Dall’Italia: La legge stabilisca anche l’incandidabilità dei magistrati |
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Martedì 24 Ottobre 2017 17:04 |
Sei mesi d’aspettativa prima di mettersi in lista, cinque anni senza poter essere nè giudice e né pubblico ministero in caso di mancata elezione, altrettanti lontano da posizioni apicali quando si torna a vestire la toga. Sono i paletti che il Senato si prepara a mettere per i magistrati che entrano in politica. Una storia tormentata quella del disegno di legge che punta a rendere più stringenti le “porte girevoli” delle toghe che si
candidano in politica. Il disegno di legge è tornato a Palazzo Madama dove arriverà in Commissione Giustizia il prossimo mercoledì 25 ottobre. Allegati ci sono una serie di emendamenti studiati da maggioranza e opposizione: basta che il Senato ne approvi soltanto uno perché il disegno di legge debba tornare ancora una volta alla Camera dei Deputati. A questo punto della legislatura, quindi, non arriverebbe mai ad essere approvato in via definitiva. Questo lo “stato dell’arte”. Certo che siamo interessati a questa vicenda. “montenovonostro” non si tira certo indietro di fronte a un argomento di così vasto rilievo, tenuto conto che il tema della GIUSTIZIA costituisce il nostro terzo pilastro ideologico che ci siamo dati. E nell’argomento della Giustizia centra e come quella della Magistratura e della sua immagine che se ne percepisce nell’opinione pubblica. Una immagine che dovrebbe essere immacolata, e invece dobbiamo apprendere di tanti e troppi arresti, procedimenti e condanne a giudici che, anziché fare il loro dovere, delinquono come tutti gli altri cittadini. Certo, che non bisogna fare di ogni erba un fascio e ci sono certamente molti magistrati che fanno onestamente e correttamente il loro dovere, ma quando i casi esecrabili sono più di uno, anzi molti e forse moltissimi, è necessario che chi deve e può prenda provvedimenti adeguati. E questo è il primo punto. Poi un secondo punto è quello dell’assoluta terzietà dei giudici. Sono stati posti su un piano di autonomia dalla stessa Costituzione: il “terzo potere”, quello della “Magistratura”, è infatti del tutto autonomo e indipendente dagli altri due “poteri” delle Stato: Governo e Parlamento. Ma come possono essere “terzi imparziali” quei giudici che si sono “contaminati” con “una parte” candidandosi per uno o più partiti? Viene sempre il sospetto che un giudice “di parte” possa non essere “imparziale”. Come, infatti, avrà esercitato il suo “potere discrezionale” durante la sua attività inquirente o giudicante? O come potrà esserlo se, dopo la parentesi “politica” per “una parte”, torna poi a fare il giudice dimenticandosi di quella “parte” di cui è stato esponente? Noi siamo convinti che questi due punti, “onorabilità” e “terzietà” della Magistratura, vadano preservati assolutamente, dopo che sono ormai stati compromessi abbondantemente in questi ultimi anni da troppi casi esecrabili. Per questo, allo scopo di preservare l’ “onorabilità” dei giudici e il diritto dei cittadini ad essere assicurati sulla loro “imparzialità” è necessario che una riforma della Magistratura non si limiti ai “pannicelli caldi” previsti nel disegno di legge in discussione, che sono solo un modesto palliativo al problema ben più grosso e grave. Per questo diciamo che la Magistratura deve essere assolutamente preservata da “contaminazioni delittuose”, prevedendo una maggiore prevenzione e l’aggravamento delle pene comminabili, e anche da “contaminazione politiche”, impedendo il divieto di assumere cariche politiche prima, durante e dopo la funzione giudiziaria e viceversa. Cioè che non possa fare il magistrato chi si è candidato con qualsiasi partito. La Costituzione prevede l’incandidabilità dei ministri di culto? La legge stabilisca anche l’incandidabilità dei magistrati.
da montenovonostro |