Uno schiaffo sonoro al PD. E’ arrivato secco e asciutto. E’ stata la gente a decidere sul referendum “deformatico” e ha detto NO. Non si tocca la Costituzione democratica e repubblicana. C’è voluta una guerra mondiale e una guerra di liberazione per farla nascere e darci per settant’anni pace e sviluppo (sviluppo, in quest’ultimo quinquennio un po’ meno, anzi, per niente). Ma perché cambiarla, quella Costituzione? Cosa è cambiato in questi ultimi anni da aver convertito il partito della sinistra, giustamente contrario alla riforma “presidenzialista” della Costituzione che avrebbe voluto la destra qualche anno fa, fino a diventare “deformatico” oggi per voler buttare a mare la Costituzione? L’abbiamo già detto altre volte. Il PD ha perso la strada di casa, non trova più la strada giusta e sbanda a dandeggio. Non è più il partito della sinistra. E infatti ha varato l’abolizione dell’articolo 18 che difendeva i lavoratori. Ha introdotto i cosiddetti “voucher”
(che brutta parola straniera, quando si poteva adoperare una parola italiana come “buoni lavoro”) che precarizza e sfrutta il lavoro saltuario, quasi una legalizzazione dell’aborrito “caporalato”. Tutte cose che il PD, ormai “Partito Deformatico”, ha prodotto strada facendo sotto la guida del “comandotuttoio”, capo del partito, capo del governo e capo di chissà cos’altro. E’ in fase di mutazione genetica, il PD. Torneremo a rispettarlo quando tornerà a praticare le idee di uguaglianza sulle quali era nato, non fintantochè continuerà a essere il beniamino dei padroni e della Confindustria (tanto di rispetto per gli industriali seri che non si sono lasciati irretire dal “fenomeno” toscano, un po’ meno per la dirigenza confindustriale che sogna rivincite post-agrarie da secolo scorso). Questo per quanto riguarda l’Italia, che ormai si scrolla di dosso il peso insostenibile del renzismo sbrigativista che ha governato il Paese, addirittura senza essere mai stato eletto. Ma non dimentichiamo nemmeno che qui da noi, purtroppo, abbiamo chi ci amministra della stessa pasta renzista. Con la differenza che qui, almeno, ha avuto legittimazione popolare, seppure con una elezione anticipata e fuori dalle righe. Ma vediamo, allora, che cosa è successo, dal punto di vista elettorale, al PD nostrano. Certo, i dati elettorali sono disomogenei ed è quindi arduo tentare un raffronto. Ma alle comunali di tre anni fa, nel 2013, la lista di sinistra raccolse il 78,93% dei voti, alle europee dell’anno dopo, 2014, dovette accontentarsi (si fa tanto per dire, perché comunque era ancora un risultato di tutto rilievo seppure in drastico calo), il PD raccolse il 51,48% dei voti. Alle regionali dell’anno successivo, 2015, l’insieme dei voti della sinistra raccolse appena il 43,40% dei voti. Stavolta il Sì sostenuto dal PD, cui si aggiungevano però anche i voti dei centristi di Alfano e i “destri” di Verdini ha incassato appena il 45,75%, mentre a votare NO sono stati il 54,25%. Una sconfitta bruciante che ha dimostrato come la sinistra sia ormai definitivamente minoritaria a Montenovo. Ma certo. Quando il PD fa quello che fa, il risultato non può che essere questo. Non ne azzecca una, questo PD. E’ un’altra delle solite pensate da PD Partito Deformatico del cambiamento a tutti i costi. Un consiglio, allora, al PD: smetta con i cambiamenti senza criterio. Perché più cambia e peggio fa. Altrimenti al popolo non rimarrà altro da fare che ripetere NO. E non finisce qui …
da montenovonostro |