Mercoledì 21 Dicembre 2016 16:04 |
Quando alla sinistra non bastava più il vecchio PCI, s’era inventata una nuova formazione politica extraparlamentare, fuori dagli schieramenti e fuori anche dalla dialettica politica democratica: Lotta Continua. Che poi tramontò, come molte cose della sinistra. Ma è rimasta nella memoria collettiva la denominazione, magari non più maiuscola, bensì irrimediabilmente minuscola, “lotta continua”, a indicare lo stato di belligeranza interna all’unico partito che ancora si ostina a ritenersi “di sinistra”, anche se non lo è più ormai da tempo.
La sinistra non è più tale e c’è chi addirittura, in quel partito, ritiene di essere maguardaunpo' “liberale”. Quanto e come cambia il mondo. Ti pare una cosa, e invece è subito un’altra. E talvolta addirittura l’opposto. Tuttavia anche dentro il partito dell’ex sinistra, il PD, c’è chi non vuole morire “liberale”, né leopoldino, e ancora pratica una concezione che dire “movimentista” appare poco: lotta, lotta, lotta e chissà cos’altro vorrebbe. Intanto lotta, anzi, lotta continua. E forse ha più di un motivo per farlo. Non si rassegna a morire “liberale” e lotta contro sé stesso. Contro il suo partito ormai in trasmutazione genetica, lotta contro il suo segretario, che definire “socialista” appare poco. Lotta contro ogni ombra. E, dall’altra parte, anche gli altri lottano e sgomitano. E tra quelli che lottano per rimanere dentro un disegno politico di sinistra e quelli che lottano per cambiare dentro un disegno politico che di sinistra non è più, scoccano scintille. Continuamente. Dopo le quattro belle (“belle” si fa ovviamente per dire) prestazione dei quattro campioni del PD, la ministra Fedeli laureata a sua insaputa, l’onorevole Moretti in vacanza indiana all’insaputa dei medici che le curano la malattia che pensa di avere, l’onorevole Giachetti che turpiloquia contro l’ex capogruppo Speranza all’insaputa della buona educazione e, dulcis in fundo, del rubizzo ministro Paoletti che gongola sui 100mila giovani emigrati che non vuole più ritrovarsi fra i piedi all’insaputa di ogni regola di rispetto dovuto al grande esempio di sacrificio del lavoro italiano all’estero, il baratro tra le due fazioni belligeranti appare incolmabile. Dà fuoco alle polveri lo spaesato onorevole Bersani (sì, quello che a giorni alterni si professa “liberale” pur volendo essere di sinistra, ma forse no) che se la prende con le passeggiate supermercatesche del suo segretario di partito ex “comandotuttoio”: "Renzi fa bene a fare la spesa, ma lasci il fotografo e parli con le persone", è la feroce ironia del capo della minoranza interna PD su Renzi in versione “padre di famiglia disoccupato” tornato in Pontassieve e fotografato dal settimanali “Chi”, che non avverte l’altra feroce ironia da vuoto di memoria per Renzi-chi? Meno ironico, ma ancor più deflagrante l’ex capogruppo PD onorevole Roberto Speranza che, volendo fare le scarpe a Renzi, intanto se la prende con il rubizzo ministro PD Poletti e attacca il governo: "La minoranza PD pronta a votare la sfiducia a Poletti se non rivede i voucher". E’ il clamoroso strappo tra la minoranza del PD e il Governo Gentiloni dopo le frasi del ministro del Lavoro sui giovani italiani emigrati all'estero per lavorare. E tra un botta e risposta e l’altro, è sempre lotta continua.
da montenovonostro |