La bacheca di Luca per il prossimo martedì 16 febbraio. Da Franco Porcelli del Circolo di Iniziativa Culturale riceviamo la Nota aggiuntiva in vista dell’appuntamento di martedì prossimo 16 febbraio alle ore 17.00 alla Biblioteca comunale “Antonelliana” con la presentazione del “Reliquiario della grande tribolazione”, invio in allegato la nota - due paginette formato pdf - che il ‘nostro’ Luca Rachetta opportunamente propone per l’approccio alla poesia di Giuseppe Langella. Cordialmente Franco Porcelli. Per la bacheca di “Sestante” nell’angolo della letteratura Luca Rachetta propone “Un seme arcano di felicità”, il moto perpetuo del poeta Giuseppe Langella. In occasione dell'appuntamento senigalliese del 16 febbraio 2016, alle ore 17.00, presso la Biblioteca Antonelliana, ci sembra opportuno presentare il protagonista dell'evento, Giuseppe Langella, a partire dalla silloge “II moto perpetuo”, edita nel 2008 e insignita del premio letterario Metauro. Il movimento continuo che anima i versi dei poeti
suggerisce spesso l’idea di una condizione inquieta, di un vivere tormentato, di un “perpetuo volo” o di un “balenare in burrasca” di cardarelliana memoria attribuibili, più che a un evento doloroso, a quel sostrato malinconico su cui galleggia, come su un mare di magma, la barca infuocata di un’esistenza minata da un’acuta sensibilità. Il movimento, insomma, come un peregrinare alla ricerca disperata di qualcosa, il movimento come una condizione di instabilità perseguita quasi inconsapevolmente affinché la fissità dei punti di riferimento non esacerbi il senso di vuoto e di insoddisfazione, ingannato in questo modo dal variare dei paesaggi e delle prospettive. Pur partendo da tale premessa, ci sembra tuttavia che “il moto perpetuo” di Langella comunichi prevalentemente altre suggestioni. Come il viaggio dantesco, il movimento è occasione di osservazione, di scoperta, di conoscenza; è l’abbrivio di un processo che porta a cogliere le cose in modo differente e più profondo, come capita al viaggiatore che osservi dal finestrino di un treno lo scenario che gli si palesa al di fuori di esso:
Guarda come diventa uguale il mondo
quando l'onesta notte vi distende
i suoi veli di seta.
Non sai nemmeno se le luci rare
che scorgi di lontano,
basse sull’orizzonte
di cui hai perso il filo,
sono di barche cui sussurra il mare
annoso i suoi proverbi
o di finestre perse
sopra un aperto piano.
A quest’ora, neppure
le parole son poi tanto diverse,
le poche almeno che nell’ombra invasa
dal silenzio - dolci, gravi, esitanti -
non sciupino il fervore delle stelle.
Tutti i paesi hanno qui nomi di santi,
che più li leggi, più ti senti a casa.
(Voyage au bout de la nuit)
Nella lirica Nemo... in patria, il “fole volo” dantesco sembra avere un antefatto in una sorta di intervista a Ulisse, la cui astuzia è elemento molto meno suggestivo, da Dante sino ai contemporanei, rispetto alla sua insaziabile curiosità, alla sua inestinguibile sete intellettuale. Non vi è in Ulisse l’azione finalizzata alla meta agognata, da raggiungere per soddisfare un proprio imprescindibile desiderio e passare così a una condizione di appagata stasi, nutrita dalla ciclicità delle stagioni e dalle certezze ancestrali radicate in illo tempore; Ulisse è icona di modernità proprio perché si pone obiettivi che, una volta raggiunti, ne inneschino degli altri, corollario di un desiderio che si autoalimenta per non consumarsi, per rimanere, paradossalmente, inappagato.
Di nuovo in mezzo ai flutti,
in balia di Nettuno...
Ulisse, da chi fuggi?
Da tutti e da nessuno.
Non ti colma la vita.
La mia sete è infinita.
Una moglie fedele?
Più dolce assai del miele...
E la cura del regno?
Non basta al mio disegno.
La fama imperitura
non tacita la brama
del molt’accorto ingegno?
Mi resti dopo morto.
Allora mai vedremo
convertito il tuo remo
in pala per il grano?
Sarebbe vano, temo.
Inseguo il colpo d’ala”.
da Circolo di Iniziativa Culturale |