Aveva tanta fretta di farsi incoronare “imperatore”, il mai eletto da alcuno, che non vedeva l’ora di convocare il referendum a sancire l’avvento della nuova era nazional-socialista renziana. Il “comandotuttoio”, capo del governo, capo del partito e capo di chissà cos’altro, si vedeva già nei panni dell’ “uomo della provvidenza”, chiamato a instaurare un nuovo regime sbrigativista e avanguardista. Tanto che dopo il varo della “deforma” aveva
buttato là una data pressoché immediata: settembre, subito dopo le ferie, convinto che il referendum sarebbe passato in un tripudio osannante di applausi. Sennò, minacciava, me ne vado via dalla politica. E giù, tutti a tremare per le sconvolgenti prospettive italiote. Poi, però, sono incominciati a fioccare i sondaggi non propriamente benevoli e anche quelle belanti componenti sinistre che acriticamente votavano e rivotavano la fiducia richiesta e concessa si sono finalmente svegliate dal torpore inoculato dal “capo dell’idea” e hanno incominciato a masticare amaro, prima, e a digrignare i denti, poi, fino all’aperta ribellione di qualche frangia ancora marginale e velleitaria, via via alimentata anche da trasmigrazioni di vecchi capi, mai rassegnati alla rottamazione renziana. E sono incominciate a moltiplicarsi i NO: dai Grillini, da Forza Italia, dalla Lega, da SEL, dai Partigiani, dal sindacato CGIL e da tutte le sinistre esterne e interne al PD, partito ormai “deformatico”, se non ancora “deformato”. Adesso che le cose si mettono male, il Giamburrasca si rimangia le promesse e non si dimette più, anzi, allunga i tempi e fa scivolare sempre più avanti il referendum, sperando di recuperare consenso con la forza coercitiva di una tv di stato monopolizzata e prona. E così la data, tassativamente indicata ai primi di settembre, è pian piano scivolata a settembre-ottobre, poi a metà ottobre, quindi a ottobre-novembre, poi a fine novembre e adesso (è ufficiale) al 4 dicembre, ultimo limite massimo concesso dalla legge. Più in là non ci si può andare, salvo colpo di stato. E poiché non siamo ancora a questi livelli, il governo oggi ha dovuto per forza decidere: sarà l’ultimissima domenica del tempo massimo concesso dalla legge, il 4 dicembre. Con la speranza nel frattempo di convincere i tentennanti, magari a colpi di 80 euro ai pensionati, agli esodati, ai maggiorenni e ai minorenni, ai disoccupati, e a quelli che tengono famiglia, agli sfrattati, agli svogliati e agli scanzonati, riluttanti compresi. Tanto paghiamo noi. La speranza è quella di ricompattare la sinistra sfascista, che non capisce mai in tempo se non sbatte prima la bocca, referendum compreso. Ovviamente non sappiamo come andrà a finire il referendum che “deforma” la Costituzione democratica e repubblicana, consegnando il paese a una idea di regime sbrigativista e avanguardista, monocamerale e oligarchico, meglio se governato da un partito solo se la gente che non è d’accordo non andrà più nemmeno a votare contro, e nel quale noi poveri cittadini non saremo più chiamati nemmeno a eleggere i senatori (che ci saranno ugualmente anche dopo la “deforma”, solo che non verranno più eletti direttamente da noi, ma solo dai politici di maggioranza), né voteremo più per eleggere gli amministratori provinciali (perché tanto la Provincia non serve più, nemmeno per far tagliare le erbacce che invadono paurosamente le strade e nemmeno per attapparvi le buche che si aprono ormai pericolosamente, perchè tanto basta mettere qualche nuovo cervellotico limite di velocità al ribasso, cosicchè gli autovelox possano fare impunemente cassa, e neanche per riparare le scuole superiori, perché ci penserà l’ “uomo della provvidenza” a tenere su solai e canterti). Con la “deforma” entreremo così nel “futuro” sognato e sperato da una classe politica visionaria e inconcludente che sta trascinando il paese al declino. Questo è quanto. Tutto legato a una sola data: il 4 dicembre, con il freddo e magari la neve e, volendo, il ponte dell’Immacolata che terrà lontana dai seggi quella parte di opinione pubblica che non digerisce più il linguacciuto parolaio, avviato ormai sulla strada degli slogan a colpi di slide (“slogan” e “slide” sono parole inglesi ormai usate sempre più spesso per confondere l’opinione del popolo e non far capire di cosa si parla). Questo è il vero obiettivo dei tempi lunghi referendari stabiliti oggi dal governo. E subito è scoppiato il putiferio di tutte le minoranze e opposizioni, che sono tante e sempre di più, anche dentro il PD, intenzionate a votare NO. Apriti cielo per il referendum fissato al 4 dicembre.
da montenovonostro |