Roma: Il governo “strangolautonomie” manda in fallimento i Comuni |
Giovedì 07 Settembre 2017 16:06 |
Seppure è vero che la Costituzione democratica e repubblicana, che regge questo Stato da una settantina d’anni, riconosce l’istituto dell’Autonomia, tanto è vero che l'articolo 5 della Costituzione recita: “La Repubblica una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali, attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell'autonomia e del decentramento”, la realtà quotidiana sembra
essere ben diversa. Da una trentina d’anni a questa parte, sommessamente, impercettibilmente, subdolamente, sta avvenendo tutt’altro. Fino agli anni ’85-90 quasi tutti i partiti difendevano le autonomie (articolate nei tre gradi territoriali discendenti di Regione, Provincia, Comune), fino all’aberrazione del principio originario con i partiti di sinistra che, all’insegna del “decentramento amministrativo” e della “partecipazione democratica”, aveva spinto e in realtà imposto la moltiplicazione delle articolazioni autonomistiche fino a introdurre, come grado intermedio fra Province e Comuni, le Comunità Montane e le Associazioni di Comuni e, al di sotto dei Comuni, addirittura i Consigli di Quartiere: duplicati d’un botto, da tre a sei, i livelli delle Autonomie all’insegna della generalizzata “partecipazione democratica”. Poi è successo qualcosa. E i partiti di sinistra, che più degli altri si erano precedentemente impegnati nella “moltiplicazione dei pani e dei pesci”, d’improvviso hanno sposato le tesi opposte. “Contrordine compagni”, il decentramento non va più bene, la partecipazione assemblearistica non va. Solo che non è stato detto esplicitamente. Non è stato dichiarato. Anzi, è stato fatto passare un altro “ordine di scuderia”: bisogna “razionalizzare”, si deve “economizzare”, è necessario “cambiare”. “Razionalizzazione”, “economizzazione”, “cambiamento” sono state le nuove “parole d’ordine” che hanno sostituito le precedenti “decentramento” e “partecipazione”. Cioè, l’esatto opposto di prima, ma sempre all’insegna del “cambiamento”. Via le comunità montane, via le associazioni dei comuni, anzi, via i Comuni stessi, almeno quelli piccoli, da sacrificare sull’altare della “globalizzazione” e della "massificazione". E infatti, dopo un processo lento e silente, dopo trent’anni ci ritroviamo così: basta con le elezioni per il Senato, basta con le elezioni delle Province e, fra un po’, basta anche con le elezioni multiple di tanti e troppi Comuni, che si devono “fondere”, con le buone o con le cattive. E giù referendum intercomunali per “massificare” l’autonomia, mentre nel frattempo ai Comuni sono stati sottratti beni e competenze (Ospedali, Acquedotti, Raccolta Rifiuti, Metanizzazione) per affidarli ad enti terzi, rigorosamente non elettivi da parte del popolo, e infine allo smunto simulacro comunale sono state sottratte risorse finanziarie e assunzioni di personale all’insegna del cosiddetto “patto di stabilità”. E i Comuni sono stati così istituzionalmente “strangolati”, senza che nessuno abbia fiatato: la sinistra perché “connivente” e la destra perché “incompetente”. Di questo passo l’autonomia scomparirà, nonostante la Costituzioni continua ad affermare che lo Stato attua il più ampio decentramento amministrativo adeguando i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell'autonomia e del decentramento. Si? Eccomenò. Infatti i Comuni italiani sono a un passo dal tracollo, 270 di loro annaspano in pre-dissesto e la lista dei Comuni in affanno con i propri bilanci è molto lunga (http://notizie.tiscali.it/cronaca/articoli/comuni-a-un-passo-dalla-bancarotta-napoli-roma-torino/). Intanto il governo “strangolautonomie” manda in fallimento i Comuni.
da montenovonostro |
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