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Home Gazzetta dj Comunicati Europa: Un modello di crescita economica per l'Europa
Europa: Un modello di crescita economica per l'Europa PDF Stampa E-mail
Sabato 31 Gennaio 2015 10:16

Europa Un modello di crescita economica per l EuropaL'Europa è il solo motore che, da sola, può attivare una crescita poderosa: con il 7% della popolazione mondiale e 17% del Prodotto interno lordo dell'intero pianeta, c'è da aspettarsi che la crescita trovi nella sua domanda interna la molla di avvio per superare ogni difficoltà e per rilanciare la crescita, secondo le aspettative degli economisti e degli analisti che riflettono attorno alle ragioni dell'attuale crisi mondiale. E' per questo che è stata costruita l'Europa, con moneta unica per due terzi della popolazione europea e un mercato interno aperto a tutti, che non dipendesse dal cambio della moneta e avesse capacità di crescita e ripresa. Invece così non è: l’Europa dipende dall'estero e aspetta che siano le esportazioni verso altri paesi a tirarla fuori dalla più profonda recessione del dopoguerra, con 28 piccoli paesi divisi e isolati. Ancora prevalgono vecchi modelli nazionali e non c'è una vera Europa unita. Il modello di crescita trainato dalle esportazioni ha prevalso lungo tutto l'arco della ricostruzione postbellica per i paesi dell'Europa occidentale e poi si è trasferito ai paesi dell'Europa orientale, una volta caduto il Muro di Berlino. La presenza di monete nazionali fino alla fine del secolo scorso, ha accentuato lo sforzo di esportazione basato su competitività fra paesi, corretta periodicamente da variazioni di tassi di cambio reciproci. Quando l'Europa ha varato il progetto del Mercato unico Interno e dell'euro, uno degli obiettivi era di trasformare un'area economica trainata dalle esportazioni in un'area con consistente domanda interna indifferente alle variazioni del tasso di cambio della moneta. Invece, la costruzione dell'Ue ha ripetuto su scala continentale i modelli nazionali export-led, come somma di nazioni ugualmente competitive a dar luogo a un'Unione competitiva. L’Europa è il mercato interno più grande e articolato del mondo. Se non sa trovare nella sua domanda interna il motore della crescita per dipendere da altre economie, è destinata ad avviarsi al fallimento. Sarà dunque necessaria una rete di protezione comune per superare questa fase. Tutto il contrario di quanto si pretende ora in Europa da ogni nazione ad avere stesse capacità competitive, sostanziale equilibrio nei conti interni e esteri, quasi che non fossero parte di un'Unione, ma un insieme di paesi separati con proprie monete e propri mercati interni. Occorre invece che la politica economica dell'Ue valorizzi il mercato interno. Il valore esterno dell'euro dovrà essere lasciato alle fluttuazioni del mercato, senza che esso sia determinante per la crescita del Vecchio continente. Una regolazione tesa al miglioramento della qualità di vita e volta al futuro delle generazioni, può rappresentare un fattore di crescita, perché un'area così ricca e sviluppata non può dipendere dalle evoluzioni cicliche delle aree emergenti. Ciò non significa rinunciare a esportare e a essere competitivi. Al contrario: significa muoversi verso l'alto nella gamma delle produzioni, aprire nuovi campi di ricerca e sviluppare nuove esigenze di vita che poi saranno esportate anche negli altri paesi e aree geografiche. Abbattere i salari, cercare subforniture in paesi a basso costo del lavoro, tagliare la spesa pubblica per ridurre tasse e costi di produzione, finisce per desertificare l'ambiente esterno alle imprese che esportano, con il rischio di farle morire progressivamente per mancanza di fattori produttivi, o perché si trasferiranno là dove questi fattori ancora esistono. L'Unione europea o sarà un grosso mercato interno che trascinerà nella crescita il resto del mondo, o sarà la somma di tanti piccoli paesi che si faranno una guerra reciproca per mantenere qualche quota di mercato internazionale a scapito dei paesi emergenti: questo sarebbe la fine dell'Europa unita. Il benessere di trent'anni fa è scomparso e se non si pone riparo in tempo non solo non avremo futuro, ma perderemo anche le residue capacità imprenditoriali e produttive. Bisogna quindi muoversi prima che si rompa la catena a ingranaggi capace di muovere la storia economica della comunità.

Chiara Fiorani

 

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