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Home Comunità Scelta Popolare Da Bologna: Discussione sulla Nota "Il Governo del Presidente"
Da Bologna: Discussione sulla Nota "Il Governo del Presidente" PDF Stampa E-mail
Mercoledì 17 Febbraio 2021 10:34

Da Bologna: Discussione sulla Nota Dall'Istituto De Gasperi di Bologna riceviamo il seguente comunicato a proposito della Discussione sulla Nota "Il Governo del Presidente". Come Circolo di Scelta Popolare, sottoponiamo ai lettori l'articolata discussione che si è sviluppata a seguito della crisi politica attuale, nella convincione che sia utile a illuminare i tanti aspetti di una grave crisi politica che certamente avrà ripercussioni futuri nella vita della società e delle sue istituzioni. Trasmettiamo i commenti alla Nota di Domenico Cella sul "Governo del Presidente " (della Repubblica). Ringraziamo tutti i partecipanti alla discussione per il pronto riscontro. "Giulia Landriscina: Sono d'accordo ad aprire un dibattito sull'argomento e concordo pienamente sulle considerazioni personali espresse. E' gravissimo quello che sta succedendo. Grazie per la condivisione della riflessione. Adriano Verlato: Si è spesso parlato con amici di questo problema e, come sempre, ne sono nate discussioni a non finire. Questo è in estrema sintesi il mio pensiero. E' vero che, da questa operazione i partiti ne escono un po' malconci, ma lo è altrettanto che la situazione è così delicata che non vedo come le elezioni potrebbero risolverla. A parte la campagna elettorale con le sue fruste liturgie che avrebbe interrotto tutte le cose che dobbiamo fare in relazione alla pandemia e al piano per il recovery fund, i tempi per la formazione di un nuovo Governo, c'è una assoluta non garanzia che la persona che ne uscirebbe come Primo Ministro, avesse le qualità per fare tutto quello che, voi sapete meglio di me, essere necessario. Insomma, ritengo che, in caso di pericolo incombente, anche la Costituzione possa, temporaneamente, essere non seguita alla lettera. Infine, credo che questa coabitazione forzata tra soggetti tanto diversi, possa aiutare gli elettori a capire tante cose che, forse, sarebbero sfuggite. Grazie per l'ospitalità. Gianfranco Pasquino: Caro Presidente, condivido le tue preoccupazioni, ma giornaloni fastidiosi, commentatori asserviti, politici ipocriti rendono praticamente impossibile qualsiasi discussione su quello che è avvenuto. Criticare? pregare, forse?. Salvatore Mancuso: Anche io mi sono sorpreso. Mattarella, al suo insediamento, aveva detto che avrebbe fatto l'arbitro. E lo ha fatto. Fino ad un istante prima della nomina di Draghi. Il suo discorso a supporto della nomina di Draghi contiene le motivazioni e le ragioni che lo hanno indotto a lasciare la veste di arbitro e indossare quella del decisore. Sono motivazioni e ragioni che segnano, dal mio punto di vista, il passaggio dalla situazione di "grave emergenza" nazionale allo "stato d'eccezione". Non formalmente ma attraverso una sospensione di fatto delle norme giuridiche, nel senso in cui ne parla Giorgio Agamben nel suo libro "STATO D'ECCEZIONE" (Ed. Bollati Boringhieri, 2003). Da qui nasce il cosiddetto "Governo del Presidente". Giuridicamente insostenibile, ma politicamente accettato da tutti i partiti, come possibile soluzione del problema determinatosi con la mancanza di una maggioranza al Governo Conte. Tale soluzione consente, secondo Mattarella, di non dover ricorrere ad elezioni anticipate, senza negarne l'esercizio a tempo debito, superata la eccezionalità dello stato in cui si trova l'Italia. Grazie della possibilità datami di esprimere il mio punto di vista su un tema di grande importanza e di scottante attualità, in una sede altamente qualificata come questa. Questo mio stesso punto di vista, peraltro, ho già avuto modo di renderlo pubblico attraverso FB nei giorni scorsi, in più occasioni. Alessandra Servidori: Caro Presidente, la tua iniziativa è molto interessante perché finalmente apre una discussione su ciò che sta accadendo ad un popolo troppo remissivo e al limite dell’accondiscendenza totale agli eventi indotti. Vero è che un rimpasto per realizzare un Conte-ter avrebbe avuto poca trasparenza come soluzione. Un Conte-ter con un gruppo di cui abbiamo letto avrebbe tradito la riforma secondo la quale ci dovrebbe essere una corrispondenza fra partiti politici che si presentano al popolo e gruppi parlamentari. Non esistono Governi tecnici, di fatto sono tutti politici ovviamente. Draghi molto più politico di tanti politici di carriera. La crisi delle Istituzioni non è una fragilità della nostra democrazia. In un certo senso questa scelta del Presidente della Repubblica di mettersi nelle mani di una persona con l’esperienza e le competenze di Draghi è una prova di forza della nostra democrazia perché si ricorre ad una persona che ha una grandissima esperienza in tutti i tipi di istituzioni. Draghi gode della fiducia dei mercati, di cui abbiamo enorme bisogno, avendo un pesante debito pubblico Non esistono Governi tecnici, né il Governo Draghi lo sarà, come non lo sono stati i Governi Ciampi, Dini e Monti. I Governi sono regolati dalla Costituzione che li configuracome organi politico-costituzionali. La loro natura non cambia in relazione ai componenti che fanno parte della compagine governativa. Comunque, quelli che sono preoccupati dei “tecnici” al Governo dovrebbero ricordare che Conte era un tecnico, che nel Governo Conte-1, come nel successivo governo Conte-2, vi era un gran numero di tecnici quali Ministri (se non ricordo male, sette Ministri tecnici nel primo Governo e altrettanti nel secondo). Piuttosto ora ci sono emergenze enormi, e prima di tutte la pandemia. Non aver capito che bisognava seguire la Costituzione, secondo la quale la profilassi internazionale spetta allo Stato (di qui tutti i conflitti con le regioni). Basta con il continuo ricorso a decreti legge e a decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, in modo tanto disordinato da creare confusione. L’imprevidenza nella programmazione della vaccinazione di massa, che avrebbe dovuto essere affrontata molto prima. Rimediare all’esclusiva attenzione posta ai ristori, senza curarsi degli investimenti. Il continuo accentrare a Palazzo Chigi ogni decisione, che ha portato a un blocco dei processi di decisione. Il piano di ripresa ha linee direttrici che sono state fissate in sede europea. Bisogna soltanto darne una interpretazione italiana. Deve farlo un Governo che abbia una linea politica, per non rimanere prigioniero di negoziazioni e mediazioni. I problemi sono chiari. Poi c’è la giustizia e i tempi dei giudizi, l’operato delle Procure, l’organizzazione e il funzionamento del Ministero, un nuovo ordinamento del Consiglio Superiore della Magistratura. Se Draghi non dovesse riuscire, la soluzione teoricamente sarebbe quella di fare un altro tentativo, con una persona diversa e una compagine diversa. Ma di questo si può discutere soltanto quando si sarà chiusa questa fase. Gianfranco Gualdrini: Rispondo alla sollecitazione di Domenico Cella. Non ritengo che il consenso al nascente (?!) Governo Draghi sia osannante. Penso che sia stata una scelta in molti casi subita e spesso rivenduta come entusiastica spesso per opportunismo. I risvolti politici della scelta potranno anche essere piuttosto devastanti. In primis ne soffrirà enormemente il rapporto PD 5S LEU. In questo almeno Renzi ha ottenuto uno scopo importante che appaga il suo ego. Non sono sicuro che la continuazione del precedente Governo, pur con molte criticità, non avrebbe potuto ottenere analoghi risultati di ciò che ora ci si attende, risultati su pochi obiettivi visto che il sostegno si basa su quasi tutti i partiti concordi su quasi nulla. Ma, come ben si è visto, il Governo è caduto per un continuo innalzamento della posta da parte di Italia Viva. Buffo perché nei primi giorni di crisi Rosato (IV) ha dichiarato che sarebbe bastata una discussione di 2 h per risolvere tutto (!). I mercati ora festeggiano per la serietà di Draghi e nel frattempo i 5S cercano una moral suasion per convincere al SI' la piattaforma Rousseau (democrazia diretta digitale "random"). PD incolore e costretto a fare sempre il bravo. Accederemo al ricovery ma la vedo dura per un recupero della politica che è l'unico strumento, in senso alto, per garantire che la democrazia ridiventi UN VALORE VITALE. Carlo Pantaleo: Come non condividere, ma cosa possiamo proporre affinché fra dieci anni non ci ritroviamo ancora una volta nella stessa situazione con partiti che semplicemente cambieranno la propria immagine visto che ancora una volta hanno delegato? Stefano Cella: Già... il mio valore sul mercato politico è ancora più modesto e coincide con il mio voto, o meglio il mio non voto. Allo stato delle cose l’auspicio è che, pur in un quadro di buio democratico, il Presidente incaricato riesca a mantenere le tante aspettative che la sua persona sta alimentando. Se il Governo Monti può in qualche modo rappresentare un precedente, non so se a preoccupare maggiormente debba essere il rischio di un successivo disfacimento del nostro sistema partitico, o al contrario un suo riproporsi, immutato nell’incapacità di guidare il nostro Paese in un percorso di progresso sociale ed economico. Con in più l’aggravante della riduzione del numero degli eletti e la conseguente riduzione delle probabilità che dalla roulette delle elezioni possano uscire nuovi “talenti”. Gli stessi che oggi, ciascuno scaricando la responsabilità sull’altro, si sono vigliaccamente liberati della responsabilità della rappresentanza, si riproporranno riverginati all’esaurirsi dell’esperienza del nuovo Governo. Si approprieranno di ciò che di buono sarà stato prodotto, salvo dilapidarlo immancabilmente, e prenderanno le distanze dagli inevitabili sacrifici che l’ottenimento del bene avrà comportato. Temo che nulla potrà cambiare e nemmeno disfarsi, fino a quando non si verificherà una rivoluzione del potere ad opera della politica locale, animata da un ritrovato ideale della responsabilità della rappresentanza. Poi magari vinceremo l’Europeo e andrà tutto bene. Luca Grasselli: Caro Domenico, non sono d'accordo. Con i migliori saluti. Mario Segni: Caro Cella, lei coglie un aspetto del mutamento politico e costituzionale del nostro sistema: la espansione dei poteri presidenziali. E' un dato costante. Naturalmente varia a seconda delle situazioni, della stabilità e forza del Governo in carica, delle caratteristiche del Presidente della Repubblica. Napolitano è stato probabilmente il più spinto, Mattarella per tendenza e cultura politica lo sarebbe assai meno. Ma adesso ha certo fatto una scelta determinante. E nella crisi post elezioni del 98 compì addirittura uno degli atti più discutibili del potere presidenziale, rifiutare la nomina di un ministro, il famoso caso Savona (Valerio Onida fu tra i tanti costituzionalisti che ritennero l'atto al di fuori dei suoi poteri). Ma se in un periodo così lungo la tendenza è costante al di là delle singole situazioni e persone vuol dire che risponde ad una esigenza profonda, che è quella di dare stabilità ed esprimere potere decisionale a un sistema che i cambiamenti sociali e la crisi dei partiti ha reso debole e in certi momenti impraticabile. Ma non c'è dubbio, e lei lo dice bene, che questo determina uno squilibrio: il Capo dello Stato, che nel sistema originario dovrebbe essere politicamente irresponsabile, assume invece la responsabilità politica maggiore nel sistema odierno: ma chi determina l'indirizzo politico deve essere eletto dal popolo, se non vogliamo violare i principi essenziali della regola democratica. Per questo io sono favorevole al presidenzialismo, e lo considero, nella situazione italiana di oggi, una delle poche via d'uscita, anche se conosco le enormi difficoltà per arrivarci. Se il sistema maggioritario, che riuscimmo a portare in Italia negli anni 90, non fosse stato distrutto, probabilmente non ci troveremmo in questa situazione. Lo considero un errore gravissimo ma ormai è fatto. Lei fa bene a porre questi problemi. Sono i veri nodi che abbiamo davanti e hanno bisogno di una lunga maturazione. Le mando i più cordiali saluti. Aldo Minghetti: Pregiatissimo Cella, condivido pienamente le tue riflessioni che sono ancora più cogenti con il voto di oggi dei 5stelle e si profila come si dice una maggioranza bulgara. Mi viene perfino da dire, meno male che c'è la pesciarola. Si fanno addirittura ipotesi di un Governo a termine per permettere l'elezione di Draghi a Presidente della Repubblica. Dobbiamo veramente coprirci gli occhi e girarci di 180°. Che tristezza. Grazie per la tua esternazione. Enrico Morganti: Caro Domenico i miei non pochi impegni (personali-familiari - sociali....) non mi consentono di corrispondere più spesso alle tue frequenti e stimolanti sollecitazioni.... oggi mi è possibile. Tu concludi dicendo "..... Temo soprattutto l’accelerazione del disfacimento del nostro sistema partitico ...." Ho tanti anni.... Ricordo gli ultimi lustri del secolo scorso.... il disfacimento era già iniziato... e i cittadini volevano 'forze nuove'... il sistema non ha saputo rinnovarsi ed è nata la Lega..... e a ruota Forza Italia... Nei primi lustri di questo secolo di nuovo la gente si aspettava un ammodernamento della classe dirigente partitica.... La mancata risposta ha dato spazio ai 5Stelle.... e che spazio!!!!!!!... Se non arrivava la pandemia, l'ennesima domanda di cambiamento - non corrisposta - stava per far nascere qualcosa di nuovo... le sardine... o altro. Conclusione.... ciò che succede ora è la vecchia foresta con radici lontane.... ma il futuro è del bosco ceduo... Stefano Ventura: Caro Domenico, ho letto con interesse le tue note. Mi pare che, se liberiamo il campo dal chiacchiericcio dei giornalisti e dei commentatori e guardiamo alla pura realtà dei fatti, troviamo che il Presidente della Repubblica ha seguito il dettato della legge e della prassi: ricevute le dimissioni del Presidente del Consiglio, esperite le consultazioni delle forze parlamentari e verificata l'impossibilità di conferire un nuovo incarico a Giuseppe Conte, ha incaricato un'altra persona di sua fiducia di tentare la formazione di un nuovo governo, sostenuto da una adeguata maggioranza parlamentare. Cosa si siano detti in privato i protagonisti di questa vicenda e cioè il Presidente della Repubblica e Mario Draghi non ha rilevanza sulle dinamiche costituzionali e rientra nella loro discrezionalità. Il fatto che prima di eventualmente sciogliere la riserva Draghi abbia voluto incontrare ripetutamente i gruppi parlamentari e poi anche esponenti del terzo settore mi pare pienamente in linea col rispetto della Costituzione che riconosce la centralità del Parlamento, ma valuta il contributo delle forze sociali organizzate allo sviluppo della vita repubblicana. Mi pare che la responsabilità di formare una maggioranza eventualmente disomogenea e fino al punto di simulare pur di non essere esclusi ricada sulle spalle dei gruppi parlamentari. Al Presidente della Repubblica potrà al più essere riconosciuta l'intuizione dell'esistenza di anomale larghe convergenze legate al prestigio del Presidente del Consiglio nuovo incaricato. La Costituzione non discetta sulle motivazioni che spingano i partiti rappresentati in Parlamento a sostenere congiuntamente un governo, dando vita pertanto a una maggioranza reale. Che tale maggioranza possa essere qualificata come politica, tecnica, falsa, disomogenea, di pura convenienza, generata dalla paura di perdere lo scranno o dalla paura del virus è argomento di discussioni e analisi, sulle quali non vedo come la Costituzione possa essere utilizzata come elemento dirimente. Lo sconcerto per quanto sta accadendo, a mio parere, senza tirare in ballo il rispetto della Costituzione da parte del Presidente della Repubblica, è da ritrovarsi a livello dell'analisi politica che ci mostra forze apparentemente inconciliabili unite nell'adesione ad un programma espresso dal Presidente del Consiglio. Di per se stesso il fatto che il programma sia redatto e gestito dal Presidente del Consiglio non è affatto una distorsione della pratica costituzionale, semmai lo sono state fino ad ora tutte le numerose occasioni nelle quali il Governo e il Presidente che lo guida sono stati assoggettati a ricatti e forzati ad eseguire quanto deciso altrove, nelle segreterie dei partiti o nelle cancellerie di altre nazioni. Il vincolo costituzionale al quale è sottoposto il Governo e chi lo guida è invece esclusivamente la concessione della fiducia da parte dei due rami del Parlamento. Certo, ci potrebbe sconvolgere o magari solo lasciare perplessi, rilevare che la maggioranza con grande probabilità includerà forze politiche che fino ad ora si sono quasi sempre combattute senza esclusione di colpi. Dovremmo però chiederci con attenzione come sia possibile che forze apparentemente tanto lontane decidano di appoggiare convintamente lo stesso programma di governo. Comprendere queste scelte richiederebbe un'analisi anche storica e molto approfondita, che non mi pare sia possibile qui e per la quale non ho le competenze necessarie. Voglio solo citare due fatti che a mio avviso vanno considerati e che possono aver contribuito ad arrivare alla odierna situazione. Il primo fatto è che tutte le forze politiche hanno perso da tempo un proprio orizzonte di riferimento strutturato, un modello di società da proporre al proprio elettorato e al quale ispirarsi per le scelte politiche e amministrative. Hanno preso invece piede politiche miopi basate su scelte contingenti, sicuramente più facili, ma il cui obiettivo è la gestione del presente, cercando tramite rattoppi spesso improvvisati e dando un colpo al cerchio e uno alla botte di fare sopravvivere il sistema, scampare il collasso e procrastinare qualsiasi cambiamento significativo. Non ci sono più in giro modelli sociali a confronto e la cui realizzazione possa portare a risultati profondamente differenti. Tutte le forze in campo, a livello centrale come a livello locale, non hanno a disposizione un proprio modello che diriga le scelte quotidiane verso l'edificazione di una società voluta, sognata e desiderata. Se le scelte di ciascuna forza politica fossero orientate alla realizzazione del proprio modello sociale, differente da quello delle altre forze politiche, gli atti governativi, anche quelli di tutti i giorni, porterebbero a risultati differenti e sarebbero inconciliabili. Ma quando le scelte di governo sono limitate al puro mantenimento del presente, allora il pragmatismo tecnico prende il sopravvento e le scelte perdono molto se non tutto il loro colore e possono essere sottoscritte da molti, o da tutti, con mal di pancia leggeri e passeggeri. I partiti che comporranno da domani la nuova maggioranza non hanno più le proprie ideologie da difendere e da realizzare, e quindi non hanno più forti e radicati motivi per sostenere scelte governative differenti e differentemente orientate. Per salvare il salvabile di oggi e di domattina possono anche riuscire a mettersi d'accordo. Basta non allungare lo sguardo verso il futuro. Il secondo fatto è la nota osservazione di come i partiti della sinistra e riformisti abbiano gradualmente e in tutti i campi adottato politiche sempre più simili a quelle della destra, spostandosi nell'illusione di non perdere il proprio elettorato e rinunciando un po' alla volta alle proprie storiche battaglie sociali, a difendere le fasce più deboli e meno garantite, a perseguire una riduzione del divario sociale, culturale e economico, a praticare la solidarietà oltre i confini della nazione, a garantire e proteggere la giustizia, a perseguire attivamente la pace. Sono diventati per tanti aspetti una scolorita imitazione dei partiti di destra e hanno comunque, o forse proprio per questo, perso gran parte della propria base sociale, perchè anche in politica la gente preferisce l'originale alle imitazioni. Oggi possiamo quindi vedere come le destre e le loro imitazioni facciano ben poca fatica a accordarsi per sopravvivere due anni fino alle prossime elezioni. Semmai le difficoltà che molta parte della nuova maggioranza incontrerà saranno nell'accettare le posizioni di Draghi che sembra voler fare scelte incisive, orientate al futuro, verso una società più solidale e che si preoccupa dei propri giovani. Alfeo Giacomelli: Che dire? I timori sono giustificati, ma da molto tempo mi pare di notare un notevole vuoto di personalità e di ideali, un progressivo disgregarsi di istituzioni (anche per la nostra piccola città), il prevalere di opportunismi e un vivacchiare all'ombra di molte menzogne condivise. In questa situazione le elezioni, che certo normalmente sarebbero il fondamento della democrazia, temo che potrebbero essere il momento culminante dello sfascio. Tra l'altro si è ridotto (a parole) il numero di deputati e senatori, ma nessuna vera riforma e, a mio avviso, la riforma fondamentale e vitalizzante sarebbe un sistema unicamerale vero senza i pasticcetti che proponeva Renzi. Cordialmente. Alfeo Giacomelli: (cittadino insignificante). Primo Baravelli: Pienamente d'accordo, vado rimuginando da diversi giorni, scuotendo la testa in segno di disapprovazione, le stesse - a mio parere ovvie - considerazioni. Ma è possibile che tutti i grandi pensatori non vedano e non sentano ? Grazie, come sempre, per la Sua chiarezza e linearità di espressione e di idee. Buon lavoro. Franco Miccoli: Personalmente, nei limiti delle mie conoscenze e competenze di cittadino qualunque, ritengo che Mattarella sia rimasto pienamente nel solco della Costituzione e delle sue competenze istituzionali. Più che Governo del Presidente ci troviamo di fronte ad una emergenza straordinaria dove il ricorso alle urne sarebbe stato disastroso. Il Presidente, sentito il Parlamento, ha proposto al Parlamento ed il Parlamento ha accettato, credo sia questo il punto fondamentale. Se il Presidente, sentite tutte le componenti parlamentari, ha indicato e proposto, i rappresentanti ed il Parlamento hanno accettato e condiviso, Il risultato finale sarà l'approvazione da parte del Parlamento. Non mi sembra pertanto un Governo del Presidente ma, in una situazione di emergenza drammatica, una proposta del Presidente accettata e ora, se il Parlamento approverà, condivisa. Paolo Rebaudengo: Caro Domenico, fior di politologi sono della tua opinione, non sei il solo a pensarla così. Io sono invece con Mattarella. Credo che abbia esercitato legittimamente il suo potere costituzionale, ovvero, prima di procedere a sciogliere le Camere, essendo venuta meno la maggioranza a sostegno del Conte-II, verificare se non potesse formarsene un'altra. A tal fine ha incaricato Draghi, come avvenne con Ciampi e con Monti, di sondare i gruppi parlamentari. Avuto un consenso vasto procederà a presentare un possibile Governo al Presidente della Repubblica e poi a chiedere la fiducia alle Camere. Nulla di anticostituzionale. Su tutto il resto (qualità del futuro Presidente del Consiglio, le spinte europee, la maggioranza che si costituirà, la composizione del Governo, il programma ecc) è giusto aprire un dibattito nei prossimi giorni. Grazie Domenico per la tua attività. Carlo Giulio Lorenzetti Settimanni: la decisione di affidare a Mario Draghi l’incarico per la formazione di un nuovo Governo è stata assunta dal Presidente della Repubblica dopo che un ampio giro di consultazioni con i partiti e i gruppi parlamentari ed un mandato esplorativo affidato al Presidente della Camera hanno permesso di constatare l’impossibilità di dar vita a una maggioranza simile a quella che sosteneva il Governo Conte. E’ stata dunque rispettata – e con uno scrupolo da alcuni ritenuto financo eccessivo per la dilatazione dei tempi che ne è derivata – la prassi consolidata che vuole che il Presidente ascolti e interpelli tutti gli attori della scena politica prima di esercitare i suoi poteri istituzionali. In assenza di una maggioranza governativa compatta, il Presidente della Repubblica recupera, per così dire, la quasi totale pienezza del potere di nomina del Presidente del Consiglio; ma non volendo intaccare il suo prestigio e logorare il suo potere, nel fare questa nomina cerca naturalmente di tener conto delle probabilità che il Presidente incaricato possa ottenere la fiducia delle Camere. E’ quello che è accaduto in passato con i Governi Dini e Monti e che ha fatto parlare di “Governi del Presidente”. Formula non del tutto corretta, giacché entrambi i Governi hanno poi ottenuto regolarmente la fiducia del Parlamento. La scelta di Draghi, oltre che al suo profilo di “civil servant”, alla sua competenza e alla sua grande reputazione internazionale, risponde alle aspettative dell’opinione pubblica, che spera in un Governo capace di gestire con efficacia e determinazione la pandemia in corso e le risorse del Recovery Fund e di por mano con lungimiranza alle tante riforme che attendono da tempo (dalla giustizia all’ammodernamento della pubblica amministrazione; dal fisco allo sviluppo economico; dalla scuola all’università e la ricerca), sia alle attese e alle preoccupazioni della Commissione europea e dei nostri stessi partner che guardano con timore all’instabilità italiana e alle sue possibili conseguenze sugli equilibri politici e finanziari dell’Unione. Quanto alla prospettiva delle elezioni, il presidente Mattarella ha spiegato in modo dettagliato ed inusuale tutte le ragioni che rendono impraticabile quella che, in tempi normali, sarebbe la soluzione naturale di una crisi politica apparentemente senza sbocchi. Le prese di posizione e le dichiarazioni rilasciate da pressoché tutti i partiti (a eccezione di FdI) al termine dei colloqui col Presidente incaricato lasciano intendere che anche il Governo Draghi otterrà la fiducia del Parlamento, assecondando quel “governo di alto profilo” indicato da Mattarella. Governo che – last but not least – è forse il primo che vedràla luce senza i soliti negoziati sui Ministri che verranno scelti in piena autonomia dal Presidente incaricato, così come vuole la nostra Costituzione. E anche questo sembra un buon principio per chi crede nel valore delle istituzioni. Paolo Sanzani: Buongiorno, questa volta è stato il Presidente Mattarella ad usare l’apriscatole con i Partiti.... saluti. Antonio Lucci: Sono del tutto d’accordo e altrettanto preoccupato. Vincenzo Sardone: Sono d'accordo con Domenico Cella, tanto più che il Governo Conte attualmente in carica NON è stato sfiduciato dal Parlamento. Sarebbe stato meglio presentarsi con la riforma sulla giustizia all'approvazione delle Camere e giocarsi il tutto per tutto: sarei stato curioso di vedere cosa avrebbero fatto Italia Viva e quelli del gruppo misto, i centristi. La soluzione Draghi è anomala anche per questo. Non è succeduta alla caduta del Governo sfiduciato nelle aule parlamentari, ma "imposta" da Mattarella (d'accordo con Renzi). Siamo ai limiti dell'incostituzionalità! Che non si giustifica neanche con l'emergenza pandemica. Inoltre è fastidiosissimo il silenzio assordante da parte di giornalisti e commentatori (tranne Travaglio e il suo giornale) sulle gravi colpe e sui falsi pretesti di Renzi in questa crisi. Adesso il Mes, su cui aveva insistito tanto come questione dirimente, non sembra più così imprescindibile, tanto è vero che non lo ha mica proposto a Draghi, se ne è guardato bene! Nessun paese dell'Ue lo ha chiesto in questa fase, non si capisce perché avrebbe dovuto chiederlo l'Italia che, grazie al Governo Conte, è riuscita a essere destinataria della più ingente cifra del Recovery Fund fra i paesi europei. Un caro saluto "resistente" a tutti. Angelo Adimari: Ciao Domenico, anzitutto manifesto il mio consenso per lo stimolo che ci dai a continuare ad interessarci della "cosa pubblica", del nostro futuro e sopratutto dei nostri figli e .. ahimè dei nostri nipoti. Io non ho la tua capacita di analisi e di sintesi ma accetto, comunque, il tuo invito e faccio una sola modesta .. semplice considerazione e cioè: - Le vicende politiche .. sociali ... economiche di questi ultimi anni ( 25, 30 ?!) hanno dimostrato l'estrema fragilità del sistema Paese che credevamo solido e ben radicato nella nostra Costituzione. Purtroppo dobbiamo riconoscere che i nostri Padri Costituenti non avevano previsto la sopraffazione delle capacità intellettive, delle regole morali e civili da parte di avventurieri mercenari figli del dio potere e denaro. Tutto in questi tristi giorni ha contribuito ad evidenziare i limiti e gli errori commessi. Secondo me c'è da rivedere tante cosette .. non ultimo l'ordinamento amministrativo dell'ordinamento dello Stato". Lo stile colloquiale dei differenti contributi critici fornisce un elemento in più di valutazione e il Circolo di Scelta Popolare per questo lo presenta ai suoi lettori.

da Scelta Popolare

 

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