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Home Comunità montenovonostro Dall’Italia: Jè se strìgne i pàgni addòsso
Dall’Italia: Jè se strìgne i pàgni addòsso PDF Stampa E-mail
Giovedì 17 Novembre 2016 15:47

Dall Italia Jè se strìgne i pàgni addòssoRicco di risorse immaginifiche, il dialetto: è bello anche per questo. Su chi si “allargava” troppo, gonfiandosi orgogliosamente in presunzione smodata, il popolino vi vedeva l’altro lato della medaglia: non era lui che si gonfiava, erano i panni che gli si stringevano addosso, creandogli problemi. Proprio così: “Jè se strìgne i pàgni addòsso” era la salace perifrasi dialettale con la quale si bollavano i vanagloriosi impuniti. Toccherà riusare il dialetto per dipingere la situazione nella quale si sta infilando a precipizio il nostro (“nostro” si fa tanto per dire) “comandotuttoio”, capo del governo, capo del partito e capo di chissà cos’altro, Renzi, il mai eletto? Eppure comanda proprio tutto lui. “Guàsta e arfà’”, demolendo, oggi, quello che aveva costruito indistruttibilmente ieri. Pare Penelope che guastava di notte la tela tessuta di giorno in attesa che torni il furbo Ulisse. Sèhh. Un po’ meno furbo, Renzi aveva orgogliosamente proclamato l’oracolo referendario, gonfiandosi oltremisura nell’invocare la tregenda del giudizio popolare come un suo personale trionfo confirmatorio alla precaria condizione di avventizio “portoghese” mai eletto nella politica nazionale, ma gli si stanno “stringendo i panni addosso”. Non è più sicuro del fantasticato travolgente successo al referendum che, secondo lui, avrebbe sancito la sua consacrazione tra gli dèi dell’Empireo, visti i reiterati esiti di tutti i sondaggi recenti e recentissimi che lo danno irrimediabilmente sconfitto (ma va a vedere cosa sono e cosa fantasticano anche i sondaggisti, come la vicenda elettorale americana recente dimostra), e si adatta. Prima diceva che se perdeva si dimetteva e se ne tornava a casa. Poi ci ha ripensato: la retrocessione con la coda tra le gambe lo spaventa e non si dimette più. Farà una “verifica” (oddio, quanto suona male il linguaggio da Prima Repubblica sulle labbra dell’incallito rottamator-deformatore). Prima dichiarava l’indistruttibilità della legge elettorale “Italicum”, poi è sceso di un gradino e, anziché indistruttibile, l’Italicum sarebbe solo immodificabile, ma adesso, che le sorti volgono al peggio, dice che l’Italicum non è più intoccabile, anzi si potrà modificare, anzi ancora, si modificherà senz’altro, perché infine sarà da cambiare proprio del tutto. La paura fa novanta. Quanto a coerenza, bèhh, è tutt’altra cosa. E oggi alza ancora la voce: “In caso di vittoria del No, per il presidente del Consiglio «niente governicchi». Obiettivo voto subito se sconfitto”. Anzi: “dopo, in 3 mesi si fa la legge elettorale”. E ancora: "Comunque vada, si cambierà l'Italicum". Avanti un’altra. Sèhh. A quando il prossimo giro di valzer? Sta a vedere che alla fine tira fuori il coniglio dal cilindro del prestigiatore e ci sciorina il pacchetto di voti (“voti” si fa per dire) degli italiani all’estero? Con tanti sospetti di brogli che circolano su quei voti, manca solo questa.

da montenovonostro

 

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