Europa: Junker assume la complessa eredità di Barroso |
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Venerdì 31 Ottobre 2014 13:15 |
Nel passaggio di consegne tra José Manuel Barroso e Jean Claude Juncker, a capo della Commissione di Bruxelles dopo il via libera del Parlamento europeo, è il tempo del consuntivo dei due mandati dell'ex-premier portoghese Barroso, con la complessa eredità che lascia al suo successore. Certamente sono stati dieci anni tra i più difficili e tormentati della storia dell'integrazione europea: nel 2004 l'Unione contava quindici membri, completava
l'allargamento ad Est inglobando il mondo ex-comunista, ma ne subiva ben presto i contraccolpi dell'ampliamento, cui si aggiungeva lo choc della bocciatura referendaria del progetto costituzionale da parte di Francia e Olanda. Si apriva così una fase di paralisi istituzionale faticosamente superata con il Trattato di Lisbona del 2009. Poi è sopraggiunta la grande crisi finanziaria di carattere mondiale che metteva a dura prova la stessa sopravvivenza dell'Unione europea. Non c'è dubbio che in questi anni, soprattutto negli ultimi, ci sia stata una modifica degli equilibri istituzionali a vantaggio del Consiglio (e quindi degli Stati nazionali) nei confronti della Commissione. Barroso ha difeso con energia il proprio operato nel discorso d'addio pronunciato davanti all'Europarlamento, sottolineando come "la crisi economica non è stata creata dall'Ue" e ha rilevato che oggi la Commissione detiene più poteri di dieci anni fa in tema di governance della zona euro, con una Bce che ha la supervisione delle banche europee, prospettiva inimmaginabile qualche tempo fa. Secondo Barroso per uscire dalla crisi all'Europa "non serve una rivoluzione, ma servono compromessi" sia sul versante istituzionale sia e sul versante politico ed economico-finanziario. Dopo aver superato rapidamente il critico passaggio del voto dell'Europarlamento sulla nuova Commissione, Junker è pronto ad assumere la guida dell'esecutivo comunitario con lo scopo dichiarato di rimettere in moto l'Europa puntando su tre priorità: riforme strutturali, credibilità fiscale e investimenti, poiché gli investimenti sono calati in Europa del 20 per cento dal 2007 ad oggi. In tale contesto, Juncker si è impegnato a presentare entro Natale un piano dettagliato per 300 miliardi di euro di investimenti pubblici e privati; un piano che va incontro in modo particolare alle richieste e alle esigenze dei governi di Italia e di Francia. Dopo anni di rigore e di austerità, imposti soprattutto dalla Germania, bisogna voltare pagina.
Chiara Fiorani |