali e sociali che, pur non essendo codificati, impongono comunque comportamenti consoni. Un sindaco, come qualsiasi altro pubblico amministratore, viene eletto tale perché riceve voti più di altri candidati dalla gente che lo elegge. E l’elezione di un sindaco non è la raccolta dei voti e basta. E una volta fatta la “festa” elettorale non se ne parla più. No, i voti dell’elezione di un sindaco sono un “mandato”, un incarico affidato fiduciariamente dal corpo elettorale all’eletto. Un “mandato” che ha una precisa durata stabilita dalla legge: cinque anni. E i cinque anni di mandato vanno rispettati dagli elettori e soprattutto dagli eletti. Gli elettori non possono sottrarsi al mandato quinquennale affidato, né può, né deve sottrarvisi l’eletto. Chi ha ricevuto un mandato elettorale ha il dovere primo di rispettare la volontà degli elettori, non può sottrarsi al compito che ha cercato, candidandosi, e non può sottrarsi al dovere di amministrare per tutta la durata del mandato. Certo che a questa regola, che è civile, prima che morale e istituzionale, possono darsi eccezioni. Ma solo in casi rarissimi e che sono: l’impedimento fisico o l’impedimento morale. L’impedimento fisico può sopraggiungere per causa di forza maggiore per malattia o morte dell’eletto. L’impedimento morale può sopraggiungere per causa civile o penale: per causa civile in seguito a incompatibilità sopraggiunta o per notizia sopraggiunta di ineleggibilità, oppure per causa penale quando si verifichi un provvedimento giudiziario grave e definitivo in caso di condanna. Nessun’altra motivazione può giustificare le dimissioni, troppo spesso presentate per imprecisati e pretestuosi motivi personali o familiari o, peggio, per motivi politici. Quest’ultima ipotesi ha indotto il sindaco Marino a dimettersi. E ha fatto male: ha tradito il mandato ricevuto dai romani. A poco rileva il fatto che Marino abbia dimostrato discutibili capacità amministrative e ancor più discutibili qualità politiche, tanto che è stato il suo stesso partito, quel PD sempre più Partito Dimissionatico, a costringerlo di fatto a dimettersi. E qui si apre un discorso nuovo, necessario e non più rinviabile: perché mai il PD, che dice di essere “democratico”, tradisce spesso e volentieri il senso vero della “democrazia”, che si fonda sul rigoroso rispetto della volontà popolare? Perché mai il PD, con non certo encomiabile opportunismo politico, chiede sempre insistentemente le dimissioni agli avversari fino al punto da giungere all’autolesionismo, quando non ha avversari da far dimettere, chiedendo le dimissioni ai rappresentanti propri come, in questo caso, al suo sindaco Marino? Marino è il primo sindaco d’Italia, il sindaco della capitale, il sindaco che il PD ha voluto e che ha eletto. Perché adesso lo fa dimettere? Non sta male, non è impedito, non è stato nemmeno raggiunto da alcun provvedimento giudiziario, nonostante le inchieste sugli scontrini ballerini delle spese di rappresentanza per pranzi e cene di dubbia giustificazione, non è ineleggibile, non è incompatibile: perché dovrebbe dimettersi? Perché il PD vuole a tutti i costi che si dimetta davvero, preparandosi, addirittura, a votargli la sfiducia o facendo dimettere tutti i propri consiglieri, pur di farlo cadere e mandarlo via? Nel piccolo, il PD ha già fatto a Ostra Vetere contro il sindaco Bello quello che si appresta a fare in grande a Roma contro il sindaco Marino. L’abbiamo già deprecate tante volte le dimissioni di tutti e cinque i consiglieri di minoranza a Ostra Vetere: quelle dimissioni erano e rimangono un tradimento del mandato elettorale affidato dagli elettori montenovesi. Non dovevano dimettersi, dovevano surrogare i consiglieri dimissionari di destra. E invece strumentalmente hanno tradito il mandato elettorale pur di raggiungere un diverso vantaggio elettorale, quello di conquistare la maggioranza, anche contro gli interessi del paese, che è stato così costretto alle elezioni anticipate che ci sono costate circa 20.000 euro e continueranno a costarci altrettanto ogni quinquennio prossimo venturo. Ha sbagliato il PD di Ostra Vetere e l’abbiamo detto e ripetuto, come lo ridiciamo ora. Ma se anche il partito, allora, ne ha tratto vantaggio elettorale pur provocando un grosso danno al paese, quale sarà mai il vantaggio elettorale del PD a Roma? Non riusciamo a vederlo. E farà un altro errore madornale. Carica Marino a testa bassa, imponendogli la conferma delle dimissioni, nonostante Marino abbia finalmente realizzato di aver fatto un errore a presentarle e ci sta ripensando. Ritirare quelle dimissioni è l’unica cosa sensata che può fare Marino, rimediando all’errore commesso dimettendosi. Su, Marino, ritira quelle dimissioni finchè sei in tempo. Non ci piaci Marino, nemmeno un po’. Però…

da montenovonostro

 

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