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Home Comunità montenovonostro Senigallia: Massimo Bello contro l'operazione "Barbarossa"
Senigallia: Massimo Bello contro l'operazione "Barbarossa" PDF Stampa E-mail
Giovedì 30 Novembre 2017 17:10

Senigallia Massimo Bello contro l operazione BarbarossaAttraverso il suo profilo facebook ci scrive l'ex sindaco di Ostra Vetere Massimo Bello: “Salto di qualità o salto nel buio? L'interrogativo esorta, senza alcun dubbio, a rispondere, indicando la seconda opzione: decisamente un salto nel buio.” La decisione di istituire una #Unione dei #Comuni tra Senigallia, Barbara, Ostra, Ostra Vetere, Serra de' Conti, Arcevia e Trecastelli è arrivata come una 'doccia fredda', all'improvviso, senza alcun preavviso e senza alcuna ponderazione e valutazione, in particolare dei costi/benefici dell’intera ‘Operazione Barbarossa’. Tra l’altro una Unione non necessaria, non imposta da alcun provvedimento normativo, ma soprattutto non utile al nostro territorio e neppure, a questo punto, ai Comuni, che supinamente sembrerebbero aver accettato la proposta ‘infausta’ di Senigallia. A ridosso della fine dell’anno, c’è insomma una corsa inspiegabile a chiudere questa ‘manovra di accerchiamento’ di Senigallia alle Valli del Misa e del Nevola. A ridosso di elezioni importanti (nazionali e comunali) Mangialardi e il PD tirano fuori dal loro cilindro l’ennesima ‘forzatura’ che questa volta – in mancanza di referendum approvativi – potrebbe probabilmente pure andare a buon fine. L’operazione ‘Barbarossa’ – mi piace chiamarla così – riguarda un ‘innesto innaturale’ tra Senigallia e sei Comuni del comprensorio (tranne Corinaldo e Castelleone di Suasa). Un ‘innesto insolito e contro natura’, i cui effetti nocivi saranno pagati esclusivamente dai sei piccoli Comuni vallivi, mentre Senigallia ne subirà positivamente quei pochi benefici, di cui necessita però per risollevarsi in termini istituzionali, amministrativi, gestionali, politico-partitici e di egemonia a scapito – lasciatemelo scrivere – di realtà comunali (Barbara, Ostra, Ostra Vetere, Serra de' Conti, Arcevia e Trecastelli), che avrebbero avuto (e tuttora le hanno) le qualità e le potenzialità – insieme a Corinaldo e Castelleone di Suasa - per acquisire un ruolo importante e strategico in ambito regionale e nazionale. Invece, la loro ‘essenza’ e le loro ‘energie’ saranno ‘vampirizzate’ da una città, Senigallia, al collasso. Sarebbe stato più logico, semmai, plasmare una ‘Unione’ tra i Comuni del comprensorio, eccetto Senigallia. Oppure, sarebbe stato più naturale, semmai, invece dell’Unione, valersi di altri ‘strumenti normativi’, più efficaci e più snelli che l’ordinamento degli enti locali e la prassi amministrativa mettono ancora a disposizione per forgiare progettualità ed innovazione nei servizi e nella gestione associata delle funzioni degli enti locali piuttosto che ‘partorire’ una Unione dei Comuni, la cui nascita in verità avrebbe tre mere motivazioni di fondo, due di carattere politico ed una di carattere squisitamente economico-gestionale di ‘basso profilo’: 1) riguardo alla prima motivazione, questa nuova Unione, di fatto, rafforzerebbe solo l’egemonia politico-amministrativa del PD e di certa sinistra, da Arcevia a Senigallia, consolidando un ‘filo rosso relazionale’, che ‘ammassa e annulla’ ogni ‘salto in avanti’ di qualsiasi primo cittadino non ancora del tutto allineato, il quale si ritroverebbe ad avere ‘mani e piedi legati’, e allo stesso tempo permetterebbe probabilmente a qualche ‘primo cittadino’, magari incapace ad amministrare da solo, a ‘delegare’ l’Unione quale sostituto dei propri ‘affari comunali’; 2) riguardo, invece, alla seconda motivazione, questa Unione, di fatto, ‘autorizzerebbe’ a gestire meglio il famigerato e odiato ‘patto di stabilità’, che da anni ‘blocca’ risorse economiche ed ingessa i bilanci dei Comuni (pensate per un istante al voluminoso bilancio di Senigallia); la nascita, perciò, di un nuovo Ente sovraordinato e con personalità giuridica (l’Unione dei Comuni, appunto), e il conseguente trasferimento della titolarità di servizi importanti (unitamente al trasferimento dei relativi capitoli di spesa) dai singoli Comuni aderenti alla ‘neonata struttura contabile dell’Unione’, porterebbe di fatto ad ‘alleggerire’ i ‘saldi’ del ‘patto di stabilità’ dei singoli Comuni (in particolare quelli del bilancio senigalliese) e ad avere così una gestione più ‘fluida e flessibile’ della contabilità generale di ogni singolo ente (in particolare di Senigallia) e dell’Unione stessa, magari risolvendo problemi di natura gestionale, nonché di equilibri finanziari e di bilancio; 3) da ultimo, ma non certo meno importante delle altre due motivazioni, l’inaccettabile ‘prevaricazione’ di Senigallia nei confronti dei Comuni del territorio vallivo, che vedrebbe ‘ridotta’ la ‘capacità decisionale e di effettiva autonomia’ dei sei Comuni aderenti, portandoli ad essere alla mercé totale del ‘Signore della Spiaggia di Velluto’. Solo quanto sopra evidenziato basterebbe per comprendere meglio le ‘vere ragioni’ che abbiano mosso Senigallia e Mangialardi, ad ‘imporre’ questo ‘esecrabile e nefando’ progetto ai piccoli Comuni di Barbara, Ostra, Ostra Vetere, Serra de' Conti, Arcevia e Trecastelli. Rimane il fatto, ad onor del vero sconcertante, che i sei Comuni abbiano ‘ubbidito’ senza ‘batter ciglio’, senza alcuna critica e senza alcun commento, serrando al contrario le fila e rimanendo compatti dietro il loro ‘condottiero maximo’ Mangialardi. Addirittura, in pochissime ore, abbiamo assistito alla nascita del ‘logo’ e del ‘nomen’ della nuova Unione ancor prima che nascesse ufficialmente negli atti, e senza nemmeno dare ai sette Consigli Comunali il diritto ed il tempo, magari facendo finta, di proporre un nome e di digerire l’Operazione Barbarossa di Mangialardi e del PD. Comunque sia, la ‘compravendita’ del principio di autonomia dei sei piccoli Comuni delle Valli del Misa e del Nevola si è amaramente consumata senza che alcuno avesse riflettuto seriamente su questa ‘operazione’, e senza che nessuno si fosse alzato in piedi a gridare l’assurdità di questa manovra, che non è altro che un’operazione di facciata e di propaganda. Questo ‘matrimonio non s’ha da fare’! Non c’è alcuna ragione seria e concreta per celebrarlo. Non mi aspetto, ovviamente, che il Consiglio Comunale di Senigallia respinga questa ‘aberrazione politica ed istituzionale’, vista anche la poca capacità dell’Assemblea consiliare di assimilare il sapore della parola ‘libertà’ e la poca elasticità democratica al suo interno, ma che almeno i Consigli Comunali dei sei enti coinvolti abbiano il coraggio di ribellarsi e di fermare la loro ‘morte civile’! Qui non si tratta dell'Unione tra due, tre, quattro, cinque, sei o sette Comuni di piccole dimensioni, uniti da tratti caratteristici simili e da esigenze condivise e davvero sentite dalle loro comunità; qui si tratta di una Unione tra un Comune di medie dimensioni, strutturato in un determinato modo, e una serie di piccoli Enti, le cui dimensioni, storia e organizzazione amministrativa hanno avuto e hanno tuttora una dinamica diversa, e di polo opposta, rispetto a quella di una città come Senigallia, che semmai potrebbe fare Unione, ad esempio, con Falconara, Ancona e Jesi. Da una parte, quindi, una città, di nome e di fatto, che negli ultimi trent'anni almeno è stata sempre indicata in provvedimenti legislativi e sublegislativi quale ente 'capofila' di un comprensorio o di un'area territoriale vasta - grazie naturalmente alle sue naturali dimensioni, e come Senigallia tante altre città simili hanno svolto lo stesso ruolo - con cui spesso il nostro ordinamento giuridico ha usato e usa tuttora ‘appellare’ determinati Enti di quella grandezza.  Dall'altra, sei piccoli Comuni (tranne Corinaldo e Castelleone di Suasa, ma questa è tutt’altra storia), che finiscono per essere le 'ultime ruote del carro' di una 'strategia', che nulla ha a che vedere con la razionalizzazione dei costi ed il miglioramento dei servizi, ma che risponde, al contrario, più ad una logica politica e di partito, in questo caso quella del PD, e soprattutto alla volontà, di sempre, da parte di Senigallia di 'egemonizzare, controllare e sottomettere' il territorio del comprensorio vallivo. E, a quanto pare, questa volta, sembrerebbe esserci riuscita. Dopotutto, è bastato poco; Senigallia ha trovato terreno fertile intorno alle proprie mura cittadine, cioè ha trovato Amministrazioni comunali (Ostra, Ostra Vetere, Barbara, Serra de’ Conti, Trescastelli) ‘consenzienti, condiscendenti e remissive’, che si sono letteralmente ‘spogliate’ della loro autonomia e della loro libertà; pronte a piegarsi e a sostenere il ‘Signore della Spiaggia di Velluto’ e a diventare – in questo vero e proprio rapporto di vassallaggio – uno ‘strumento di facilitazione’ della città capofila, della sua attuale Amministrazione e dei suoi obiettivi più nascosti e non dati di conoscere. Niente ‘fusione’, quindi, niente ‘fusione per incorporazione’, ma solo ‘unione’, nella quale il nomen di ogni singolo Comune, per carità, è rimasto per fortuna lo stesso, ma la struttura organizzativa ed operativa di ogni singolo Ente muterà pesantemente a beneficio di Senigallia e a beneficio del nuovo Ente. A fronte di qualche risicato e simbolico ‘finanziamento aggiuntivo’ che, grazie a questo ‘matrimonio innaturale’ tra Comuni, potrebbe arrivare dallo Stato e dalla Regione (un finanziamento che non è mai proporzionato all’effettività della nuova struttura, considerando anche le condizioni precarie della finanza pubblica), il nuovo Ente sarà anzitutto ‘sovraordinato’ agli enti che lo compongono e non avrà solo una propria autonomia statutaria, regolamentare, amministrativa, gestionale e organizzativa, dei propri organi di governo (Presidente, Giunta, Consiglio ed altro), una propria capacità giuridica e relazionale sia all’interno (a cominciare dai rapporti con i singoli enti che lo costituiscono) che all’esterno, ma avrà anche dei propri ‘costi aggiuntivi’ e ‘quote associative’ che ogni singolo Comune dovrà conferire alla neonata Unione. Castelleone di Suasa e Corinaldo, ho scritto, ne sono fuori. Hanno deciso di rimanerne fuori. Come mai? 1)In primo luogo, perché i due piccoli Comuni hanno già (da quasi vent’anni) una loro Unione, denominata ‘Misa-Nevola’ che – dopo un primo rodaggio - funziona ed è ‘omogenea’ alla loro dimensione strutturale, territoriale ed organizzativa; la loro Unione riguarda due Comuni dai confini adiacenti e i servizi ‘conferiti’ alla loro Unione hanno una dimensione consona ai presupposti per la quale è nata e si è sviluppata, producendo e sortendo effetti che ricadono sulle due comunità con modalità uniformi; 2)in secondo luogo, perché magari avrebbero preferito che questa nuova Unione fosse realizzata solamente tra i Comuni delle Valli del Misa e del Nevola, esclusa Senigallia, in modo da ottenere un nuovo ente, che potesse rappresentare un ‘contro-altare’ positivo, dialogante e costruttivo nei rapporti con l’egemonica Senigallia; tanto è che se la nuova Unione fosse nata senza Senigallia avrebbe rappresentato un ‘unicum’ di questo territorio comprensoriale; la popolazione dell’Unione valliva (senza il Comune capofila) sarebbe stata la stessa di quella del Comune di Senigallia; in questo modo, i piccoli Comuni del comprensorio avrebbero avuto uno ‘strumento’ davvero importante per sedersi attorno ad un tavolo con la città di Senigallia a ‘pari condizioni e a pari dignità’, magari progettando lo stesso iniziative condivise e di ampio respiro tramite ‘accordi di programma’ o ‘convenzioni’. Ecco, forse, cosa avrebbero voluto Corinaldo e Castelleone di Suasa! Infine, permettetemi una digressione sulla proposta di deliberazione e sugli atti allegati relativi a questa Unione, che il Consiglio Comunale di Senigallia, il primo, affronterà nella seduta di domani 30 novembre. Basterebbe leggerli per capire che l’intera questione è la manifestazione di ‘un inganno politico-istituzionale’ ai danni dei cittadini, soprattutto per coloro che risiedono nei Comuni delle Valli del Misa e del Nevola. Cominciamo con lo ‘Studio di Fattibilità’, che altro non è che un ‘copia-incolla’ di notizie che possono individuarsi ovunque, anche in internet, ed è confezionato in modo tale che – cambiando i nomi dei Comuni – può andar bene ‘per tutte le stagioni’ e per qualsiasi ente locale italiano. Il documento, impropriamente definito ‘studio di fattibilità’, non esprime alcuna ragione tangibile, puntuale e presupposta in termini concreti – con riferimento soprattutto ad ogni singolo Comune – per le quali si debba acconsentire a tale ‘operazione’ di ‘basso profilo istituzionale’. Lo ‘studio di fattibilità’, inoltre, non contiene alcuna disamina prospettica, numerica e previsionale dei valori economici proiettati di qui a tre/cinque anni per permettere un esame degli impatti di sistema; non vi è alcuna percezione reale di una disamina dei valori economico-finanziari della contabilità dei singoli enti che con la nuova Unione assumono, di fatto e di diritto, una ‘fisionomia’ diversa con influenze diverse su ogni singolo Comune aderente alla nuova Unione. Non vi è alcun riferimento allo sviluppo della struttura organizzativa del nuovo Ente per quel che attiene la ‘gestione del personale’ da conferire unitamente ai servizi in capo alla nuova Unione, e non vi è traccia di un’analisi dettagliata di quanto tutto ciò significhi in termini di ‘costi aggiuntivi’ per i singoli Comuni aderenti. Sempre nello ‘studio di fattibilità’, non compaiono proiezioni attinenti alla gestione e alla strutturazione dei singoli servizi conferiti alla nuova Unione. In poche parole, non vi è chiarezza su nulla. Lo ‘studio di fattibilità’ non dà alcuna sicurezza e nessun ‘parametro valutativo’ in grado di rappresentare la bontà dell’operazione , ma soprattutto non supporta in senso positivo le ragioni della nascita di questa Unione dei Comuni. Riguardo, invece, allo Statuto della nuova Unione dei Comuni, è chiaro che esso, leggendolo, rappresenti un cosiddetto ‘statuto-tipo’ e la ‘scatola’, con la quale è decretato lo ‘svuotamento’ dei piccoli Comuni aderenti ed il rafforzamento del ruolo egemone della Città di Senigallia. Il Comune ‘capofila’ del comprensorio rappresenta ovviamente la parte più forte di tutta l’Unione e ciò gli permette di ‘pilotare’ ogni decisione politica a scapito naturalmente dei sei Comuni più piccoli. Senigallia è la ‘padrona di casa’ e Barbara, Ostra, Ostra Vetere, Serra de' Conti, Arcevia e Trecastelli sono i ‘servi devoti ed ossequienti’, sena più alcuna dignità e parità di grado istituzionale. La nuova Unione, da ultimo, non è altro che un ‘pasticcio’ politico-istituzionale di cui gode i vantaggi solamente l’Amministrazione Mangialardi, mentre gli altri Comuni aderenti vedono limitarsi ancor di più la propria capacità decisoria e soprattutto la propria autonomia libertà, a meno che qualcuno di essi non sia d’accordo a delegare di fatto tutto a Senigallia, opponendosi con forza e determinazione. Una cosa è certa. Il ‘dado è tratto’, però Corinaldo e Castelleone di Suasa hanno detto ‘no’; cioè, un pezzo importante e significativo, nonché attivissimo, del comprensorio ha detto ‘no’, utilizzando altri strumenti per collegarsi ai servizi della nuova Unione, servizi già condivisi ai tempi del Cogesco. Ma quando a un ‘corpo’ togli una gamba o un braccio, è chiaro che l’integrità fisica di quel corpo subisca alcuni effetti negativi importanti. Già questo dovrebbe far riflettere non solo il Consiglio Comunale di Senigallia, ma anche tutti i Consigli comunali degli enti aderenti alla nuova Unione. Ricordo, e mi avvio davvero a conclusione di questa lunga disamina del tutto personale, che da Sindaco di Ostra Vetere, nel 2005, ad un anno dalla mia elezione, ebbi l’opportunità di far parte dell’Unione dei Comuni ‘Misa-Nevola’ costituita da Corinaldo, Barbara e Castelleone di Suasa. L’Unione, nata qualche anno prima (e ancora in vita), mi convinse, da poco eletto, ad entrare in questo ente per uscirne solo dopo due anni circa di permanenza. Non nascondo che, allora, l’Unione fu per Ostra Vetere una decisione e un’esperienza negativa, soprattutto riguardo ai ‘costi’, che pesarono tantissimo sul bilancio del Comune, tra l’altro con pochi benefici. Probabilmente, in quel contesto, la giovane Unione non sortì gli effetti desiderati dal Comune che rappresentavo, ma è ovvio che oggi rispetto a quel periodo, con l’esperienza acquisita e maturata, affronterei la vicenda in modo completamente diverso. Massimo Bello". Rispondiamo subito: la lunga e articolata disamina di Bello ci appare in larga misura condivisibile. Soprattutto a noi di "montenovonostro" che proprio per difendere l'Autonomia comunale abbiamo chiaramente indicato nel nostro simbolo i tre pilastri fondamentali del nostro pensiero politico-amministrativo: Libertà, Autonomia, Giustizia. E abbiamo posto al centro di questi tre pilastri ideologici proprio l'Autonomia, cioè la libera potestà di disporre da soli del nostro avvenire istituzionale, senza condizionamenti esterni e senza intollerabili "invasioni". E proprio per questo motivo avevamo organizzato (cosa che non si faceva più da tantissimi anni) un comizio per illustrare alla nostra popolazione tutta la nostra avversione a ogni ipotesi di "fusione" che avrebbe ridotto Montenovo a misera frazione altrui. Ci è costata cara, quella iniziativa, perchè l'amministrazione comunale che purtroppo abbiamo ha immediatamente adottato contromisure: sarebbe stato troppo pericoloso lasciare libero "montenovonostro" di parlare liberamente di Libertà in piazza della Libertà e appena sette giorni dopo ha deliberato l'introduzione di un onere insopportabile che è scattato subito dopo il secondo comizio che abbiamo organizzato per difendere la Libertà Costituzionale in occasione del referendum dello scorso 4 dicembre. E così, subito dopo quello (non prima) ci ha presentato il conto salato: se volevamo parlare ancora dovevamo pargare la "jizya" (tassa da saraceni mussulmani) di ben 604,00 euro. Avendo già tenuto il primo comizio (capito perchè ce l'hanno detto dopo e non prima?) abbiamo dovuto pagare pro quota, ma alla condizione del "solve et repete", cioè richiedendo indietro i soldi che ci avevano imposto di pagare ingiustamente. Non solo non ce li hanno restituiti, ma non ci hanno nemmeno riposto alle nostre richieste, alla faccia di ogni diritto. Eppure abbiamo continuato a parlare di Libertà, andandolo a fare a Senigallia, visto che non potevamo più farlo a Montenovo, dove l'amministrazione comunale senigalliese ha messo a disposizione la Sala San Rocco per una conferenza pubblica senza farci pagare una lira (a proposito, quanto ha fatto pagare a Bello l'amministrazione comunale di Senigallia quando nei giorni scorsi lui ha utilizzato la Sala della Giunta senigalliese per una conferenza stampa? Siamo curiosi di saperlo per poter fare il raffronto con quello che ha combinato la nostra amministrazione comunale (e "nostra" si fa ovviamente tanto per dire) a carico nostro). Ma abbiamo continuato a parlare e soprattutto a scrivere più e più volte in difesa dell'Autonomia Municipale, così  come di Libertà e di Giustizia. In questo ci differenziamo da loro: è da anni che diciamo le stesse cose e siamo ben felici che ora sviluppi gli stessi argomenti anche l'ex sindaco Massimo Bello. Certo non abbiamo condizione preconcette e su un argomento tanto importante come l'Unione dei Comuni ("unione", non "fusione", che sarebbe cosa ancora peggiore e assolutamente intollerabile). Per questo scriveremo al sindaco, non solo per chiedergli perchè ha aderito alla proposta di "Unione" senza sentire nessuno, senza informare nessuno, senza nemmeno convocare una apposita, approfondita discussione preventiva in Consiglio Comunale che noi di "montenovonostro" continuiamo a considerare organo sovrano della potestà di autodeterminazione della nostra comunità locale mentre viene progressivamente svuotato di funzioni dalla incondivisibile prassi politica di questa amministrazione comunale che purtroppo abbiamo. E gli chiederemo, soprattutto, quali sono, secondo lui, i vantaggi e soprattutto gli svantaggio che dobbiamo attenderci da questa improvvida iniziativa. Sappiamo bene che nemmeno ci risponderà, come fa normalmente. Ma troveremo il modo per costringerlo a darci una risposta istituzionale. A noi che, l'abbiamo detto tante volte, coltiviamo la memoria delle glorie autonomistiche municipali fin dal Medioevo, dall'epoca ormai lontana, ma sempre presente nei nostri pensieri, di quando l'eroico sindaco Bruno e gli altri 58 nostri eroici compaesani fra il 1240 e il 1252 si opposero con tutte le loro forze alle pretese dello scomunicato imperatore ghibellino Federico II che aveva invaso con le sue milizie teutoniche e saracene mussulmane la nostra Vallata del Misa e del Nevola. Come egregiamente illustra l'allegata antichissima pergamena miniata che mostra il libero castello circondato dalla trincea palizzata degli invasori assedianti, mentre i prodi cavalieri scudocrociati escono coraggiosamente in cavalcata dal castello comunale per assaltare e sconfiggere le truppe teutoniche e saracene, costrette ad arretrare e fuggire sul retro, ripiegando le insegne con l'aquila imperiale. Siamo orgogliosi di questa immagine e la riproponiamo anche adesso che, anzichè dover resistere contro le forze di invasione del nipote del "Barbarossa" Federico I di ottocento anni fa, ci troveremo a dover combattere nuovamente contro altri "Barbarossa" contemporanei non meno pericolosi per la nostra Autonomia Municipale, così come ce li descrive, mentre lo incoraggiamo a lottare con noi anche lui da Senigallia, Massimo Bello contro l'operazione "Barbarossa".

 

da montenovonostro

 

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