Genova: Nessuno tocchi il compagno Paoli |
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Martedì 02 Agosto 2016 16:19 |
Poveri sciocchi noi, che pensavamo davvero che la legge fosse uguale per tutti. O almeno avrebbe dovuto esserlo. Non è piccola, la differenza tra “fosse” e “avrebbe dovuto”: ci passa di mezzo il mare. Sì, un mare di differenza e anche qualcosa di più. L’arcigna concezione sinistra che condanna irrimediabilmente i padroni evasori: a Berlusconi, padrone di Mediaset ma non suo amministratore delegato nè responsabile legale che era invece Gonfalonieri, assolto, gli è piombata fra capo e collo una condanna per aver evaso le tasse, anche se non era il responsabile legale delle denunce dei redditi fasulle, e per questo è stato anche cacciato in
fretta in fretta dal Parlamento come reprobo con ignominia, nonostante sia ancora pendente il ricorso alla Corte Europea. Ma la stessa arcigna concezione sinistra si trasforma in giocoso buffetto comprensivo e accomodante con un altro grande evasore, il cantante comunista Gino Paoli, che ha nascosto al fisco ben due milioni di euro, proventi in nero (in “nero”, oh!) alle “rosse” Feste dell’Unità, e portati presto presto in Svizzera, al riparo dal fisco italiano. Ma si sa, il padrone di destra era quel tanto aspramente accusato dalla sinistra fino al Patto del Nazzareno (adesso l’arcigna sinistra non attacca più l’odiato Berlusconi, che non è più odiato, e si accontenta di attaccare ferocemente il neo-odiato Maroni, responsabile di tutto e anche di più: mode ricorrenti della ondivaga nevrastenia sinistrorsa). Invece non è così per l’ultimo scandalo, quello del cantante Gino Paoli, che essendo stato parlamentare PCI, ma mai fatto dimettere né dimissionato a forza nonostante i vertici del PCI sapessero che veniva profumatamente pagato in nero (in “nero”, oh!) alle “rosse” Feste dell’Unità, perché lui, l’ex onorevole compagno Paoli, non si può attaccare. Non sappiamo se quei vertici PCI sapessero che con quel mare di soldi l’onorevole cantante ci gorgheggiasse all’estero, anche se c’era da scommetterci. Lo sa però adesso la Guardia di Finanza che ci ha indagato sopra non poco, fino a far scattare le manette ai polsi di commercialisti e banchieri genovesi, nell'ambito dell'inchiesta sulla Cassa di Risparmio Carige del capoluogo ligure. L'accusa è lucrare indebitamente, gonfiando i conti, sulle compravendite immobiliari, le cui plusvalenze finiscono in una banca svizzera, a Lugano. Accertano così, i finanziari, una evasione fiscale derivante dai compensi dei concerti tenuti da Gino Paoli alle “rosse” feste dell'Unità e pagati in “nero” (in “nero”, oh!). "Un sistema diffuso ai Festival dell’Unità", ha ammesso lo stesso compagno Paoli. Alla faccia, oh! Diffuso come? Diffuso quanto? In casa PCI? Alla faccia, oh! Ma loro non erano quelli che si stracciavano le vesti contro i padroni evasori? E avevano anche a casa loro un simile “sistema diffuso” che durava da tempo, mentre volevano darci a credere di essere loro “i migliori”: scèh! Ma và? Quando mai. Eppure le sorprese non finiscono qui. Dopo anni di indagini, adesso è arrivata la conclusione del pubblico ministero genovese: poiché non è possibile determinare con certezza la data di inizio dell’evasione, che dovrebbe comunque essere datata prima del 2008, questa va prescritta: e quindi non si può processare l’onorevole PCI Gino Paoli. Mica è come Berlusconi. Nessuno tocchi il compagno Paoli.
da montenovonostro |