Dal Circolo di Scelta Popolare di Ostra Vetere riceviamo la seguente comunicazione: "Dopo il via libera della Corte Costituzionale sull’ammissibilità del quesito referendario in materia di centrali nucleari, tutto è pronto per il referendum del 12 e 13 giugno prossimi. Infatti nei giorni scorsi il sindaco Massimo Bello ha fatto affiggere i manifesti di convocazione dei comizi elettorali. Ci sia consentito fare una considerazione in proposito. Il referendum è uno strumento di esercizio della sovranità popolare, sancita all’articolo 1 della Costituzione della Repubblica Italiana, con rinvio all’articolo 75 in materia di referendum abrogativo, e l’esito referendario è una fonte del diritto primaria che vincola i legislatori al rispetto della volontà del popolo. O così almeno dovrebbe essere. In realtà già in passato abbiamo assistito a disinvolte circonvoluzioni normative che hanno aggirato l’esito referendario. Basta ricordare un caso
emblematico: uno dei tanti e troppi referendum aveva abolito il Ministero dell’Agricoltura nel 1993. Decidendo in questo modo, in realtà, il corpo elettorale non aveva certo brillato per lungimiranza e forse nemmeno per comprensione del tema. Fatto sta che, appena abolito quel Ministero sotto la clava referendaria, allo Stato non è rimasto altro da fare che aggirare l’ostacolo, istituendo un Ministero per le Politiche Agricole nuovo di zecca (quasi). “Passata la festa, gabbato lo santo”, diceva un vecchio detto meridionale. Quel referendum non è quindi servito a niente, in compenso si sono spesi un sacco di miliardi per farlo, ma nessuno ha voluto muovere un dito accusatore contro i promotori. Anche in materia nucleare, anni prima, si era tenuto nel 1987 un referendum, che aveva vietato la costruzione di nuove centrali. Eppure, anche se a distanza di molti anni, c’era chi stava tentando di aggirare nuovamente l’ostacolo ed ora altri promotori sono riusciti a indurre un nuovo referendum, che anche stavolta dirà no al nucleare. E fra qualche anno probabilmente ci sarà ancora chi tornerà a parlare di altre centrali e nuovi promotori ci condurranno ancora ad altri onerosi referendum. Non la finiremo più, se non si prende atto di almeno due cose: i referendum sono e devono essere cose serie. Una volta fatti, non si deve tornare indietro facilmente, ma per farli non basta mettere insieme poche centinaia di migliaia di firme per trascinare al voto cinquanta milioni di elettori, spendendo cifre folli che non ci sono più. Occorrono almeno due decisioni: le firme raccolte non possono essere solo 500.000 per adire al referendum, ne devono occorrere almeno due milioni, se l’argomento è davvero serio e importante, altrimenti è meglio non fare referendum su cose insignificanti. E una volta indetto un referendum, l’esito va mantenuto inalterato per almeno qualche decennio, altrimenti ci saranno sempre nuovi Pannella a indirne uno di troppo. Perché così come sono quelli di oggi, diventa difficile controbattere coloro che dicono che proprio non servono”. |