Italia: Fini. Da Cavaliere Nero a Compagno Fini |
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Sabato 17 Aprile 2010 13:11 |
Dove porterà l'Italia l'uscita di Fini? Ormai è sotto gli occhi di tutti la lacerazione profonda all'interno del PDL. Non si parla d'altro in questi giorni. Fini, il presidente della Camera dei Deputati e cofondatore del Popolo della Libertà, in cui ha fatto sciogliere il suo partito, Alleanza Nazionale, appena un anno fa, sta facendo marcia indietro. Minaccia di costituire gruppi parlamentari autonomi e Berlusconi di rimando gli risponde che sarebbe scissione. In questi giorni le consultazioni sono febbrili e si alzano i toni dello scontro. Da tempo Fini dimostra di non condividere le scelte di Berlusconi su troppi punti essenziali del programma di governo. Ma allora, era vero amore, quello che ha portato Allenza Nazionale e Forza Italia a fondersi in un unico partito, poi inserito nel PPE europeo? O era solo una manovra un po'
spregiudicata per assicurarsi, da parte di Fini, una eredità di Berlusconi che si supponeva prossimo al declino? Dove porterà l'Italia l'uscita di Fini? In questi giorni, accanto ai molti pompieri che tentano di gettare acqua sul fuoco, anche tanti incendiari che aspettano la resa dei conti. Ci sarà rottura definitiva? Si ricompatterà il PDL? Difficile rispondere ora. Ma non c'è logica ad essere arrivati a questo punto per giungere poi a un flop. Sarebbe la totale umiliazione di Fini, che uscirebbe dallo scontro con Berlusconi con le ossa rotte. No. A nostro avviso la situazione giungerà a un capolinea obbligato: le due anime del PDL non possono convivere. E sarà separazione. Ma lo sconfitto sarà comunque Fini, che si ritroverà con un mezzo partito azzoppato e inviso, costretto comunque a rimanere nell'ambito della maggioranza di destra. Nè può gongolare il PD, che appena qualche settimana fa ha dovuto registrare l'uscita di tanti parlamentari cattolici verso l'UDC e di una scheggia importante come l'Alleanza per l'Italia di Rutelli. E siamo alla confusione totale. Forse. Perchè in realtà la nota di fondo ci pare la seguente: il bipartitismo in Italia non può funzionare. Non siamo e non saremo mai in America. Le rotture a sinistra e le rotture a destra lo dimostrano. Certo, assisteremo ad altri giri di valzer, prima di giungere alla soluzione finale. Ma più presto le forze politiche giungeranno a riconoscere che il panorama italiano non è fatto solo di due diverse e contrapposte ideologie, come destra e sinistra, tra cui scegliere e come certamente purtroppo vorrebbe la maggior parte degli italiani, condotti su una brutta strada politica da decenni di contrapposizioni sempre più personali e sempre meno ideologiche, e meglio sarà. Perchè, lo si voglia o no, le ideologie in campo sono ben più numerose di due. Destra nazionalista, destra liberale, centro cristiano cattolico, sinistra socialista progressista e sinistra comunista sono filoni ineliminabili del panorama politico italiano. A questi cinque filoni ideologici possono anche non corrispondere altrettanti partiti organizzati, e da qui la convinzione, purtroppo dominante, che si possa semplificare tutto creando solo due partiti. Ma non è così e dobbiamo prenderne atto. Fini l'ha capito. Ma ha sbagliato a fondere AN con FI e ora paga le conseguenze. Anche la sinistra comunista l'ha capito, espulsa dalla protervia neoegemone del PD, e ne sta pagando le conseguenze, come anche D'Alema ha capito. Ma non può essere una nuovo riforma elettorale a tagliare le radici ai terzi incomodi verso un presidenzialismo autocratico a salvarci. Povera Italia. |