Un tempo si diceva che la politica è l’arte difficile di mediare gli opposti. Cioè, pur nella molteplicità delle idee e degli interessi, la politica doveva fare sintesi. Cioè ancora, deve lavorare di fioretto fra istanze divergenti per trovare una intesa la più vasta possibile, in modo che le scelte operate siano le più condivise. Ma questa è roba da “prima Repubblica”, quando per non urtare sensibilità sospettose e irrequiete si usava il bilancino con parole mai sopra le righe, in un clima soffice e arrotondante, in modo tale che le scelte, che pure dovevamo essere operate, non suscitassero reazioni. Un po’ cinicamente, si diceva che “la gallina si può spennare, ma non farla stridere”. Ecco,
molto rozzamente ma efficacemente, questo era il modus operandi di un tempo che fu. Adesso che siamo nella “seconda” o forse “terza Repubblica”, la politica ha avuto una brusca accelerazione ed è cambiato tutto. Anzi, all’insegna del “cambiamento” a tutti i costi, c’è chi ha fatto la sua fortuna politica. Oddio, “politica” si fa tanto per dire, perché in realtà il modo di intenderla è fortemente cambiato nell’opinione pubblica. Mai la politica è stata odiata come adesso, tanto che una metà degli elettori non va più nemmeno a votare e l’altra metà appare ai più non certo la migliore, se si ostina a sostenere i partiti che purtroppo abbiamo. Di chi è la colpa? Di alcuni e di tutti. Fra gli alcuni ci sono certo i “capi” di molti partiti che, per farsi sentire dal popolo ammutolito dagli scandali e sordo a ogni sollecitazione pensano che “urlare è meglio”. E’ una politica da urlo quella che ormai da anni domina il panorama italiano. Da urlo, da insulti, da offese, da cambiamenti, da “rottamazioni”. Ma così non si va lontano, anzi. E oltre alle colpe di questi “alcuni” ci sono poi le colpe di “tutti”. La “libertà è partecipazione” cantava una vecchia canzone di Giorgio Gaber, quando la sinistra ne faceva una bandiera di “battaglia” (perchè la sinistra militante battaglia sempre, è sempre il lotta, lotta dura, senza paura, e non concepisce altra modalità tattica di confronto politico, tantomeno il “cedimento” al dubbio, perché non dubita mai di sbagliare, perché ha sempre ragione. Anche quando ha torto. E’ il vecchio principio bolscevico che giustificava un tempo la “dittatura del proletariato”, e oggi il “pensiero unico”). Ora, con queste premesse ideologico-comportamentali, la sinistra non è cambiata: rivoluzionaria era un tempo e rottamatoria oggi. Ma ha sempre ragione, come ce l’hanno sempre i compagni, anche quando sbagliano. Mai un dubbio, mai un ripensamento, mai un ripiegamento: il pensiero unico porta sempre là, a sinistra. Anche quando si verificano errori tragici, come quella di una reazionaria politica del lavoro che produce vergogne come l’abolizione dell’articolo 18 (cioè la menomazione dei diritti dei lavoratori), la promozione del “jobs act” e dei “voucher” (tutti nomi rigorosamente anglofoni per non far capire ai lavoratori che li si sta fregando brutalmente), o la politica dell’accoglienza generalizzata (che in realtà è solo una “invasione camuffata”, utile a precostituire una colossale offerta di manodopera a buon mercato alla protervia del padronato sfruttatore, che infatti plaude soddisfatto con il presidente della Confindustria ormai filo-renziana). Oppure quando si verificano tragi-comiche figuracce come le stupefacenti esternazioni di altri “campioni” del PD, come la rossissima “ministra” Fedeli (laureata a sua insaputa e all’insaputa della storia d’Italia), o l’onorevole Moretti in vacanza indiana (all’insaputa dei medici che le curavano la malattia che pensano avesse), o l’onorevole Giachetti che turpiloquiava contro l’ex capogruppo Speranza (all’insaputa della buona educazione), o il grosso e rubizzo ministro Paoletti cui stanno sullo stomaco (e c’è posto per molti, in verità) i 100mila giovani emigrati che non vuole più ritrovarsi fra i piedi (all’insaputa di ogni regola di rispetto dovuto al grande esempio di sacrificio del lavoro italiano all’estero, dove tanti e troppi giovani se ne sono dovuti andare a cercare quel lavoro che in Italia viene ormai riservato agli immigrati irregolari e clandestini) e, dulcis in fundo, quella dell’altro ieri dell’onorevole animalista PD Patrizia Prestipino che inneggiava al neo-costituito dipartimento interno del PD dedicato alle mamme “necessario per continuare la nostra razza” (all’insaputa della sua proditoria “rottamazione” di un principio nemmeno pronunciabile, tantomeno praticabile, per l’ideologia di sinistra). E, ultimissimo caso di autocastrazione del PD, con l’espulsione di ieri del consigliere comunale PD di Ancona Diego Urbisaglia che aveva scritto un post su facebook con il quale si schierava a difesa del carabiniere che aveva sparato per difendersi dal lancio di Giuliani di un estintore dentro la camionetta in cui si trovava per servizio scrivendo: "Se in quella camionetta ci fosse stato mio figlio, gli avrei detto di prendere bene la mira e sparare". E immediatamente il PD ha convocato la Commissione comunale di Garanzia del partito, che ha deciso all'unanimità la cancellazione dell'anagrafe degli iscritti e dall'albo degli elettori per Diego Urbisaglia. In pratica lo ha espulso, con un provvedimento sanzionatorio che conferma come il PD stia dalla parte dei rivoltosi anzichè dalla parte delle istituzioni. Partito di “lotta”, appunto. E’ troppo. Oltre a tutti gli esempi di malamministrazione (altro che “buone pratiche”, “buona politica”, “buona scuola” e fanfaronate simili proclamate a ogni piè sospinto), si aggiunge anche la sequela di provvedimenti cervellotici e devastanti, come il tentativo di introduzione dello “jus soli” (cioè dell’automatica attribuzione della cittadinanza italiana a chiunque nasca (o sia nato, fate attenzione) in Italia per ingrossare artificialmente, oggi o in un domani molto prossimo, la base elettorale del Partito Deformatico ai danni della libera espressione elettorale degli italiani veri. Basta, è troppo. Non stupisce poi se gli avversari politici hanno dipinto il PD come una “piovra”, nè si può più lasciare il Paese in mano a questa sinistra deformatica.
da montenovonostro |