Finisce male la telenovela in Campidoglio. Un ruzzolone così non si era mai visto prima d’ora. Il sindaco dimissionario-revocatario-decadutario Ignazio Marino non c’è più. Folgorato sulla strada del ritorno in Campidoglio da un tonante Zeus-PD che ha scagliato l’anatema, bruciando sull’ara sacrificale il suo figlio primogenito. Era il primo in tutto, l’Ignaro Marino. Aveva vinto le primarie, e poi aveva vinto il ballottaggio e poi era arrivato ancora per primo sull’altare nuziale delle unioni gay e poi era stato il primo in tante altre cose volando a più riprese oltreoceano, non si è capito bene invitato da chi. Una sola cosa non ha fatto per primo: non si è prosternato ai piedi del nuovo padrone del PD diennealizzato, non è andato più da un anno a inchinarsi davanti a Renzi, anzi, snobbandolo. E mal gliene è incorso. Aveva intrapreso un’ampia iniziativa di bonifica del malaffare nella capitale d’Italia marcia fin dalle fondamenta, voleva addirittura “ricacciare nelle fogne la destra
all’opposizione”, parole sue, sognava nuovi trionfi sulla via dei Fori Imperiali, ma ha battuto il muso. Cucù, chi è stato? Zeus-Renzi ha fatto scagliare il fulmine lampante dall’Orfini-Memè (pare Memè, lo giuro) e l’Ignaro Marino, che ignorava gli improvvidi trabocchetti levantini del Partito Dimissionatico l’ha pagata cara. Non si era mai vista una cosa così. Un partito che, come il Grande Padre di Zeus, il dio Crono primordiale, divora i suoi figli un tempo prediletti. E’ mitologia pagana e romana, ma anche prassi romana contemporanea targata PD, purtroppo. E siccome piove sempre sul bagnato, non basta all’Ignaro Marino apprendere a sue spese “quanto è duro calle lo scendere e il salir per l’altrui scale”, secondo la classica definizione del gran padre Dante, che non dà più niente all’Ignaro ghibellin fuggiasco Marino, che più che “dante” è “prendente”. E ne ha prese davvero di brutte: azzoppato in corsa di rientro al Campidoglio, il PD gli ha bruscamente negato anche il diritto di difendersi nell’aula consiliare nella quale il popolo lo aveva eletto, defenestrato da 26 franchi tiratori cesaricidi appostati sulla scala dell’Araceli, indagato per la torbida storia degli scontrini ballerini, adesso dovrà fare i conti anche con una impietosa indagine giudiziaria, mentre tutti lo scaricano e tutti gli vomitano addosso le peggiori colpe, anche quelle che non ha, anche quelle non sue, anche quelle inesistenti, anche quelle inventate. Reo di lesa maestà. Si può esse più sfortunati di così? Ci fa un po’ pena, Marino. E’ facile dire adesso, come dicono in tanti e troppi: se l’è cercata. Avrà fatto, sì, errori, ma chi non ne fa? Sbaglia chi fa, si dice da sempre. Ma lui, che sbagli avrà mai fatto di così tanto gravi da far compiere al suo Partito Dimissionatico il peggior salto all’indietro della storia della sinistra? Di quella sinistra che insiste a definirsi “democratica” e poi tradisce fragorosamente così la democrazia. Democrazia è una cosa grossa. Democrazia significa che “comanda” il popolo e non “un” padrone, uno solo. Democrazia è il rigoroso e incrollabile rispetto della volontà popolare. Democrazia è il rispetto fino all’eroismo degli eletti dal popolo. Questo è Democrazia. Che ci azzecca espungere in punta di pugnale conficcato nelle spalle l’eletto democraticamente dal popolo? Come può un partito ardire sostituirsi al popolo, sconfessandone clamorosamente le scelte, calpestandole furiosamente? E’ proprio vero che il PD non è più Partito Democratico ma Partito Dimissionatico, un Partito Diennealizzato che muta completamente il proprio DNA, un Partito Demarinizzante e Demarinizzato, cesaricida della Democrazia repubblicana. Un partito che mette paura, se non rispetta nemmeno i propri eletti dal popolo e, con atto d’imperio, folgora Marino sulla strada del ritorno in Campidoglio.
da montenovonostro |