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Home Comunità montenovonostro Dall’Italia: Altro che il “politichese” mai oltremisura nella Prima Repubblica
Dall’Italia: Altro che il “politichese” mai oltremisura nella Prima Repubblica PDF Stampa E-mail
Lunedì 19 Dicembre 2016 16:01

Dall Italia Altro che il politichese mai oltremisura nella Prima RepubblicaC’era una volta una classe politica uscita dall’immane dramma della seconda guerra mondiale che, in un empito di sforzi concordi con la popolazione priva di tutto, ma animata da grande voglia di fare, produsse l’eccezionale sviluppo degli anni del boom economico che regalò benessere e progresso per tutti. Era un classe politica composita e talora contrapposta, che doveva fare i conti con una società altrettanto composita e talora contrapposta. Sapeva che bisognava puntare ad una intesa interclassista per assicurare a tutti pace, libertà e lavoro. E così fu. Era una classe politica attenta e sensibile, espressione dello stesso popolo che la eleggeva, scegliendola con il voto libero e segreto tra tanti partiti diversi, corrispondenti alle tante anime ideologiche del Paese, e scegliendola con le preferenze par far sì che gli eletti fossero coloro che più degli altri riuscivano a ottenere consenso e fiducia dei singoli elettori, davvero detentori della sovranità popolare, oggi carpita da capipopolo arruffoni e spregiudicati. Quella della cosiddetta Prima Repubblica era una classe politica che sapeva di dipendere dagli elettori e si faceva conoscere e apprezzare, teneva riunioni, faceva comizi, manifestava con i manifestanti, diceva come pensava. Ma pensava bene. E diceva bene. Anche quando il contrasto politico era acuto, non eccedeva mai oltre misura. Ecco, si poteva dire che era una classe politica “mai oltremisura”. Era questo il modulo comportamentale condiviso da tutti, sia fra i componenti della maggioranza e anche fra quelli delle minoranze e pure fra gli oppositori più accesi. Avevano, tutti, il senso del dovere e dell’onore. E per questo erano rispettati e, molti, anche amati. Poi il crollo del consenso con “tangentopoli”. Ma guardiamo come è ridotta oggi la classe politica della cosiddetta Seconda Repubblica, o forse Terza. Chi ama più i politici? Chi li rispetta più? Chi davvero crede che sappiano fare e fare bene? E che fanno oggi i politici? Anziché essere “mai oltremisura”, fanno di tutto per dare sfogo alle pulsioni meno apprezzabili dell’animo umano. Bugiardi, irrispettosi, strafottenti, addirittura provocatori, quando non peggio. E più stanno in alto e peggio fanno. Guardiamo quattro esempi in questi ultimi quattro giorni: la “ministra” dell’Università che mente vantando una laurea che non ha e non ha nemmeno un diploma. E’ la rossissima neo ministra Valeria Fedeli del PD. Dice che per fare la ministra non serve la laurea. E’ vero. Anche noi a Montenovo lo sappiamo bene: non serve la laurea per diventare onorevole. Onoriamo infatti la memoria del nostro compaesano onorevole Agostino Peverini: era appena un mezzadro con la quinta elementare, era dovuto addirittura emigrare all’estero, anche a San Pietroburgo nella Russia ancora zarista. Era tornato in paese distinguendosi sempre e conquistando la fiducia di tutti per la schiettezza di carattere e la forte determinazione ideale. Diventò assessore comunale, poi consigliere provinciale, infine onorevole parlamentare. Di lui si conserva ancora il ricordo dei memorabili interventi oratori alla Camera dei Deputati in difesa dei contadini. Aveva solo la quinta elementare, ma un carisma insuperabile. Era schietto e onesto. Dopo la parentesi parlamentare tornò a fare il mezzadro e a lavorare nei campi. Era un grand’uomo. Lo ricorda una lapide nella casa natale in via Brancasecca, una via a lui intitolata sul Colle Paradiso e un busto collocato nella Sala Consiliare del Comune. Era davvero un grand’uomo, onesto e virtuoso, del quale andare fieri. Anche senza laurea, che non si sarebbe mai sognato di vantare bugiardamente, come fa oggi l’onorevole (ma mica tanto se fa così) Valeria Fedeli del PD. Certo che non serve la laurea per fare la “ministra”. Però occorre l’onestà nella verità, che lei non ha. Hanno pensato gli studenti di Azione Universitaria di Emilia Romagna e Toscana a realizzare, all’autogrill Cantagallo ovest sulla autostrada A1 in provincia di Bologna, l’evento “Festa di laurea di Valeria Fedeli“. Uno sfottò terribile. E non è la prima. Viene infatti il caso della capogruppo PD alla Regione Veneto, l’onorevole PD Alessandra Moretti. Non è andata a discutere il bilancio della Regione, che è l’atto più importante dell’ente pubblico nel quale è stata eletta, perché diceva di essere malata. Invece stava a godersi le vacanze in India, quell’indiana della Moretti. Adesso ha chiesto scusa e si è dimessa. Ma la ministra Fedeli no, non sente questo dovere. Ed è il secondo esempio. L’altro ieri poi è salito all’onore (“onore” si fa tanto per dire) delle cronache nazionali l’intervento del capogruppo PD al Comune di Roma onorevole PD Roberto Giachetti, ex radicale che faceva scioperi e digiuni. Ha parlato alla Assemblea nazionale del PD. E che ha detto? Ha detto cose non solo inconsuete, ma addirittura volgari. Rimproverando l’ex capogruppo PD alla Camera onorevole PD Roberto Speranza, colpevole di volersi contrapporre a Renzi nel prossimo congresso di partito, gli ha teatralmente affibbiato il titolo giusto fra gente di un partito così. Non lo replichiamo, per non assumerci il discredito di simile turpiloquio, che invece lui ha usato davanti a telecamere e microfoni. Un maleducato. E con questo fanno tre. Infine ieri la invereconda dichiarazione del ministro PD al Lavoro, Giuliano Poletti: "Centomila giovani in fuga? Bene che alcuni non siano più fra i piedi". "Non è che qui sono rimasti 60 milioni di 'pistola'... Conosco gente che è andata via e che è bene che stia dove è andata, perché sicuramente questo Paese non soffrirà". Ed è subito un coro di commenti indignati, una autentica bufera sul ministro Poletti, del quale molti chiedono le dimissioni immediate. E che ti fa il pacioso ministro Poletti? Afferma: "Evidentemente mi sono espresso male e me ne scuso. Non mi sono mai sognato di pensare che è un bene per l'Italia il fatto che dei giovani se ne vadano all'estero. Penso, semplicemente, che non è giusto affermare che a lasciare il nostro Paese siano i migliori e che, di conseguenza, tutti gli altri che rimangono hanno meno competenze e qualità degli altri". Capito? “Avete capito male – affermava un altro sinistro nostrano durante il ventennio sfascista – io non volevo dire questo”, diceva. Così Poletti, ma conferma l’assunto: chi è stato costretto ad andarsene non è il migliore. Manca solo che accusi quei 100mila di aver tradito la patria, e siamo apposto. Ecco, e facciamo quattro in quattro giorni. Una prestazione davvero illuminante sul PD di oggi: Fedeli, Moretti, Giachetti, Poletti rappresentano il “meglio” che può offrire l’attuale classe politica. Avrebbero mai fatto e detto così, come loro, personaggi del calibro di De Gasperi, Fanfani, Moro, Forlani, Andreotti, Rumor, Zaccagnini, Togliatti, Berlinguer, Longo, Cossutta, Nenni, Pertini, De Martino, Saragat, Romita, La Malfa, Spadolini, Malagodi, Zanone, Almirante, Michelini? E invece che ti fanno i “quattro” campioni di oggi: Fedeli, Moretti, Giachetti, Poletti? Quello che abbiamo riferito più sopra. Altro che il “politichese” mai oltremisura nella Prima Repubblica.

da montenovonostro

 

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