Italia: Truffa bipartitica alla Provincia di Roma |
|
|
|
Mercoledì 12 Maggio 2010 09:11 |
Alla Provincia di Roma chiesto il rinvio a giudizio per ventisette indagati, tra politici e imprenditori. L'accusa è quella di aver redatto falsi contratti di lavoro per ottenere i gettoni di presenza alle sedute consiliari e le indennità di carica per gli eletti: un autentico "affare" per due milioni di euro. E' questa la truffa posta in essere ai danni della Provincia di Roma da esponenti di entrambi gli
schieramenti politici di maggioranza e di minoranza. In ventisette, tra consiglieri provinciali e titolari di società che hanno attestato rapporti di lavoro fittizi, rischiano il processo per i gettoni di presenza percepiti illegittimamente. Il conto, secondo il pubblico ministero che ha indagato, supera i due milioni di euro. Così la procura ha chiesto il rinvio a giudizio per tutti gli imputati, attuali ed ex consiglieri provinciali e titolari, amministratori o dirigenti di società che avevano firmato con i politici falsi contratti di assunzione. Truffa aggravata, omesso versamento dei contributi previdenziali e assistenziali, falso e indebita percezione di erogazioni pubbliche, sono i reati contestati agli indagati. A rischiare il processo sono l'europarlamentare ed ex presidente del consiglio regionale, Guido Milana (Pd), i consiglieri provinciali in carica Bruno Petrella (An), Francesco Paolo Posa (Pd), Ruggero Ruggeri (Pd), gli ex consiglieri Massimo Davenia (La Destra), Angelo Miele (ex sindaco di Valmontone, Sdi), Leonardo Catarci (Forza Italia), Alessandro Coloni (Pd) e Stefano Di Magno (An). I fatti contestati sarebbero avvenuti tra il gennaio 2002 e il dicembre del 2007: avrebbero sottoscritto falsi contratti di lavoro per ottenere dall'amministrazione i rimborsi per "permessi per incarico pubblico". Soldi che la Provincia ha pagato alle aziende per le quali "lavoravano" i consiglieri e che, alla fine, sarebbero finiti proprio sui conti dei politici. Tra gli indagati anche Martina Miele: figlia dell'ex sindaco di Valmontone, Angelo, e titolare del negozio nel quale il padre risultava assunto per seimilacinquecento euro al mese. Poi Valentino Ruggeri, responsabile della «Fratelli Ruggeri diffusioni editoriali», che ha assunto Ruggero Ruggeri, già socio della società. Gli imputati, "con artifici e raggiri", avrebbero stipulato "un contratto di lavoro subordinato con il quale venivano assunti alle dipendenze della società" instaurando un rapporto di lavoro fittizio, mai in realtà prestato. Così sarebbe stata indotta «in errore la Provincia di Roma, poiché, avvalendosi delle norme che prevedono il rimborso a carico della Provincia di quanto corrisposto al consigliere a titolo di retribuzione dal datore di lavoro, per le ore o giornate di effettiva assenza del lavoratore dovuta allo svolgimento della funzione pubblica elettiva, le persone coinvolte nell'inchiesta "si procuravano un ingiusto profitto ai danni del medesimo ente, cagionando così un danno patrimoniale di rilevante entità".
|