Italia: L'ex senatore Di Girolamo ammette. Truffa multimiliardaria via telefono |
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Venerdì 12 Marzo 2010 15:25 |
L'ex senatore del Pdl Nicola Di Girolamo, arrestato a seguito delle indagini sulla gigantesca truffa telefonica e interrogato nel carcere di Regina Coeli, ha detto che "All'interno di Fastweb e di Telecom Italia Sparkle vi erano dirigenti consapevoli della illiceità delle operazioni 'Phuncard' e 'traffico telefonico', che consentivano di accumulare grosse somme di denaro illecite attraverso il meccanismo della frode dell'Iva. Queste operazioni consentivano alle società di aumentare in maniera rilevante il loro fatturato e di avere dei margini apparentemente legali di guadagno che giustificavano commercialmente le operazioni stesse". E' una delle ammissioni fatte lo scorso 9 marzo dall'ex senatore, interrogato dai pubblici ministeri Giancarlo Capaldo, Giovanni Bombardieri e Francesca Passaniti ai quali è affidata l'inchiesta sul maxi riciclaggio di 2 miliardi
di euro. Rispondendo alle domande dei magistrati, ha fatto i nomi dei funzionari che erano al corrente e cioè Stefano Mazzitelli, già amministratore delegato di Telecom Italia Sparkle, Massimo Comito, già responsabile delle regioni europee della stessa Telecom e Antonio Catanzariti che è stato responsabile del 'Carrier sales Italy'. All'origine di tutta l'operazione, secondo l'accusa, ci sarebbe stato Carlo Focarelli, mente finanziaria del raggiro che ha consentito di sottrarre al fisco 365 mln di euro. Dal verbale emerge poi che Di Girolamo ha ottenuto un compenso personale di 1 milione 700 mila euro in cambio della collaborazione data al 'Gruppo Mokbel'. Di questa somma 200 mila li ebbe per quanto riguarda l'operazione 'Phuncard', anche se lui non svolse un ruolo attivo, mentre 1 milione e 500 mila li ricevette per l'operazione 'traffico telefonico'. Di Girolamo ha riferito che le operazioni legate alla frode Iva resero 360 milioni, dei quali 140 milioni vennero divisi tra il gruppo Mokbel, il gruppo Focarelli e il gruppo degli "inglesi" mentre la parte rimanente, depurata dai costi di gestione dell'intera operazione e dal profitto apparentemente lecito che doveva essere guadagnato dalle società, sarebbe stato il profitto illecito dei dirigenti delle due società telefoniche. |