Ostra Vetere: Né di Venere né di Marte … |
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Giovedì 11 Agosto 2016 22:11 |
Oggi è giovedì e perciò possiamo dirlo tranquillamente anche noi, come diceva una volta un vecchio detto popolare: “Né di Venere né di Marte non si inizia e non si parte, né si dà principio all’arte”. Questo detto popolare, che trovava fondamento nella corrispondenza etimologica del Venerdì con il giorno di Venere e di Martedì con il giorno di Marte, ha dato poi origine a una superstizione che considerava nefasto il venerdì, giorno di digiuno, o di pasto magro, nella tradizione popolare cristiana. In realtà il significato del vecchio detto popolare ha ben altro contenuto e si riallaccia al nome dell’antico dio della guerra (e quindi dell’odio irruento), Marte, e dell’antica dea dell’amore (e quindi della passione travolgente), Venere. E rappresenta più propriamente un consiglio spassionato a chi intraprende opere o attività: non bisogna gestirle né sotto la spinta dell’infatuazione improvvisa, né per reazione smodata. In sostanza invita a essere cauti e riflessivi, senza lasciarsi vincere né dalle mode
del momento, né dai colpi di testa senza senso o a scatti di rabbia. E’ quindi un invito alla calma, alla riflessione, alla ponderazione, alla cautela. E’ un precetto di vita, altro che martedì o venerdì. A spiegarcelo meglio, il concetto sottinteso, provvede il più antico documento conservato nell’archivio storico del libero Comune medievale di Montenovo: il lunghissimo rotolo di pergamena fittamente manoscritta fra il 1240 e il 1252 e fatta redigere dal sindaco Bruno (niente a che vedere con il ben più tardo sindaco Brunetti, di tutt’altra pasta) contenente ben 58 altre deposizioni giurate di altrettanti “eroi” montenovesi che, sfidando le ire dello scomunicato imperatore ghibellino Federico II che aveva inviato le sue milizie di teutonici e saraceni ad occupare i centri abitati della valle del Misa, avevano accolto nel libero Comune di Montenovo le famiglie dei profughi barbaresi in fuga. Quasi tutte quelle deposizioni di fronte al giudice del Presidato della Marca contengono, a premessa, il giuramento di voler deporre “non perché spinti dall’odio o dall’amore, ma solo per la ricerca della verità”, non per spirito di parte, ma per giustizia equanime. Bellissima lezione, riportata, trascritta e tradotta nel volume n. 7 del Centro di Cultura Popolare, scritto da Alberto Fiorani e padre Rolando Maffoli, intitolato “Il processo del 1252 per l’incastellamento di famiglie barbaresi a Montenovo”. E’ anche questo uno dei pilastri della nostra storia comunale e della nostra cultura giuridica, civile e sociale (http://www.ccpo.it/comunita/montenovonostro/28784-ostra-vetere-i-pilastri-della-terra-della-nostra-terra-). Che non dovremmo mai dimenticare, né noi compaesani e soprattutto quelli fra noi che sono stati delegati ad amministrarci in quanto eletti sulla base di un mandato fiduciario che impone, imperativamente, il dovere di equilibrio e saggezza, lontano dalle passioni di parte o per spirito fazioso o ancora, peggio, per scatti di rabbia. La realtà attuale, invece, ci pare un po’ diversa (un po’ si fa per dire, perché in realtà ci pare un po’ tanto, se non addirittura troppo) e certi scatti di rabbia ci inducono a ricordare il vecchio detto popolare che dice “né di Venere né di Marte …”.
da montenovonostro |