Dall’Italia: Il vittimista Di Maio denigra i denigratori del referendum-tagliademocrazia? |
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Giovedì 20 Agosto 2020 17:01 |
Che brutta piega ha preso ormai da anni, molti anni, troppi anni, il confronto politico. Noi figli della cosiddetta Prima Repubblica, siamo ancora convinti che la politica deve essere "servizio" e non certo "prevaricazione". E un sano concetto di "servizio" in politica è quello di avere rispetto per le idee degli avversari, pur cercando di far prevalere le proprie. Ma una competizione paritaria e rispettosa delle idee degli altri necessita dell'applicazione di almeno un principio cardine: si possono criticare le idee degli avversari, ma non insultare gli avversari. Le idee sbagliate possono essere combattute, non le persone che le professano, salvo il caso di rilevanza penale. Ma bisogna fare molta attenzione a non scambiare per rilevanza penale la sola e legittima disparità di vedute. Solo le dittature perseguitano quelli che si ostinano a nutrire idee diverse da chi "comanda" al momento. La storia infatti insegna che tutte le dittature, prima o poi, sono destinate a crollare. Purtroppo dopo aver provocato danni e
persecuzioni. Perseguitare gli avversari è infatti l'arma dei prepotenti e dei tiranni, denigrare è l'arma dei cattivi d'animo. Non è vero quel che affermava non tanto tempo fa qualcuno, mai domo di perfidie, e secondo il quale in politica "il fine giustifica i mezzi". Non è vero che è così. Non così lapidariamente, perchè deve essere ben chiaro a tutti che il fine deve essere un fine lecito, e i mezzi devono essere altrettanto leciti, in modo che la definizione giusta diventi "il fine giusto giustifica mezzi giusti" e non invece che, macchiavellicamente, "qualunque fine giustifica qualunque mezzo". Ci vuole rispetto per gli avversari, che non devono assolutamente essere perseguitati per le idee che professano, come è successo e succede troppo spesso. Insistere su questi concetti non solo è giusto, ma necessario, particolarmente quando si deve rilevare che nella prassi quotidiana ormai si fa tutt'altro. Prendiamo un esempio illuminante. L'ex capo del Movimento 5 Stelle, il ministro degli esteri onorevole Luigi Di Maio, commentanto oggi sul suo profilo Facebook la vicenda del prossimo referendum consultivo del 20 e 21 settembre sul taglio dei parlamentari, ha dichiarato bruscamente che "Il taglio dei parlamentari è alle porte ed è già iniziata la corsa per denigrare questa riforma. Vi stanno dicendo che è una cosa sbagliata e che stiamo tagliando la democrazia". Ecco, ha usato proprio la dizione: "denigrare". Cioè, ritiene che coloro che non la pensano come lui a proposito del taglio dei parlamentari stiano solo denigrando. Cioè ancora, chi non la pensa come lui è solo un denigratore. Facciamo sommessamente osservare che denigrare una persona integra il reato di diffamazione, perseguito a norma di legge. Ma evidentemente non passa per la testa del ministro Di Maio che, anche se lui è schierato per il SI al referendum, ci possa essere anche chi invece sostiene legittimamente l'idea di votare NO e che non stia per questo "denigrando" affatto, ma stia solo esercitando un diritto politico costituzionalmente protetto. Perchè l'essenza della democrazia è confronto fra idee e non la penalizzazione di una di esse. E se chi non la pensa come lui e volesse votare NO non avrebbe allora diritto di ritenere lui denigratore perchè vuole votare SI? Tollererebbe Di Maio questo rovesciamento di valutazione? E che farebbe allora? Userebbe il suo potere per mandare a giudizio chi si ostina a pensare liberamente, diversamente da come lui vorrebbe? Cioè, pensa che sia giusto quel che è scritto in recenti manifesti con la sua faccia che affermano: "Pensa come vuoi, ma pensa come noi"?. E se c'è chi non si piega a questa logica, che fa? O meglio, che cosa gli fa? Arriveremmo così all'assurdo che il vittimista Di Maio denigra i denigratori del referendum-tagliademocrazia?
da Scelta Popolare
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