Il 7 gennaio 2013 prendeva inizio la pagina più brutta della storia montenovese. Quattro assessori comunali e tre viceassessori avevano improvvisamente e immotivatamente rassegnato le dimissioni, seguiti a ruota da altri cinque consiglieri di minoranza che hanno provocato il commissariamento del libero Comune di Ostra Vetere. Non era mai accaduto in settanta anni di vita democratica. E’ la più brutta pagina di storia paesana, una pagina che rimarrà negli annali della memoria collettiva come “Anno Nero 2013”, in cui è stato toccato il
fondo più basso del senso comune, in sprezzo a ogni dovere civico e di rispetto per quell’autonomia locale che generazioni e generazioni di amministratori comunali hanno garantito per secoli, a partire dalla nascita del libero Comune di Montenovo, novecento anni fa. Nessuna attenuante può essere concessa a chi ha mancato alla parola data di bene e fedelmente amministrare la cosa pubblica e che è invece scappato a gambe levate dalle proprie responsabilità, sottoponendo il paese all’umiliazione di dover essere affidato in gestione a un commissario straordinario estraneo, mandato da fuori ad assicurare l’ordinaria gestione del Comune abbandonato da chi ha tradito lo spirito più vero dell’autonomia comunale: quello di amministrarsi da soli dopo aver scelto come amministratori i cittadini “migliori”, i più capaci di lavorare per tutti, a favore di tutti. E invece in dodici, di destra e di sinistra, che evidentemente non possono definirsi i “migliori”, hanno buttato per aria l’amministrazione comunale liberamente eletta dai compaesani che gliel’avevano consegnata fiduciosamente, dopo che avevano ardito candidarsi ad amministrarla e invece l’hanno scaraventata nelle mani di un estraneo. Non può esserci fatto più grave per il senso dell’onore civico, né sarebbe rimasto impunito nei secoli passati come, purtroppo, rimarrà oggi, salvo il senso di smarrimento e di vergogna che è stato imposto ingiustamente al paese. Ogni comunità locale onora la memoria dei saggi amministratori che nei secoli hanno promosso la prosperità della comunità locale. In molti, piccoli e grandi Comuni, viene conservato in pubblico l’elenco degli amministratori comunali benemeriti. Anche la libera Repubblica di Venezia, la Serenissima, conserva nella grande Sala dei Cinquecento nel Palazzo Dogale i ritratti dei dogi che hanno guidato nei secoli la repubblica marinara più nota e potente al mondo. Ci sono tutti i loro ritratti, tutti meno uno. Uno ne manca, coperto da un drappo nero che maschera la faccia dell’unico doge macchiato del più alto crimine civile di “traditore della patria”, Marin Faliero. Il suo volto non c’è, è stato coperto. Però c’è il nome su quel drappo: “Hic est locus Marini Faletri decapitati pro criminibus”. Il volto, la testa non c’è più, perché la Serenissima Repubblica gliela aveva fatta tagliare dopo essere stata vergognosamente tradita dal primo ma non il migliore, anzi il peggiore dei suoi amministratori. Storie tenebrose del passato che non deve più tornare. Ma rimane il monito imperituro: a nessuno è lecito tradire la patria. O il suo nome esecrato rimane a memoria del popolo che non dimentica, nemmeno a distanza di secoli.
da montenovonostro |