“montenovonostro” celebra, come tutti gli italiani che si riconoscono nei principi costituzionali repubblicani e democratici, la Festa della Repubblica del 2 giugno, voluta dalla maggioranza del popolo che, nel referendum istituzionale per la scelta della forma di Stato fra Monarchia e Repubblica, decise di abbandonare giustamente il medievale e feudale sistema politico del potere affidato ai discendenti di una dinastia che aveva conquistato un regno sul filo delle armi. Una dinastia per alcuni versi benemerita, per aver riunificato la patria
dopo secoli di divisioni e di dominazioni straniere. Per altro verso responsabile dell’ascesa e predominio di un regime dittatoriale che, inizialmente osannato in adunate oceaniche per alcune innegabili conquiste civili e sociali, per altro verso si rese responsabile della sistematica prevaricazione bellicosa e belligerante da Stato autoritario che trascinò la nazione nella catastrofe della seconda guerra mondiale. Riconquistata a duro prezzo la pace, il popolo italiano, tutto il popolo italiano comprese le donne, cui per la prima volta venne riconosciuto il diritto al voto con suffragio universale, seppe giustamente valutare meriti e demeriti di ognuno e di ciascun singolo sistema politico e istituzionale. E scelse la Repubblica, per ridare voce a tutte le componenti civili e sociali in un sistema politico, fondato poi sulla Costituzione repubblicana e democratica, che ha attuato i principi di Libertà, Autonomia e Giustizia, gli stessi che professa convintamente ancora oggi “montenovonostro”. Fin qui il primo valore particolare della Festa di oggi, conseguente al referendum di 71 anni fa. Il secondo valore particolare è quello dello scorso referendum del 4 dicembre dell’anno passato. Referendum altrettanto importante rispetto a quello di 71 anni fa. Nel precedente era in gioco il potere del re. Stavolta era in gioco l'effettivo potere del popolo. Se, cioè, dovevano essere ancora mantenuti gli aspetti e i criteri costitutivi, fondati sul consenso elettorale a suffragio universale, che affida il potere, tutto il potere, con mandato temporaneo ad eletti liberamente scelti dal popolo alla guida delle istituzioni: Stato, Regioni, Province e Comuni, attentamente calibrate in un accorto sistema di equilibri che impedisce l’avvento di componenti avventuriste e incontrollate. Per questo allo Stato, organizzato in Repubblica parlamentare, sono stati attribuiti i tre poteri ("legislativo" bicamerale perfetto, con Camera e Senato, rappresentativo di tutte le realtà territoriali della nazione, "esecutivo" affidato al governo sostenuto da una maggioranza parlamentare, e "giudiziario" inquirente e giudicante affidato alla Magistratura indipendente). L’alternativa referendaria ultima si presentava costituita invece da un sistema “deformato” in cui sarebbe stato ridotto il potere elettivo a suffragio universale del popolo, cui sarebbe stato sottratto il potere di eleggere direttamente sia i senatori (che avrebbero dovuto essere “nominati” di fatto dai partiti), sia gli amministratori provinciali (già eletti in secondo grado solo fra sindaci e alcuni consiglieri, ma poi che non sarebbero stati nemmeno più eletti, mentre i poteri provinciali avrebbero dovuto essere smembrati fra enti e fra nuove istituzioni terze amministrate da personaggi non più eletti dal popolo ma, di fatto, eletti dai partiti, anzi da un partito solo) e infine anche gli amministratori locali (poiché dovrebbero venir fusi per incorporazione obbligatoria i Comuni piccoli, sottomessi ai Comuni più grandi e amministrati da “invasori” forestieri, anziché da amministratori locali “nostrali”). Questo nuovo sistema, “deformato” rispetto a quello vigente, veniva promesso come soluzione di efficientamento e progresso per eliminare, si diceva, resistenze e ritardi. In realtà avrebbe privato il popolo di parte dei suoi poteri di libera scelta, all’insegna di uno “sbrigativismo avanguardista” che tradisce il più autentico spirito repubblicano e democratico della Costituzione. Unito poi al perverso meccanismo elettorale della legge maggioritaria cosiddetta “Italicum”, che avrebbe affidato una maggioranza schiacciante a un solo partito e azzerato di fatto le rappresentanze delle minoranze, ci avevano riportato alla memoria le vicende di quasi un secolo fa: allora un giovane loquace socialista rivoluzionario, con l’appoggio del grande capitalismo borghese, diede vita a un partito nazional-socialista che varò la “legge Acerbo” capace di attribuire tutto il potere a un solo partito che aveva conquistato appena il 25% dei consensi e ad un solo uomo che lo guidava: il duce. E sappiamo come è andata a finire. Oggi un altro giovane loquace socialista rottamatario, ancora con l’appoggio del grande capitalismo borghese, avrebbe dato vita a un nuovo Partito socialista della Nazione che, con la “legge Italicum” sarrebbe stato capace di attribuire tutto il potere a un solo partito deformatico purchè avesse conquistato appena il 25% dei consensi e ad un solo uomo che lo guida: lui, il "comandotuttoio". E noi non abbiamo voluto che si ripetesse la storia di novant’anni fa. Per questo abbiamo onorato Repubblica votando NO alla deforma della Costituzione nello scorso referendum. Possiamo così tornare oggi a celebrare con grande sollievo, per lo scampato pericolo democratico, la bella Festa della Repubblica, che è festa di libertà.
da montenovonostro |