Nel rapporto di Bruxelles sull’Italia, che verrà integralmente pubblicato domani, l’Ue chiede all’Italia di aprire subito almeno due altri hotspot: "Malgrado i sostanziali incoraggiamenti della Commissione Ue - si legge nel rapporto - solo uno dei sei hotspot designati è pienamente operativo, a Lampedusa. La Commissione si aspetta che altri due centri, Pozzallo e Porto Empedocle siano aperti a giorni". Bruxelles chiede all'Italia "un'accelerazione" nel "dare cornice legale alle attività di hotspot, in particolare per permettere l'uso della forza per la raccolta delle impronte e prevedere di trattenere più a lungo i migranti che oppongono resistenza". Basterebbe questo inciso a chiarire il genere di servizio finora riservato dall’Italia a tutti coloro che tentano di entrare clandestinamente da noi. Se chi arriva non vuol farsi prendere le impronte digitali, evidentemente ha qualcosa da temere da un puntuale riconoscimento. Non si è detto, finora, di questo paradossale aspetto della turbinosa vicenda migratoria che ha portato in Italia, oltre a centinaia di migliaia di disperati, anche un numero consistente di terroristi, come le indagini di queste ultime settimane stanno mettendo in rilievo. Se l’UE sollecita l’uso della forza per rilevare le impronte digitali, evidentemente è perché ha raggiunto ormai la convinzione dell’insostenibile mole di migranti non identificati. E allora occorreva che fosse la UE a chiederci maggiore rigore? Non erano capaci di intuire il pericolo i nostri responsabili nazionali e il nostro governo? Ma allora, quanti sono stati in questi anni gli immigrati clandestini entrati senza  controllo e che non potranno più essere identificati? Quanti di essi si suppone che potrebbero essere stati terroristi non identificati? Chi è il responsabile di questa omissione di controlli e di questo irresponsabile lassismo? Chi è che porta le colpe di questo fatto gravissimo? Eppure, quando un tempo esisteva la leva obbligatoria, se uno dei coscritti si fosse rifiutato di rilasciare le impronte digitali l’avrebbero internato nel carcere militare di Gaeta. Anche adesso, se un automobilista si rifiuta di sottoporsi all’alcool-test, se la passa forse liscia? Perché mai è la UE che deve venirci a dire come si fa ad ammansire i restii? O c’è ancora fra i sinistri visionari chi ancora si appella alla “privacy” (che gran brutta parola straniera per non far capire il dovere civile di farsi riconoscere dagli organi di polizia esibendo senza reticenze documenti, foto e impronte) pur di agevolare il libero transito a ogni sorta di avventurieri nel nostro paese? I profughi veri, che fuggono dalla guerra e dalla fame e che non hanno più nulla, certo non hanno paura a farsi identificare nel paese che li accoglie con tanto calore sfamandoli. Il rifiuto di farsi identificare, peraltro, costituisce un reato. Se c’è un’infima minoranza che si rifiuta di farlo, avrà di certo i suoi motivi. Ma nessuno può pensare che siano motivi “nobili”. Certo, noi non vogliamo uno stato di polizia, ma vogliamo comunque sapere chi è che viene a svernare a casa nostra a nostre spese. Se non si rimedia presto a questo sconcio, crescerà ancora la rabbia per questo Stato smidollato e per chi lo governa, per questa pessima classe politica pericolosa per sé e per noi.

da montenovonostro