Ci scrive il parlamentare europeo di Forza Italia, il fiorentino Paolo Bartolozzi: "Caro amico, ti invio alcune riflessioni politiche sulla grave situazione socio-economica dell'Italia. Cordiali saluti On. Paolo Bartolozzi C/O Associazione Val Di Pesa Firenze. RIFLESSIONI POLITICHE. La grave situazione socio-economica dell’Italia: si è bloccato l’ascensore sociale, la disoccupazione resta stagnante ed i giovani sono sempre più in difficoltà. Ce ne siamo accorti già da tempo, ma
se l’ISTAT lo certifica ufficialmente la notizia fa più effetto. È la nostra società che cambia e se la classe operaia è quasi scomparsa, anche il ceto medio si è ridotto di circa 2 terzi (nel 2002 il ceto medio costituiva oltre il 70% della popolazione, oggi è circa il 30%). Osservando la fotografia del nostro paese scattata nel rapporto annuale 2017 dell’Istituto nazionale di statistica, nella società italiana si notano molti cambiamenti ma anche alcuni scenari congelati, cristallizzati: ad esempio la mobilità sociale risulta bloccata, nel senso che i figli della classe dirigente diventano classe dirigente, i figli dei laureati diventano laureati, gli altri lasciano la scuola giovani. E intanto le disuguaglianze aumentano, spesso a causa delle differenze nei redditi. Queste disuguaglianze inoltre non sono più solo tra le diverse classi sociali, ma ci sono sostanziali differenze di reddito anche all’interno delle stesse categorie professionali. A ciò si aggiunge il fatto che il lavoro in questi anni si è polarizzato: sono scomparse molte professioni intermedie, è aumentata l’occupazione nelle professioni non qualificate, ed è diminuito il numero di operai e artigiani. Da questo quadro purtroppo emerge inoltre che tra i cambiamenti sociali più preoccupanti si conferma l’aumento della povertà, poiché continua a crescere l’indicatore di grave deprivazione materiale: in tal senso risultano in difficoltà soprattutto le famiglie con disoccupati, oppure occupati part-time, specialmente con figli minori. La povertà assoluta in Italia riguarda 1 milione e 600 mila persone, 6 famiglie su 100. E questo dato appare ancora più grave se si considerano gli individui invece dei nuclei familiari: si scopre infatti che il 7,6% degli italiani è in stato di povertà assoluta. E questa quota rischia di aumentare, se si considera che il 28,7% della popolazione italiana è a rischio povertà o esclusione, come conferma il fatto che 3 milioni e mezzo di famiglie risultano senza redditi da lavoro. A ciò si aggiunga che nel nostro Paese vi è una vera e propria emergenza giovani: sia perché continuano a diminuire, in quanto se si considera la fascia di età tra i 18 e i 34 anni nell’ultimo decennio l’Italia ha perso 1 milione e 100 mila giovani, mentre gli ultra 65enni costituiscono il 22% della popolazione, facendo dell’Italia il Paese più vecchio d’Europa. Sia perché è stato recentemente evidenziato dall’Ocse che negli ultimi 30 anni il gap tra le vecchie generazioni ed i giovani in Italia si è allargato. Lo dimostra il fatto che il tasso di occupazione, tra il 2000 e il 2016 è cresciuto del 23% tra le persone di 55-64 anni, dell’1% tra gli adulti di età media (25-54 anni) ed è crollato dell’11% tra i giovani (18-24 anni). È evidente dunque come i giovani del nostro paese, anche se diminuiscono come numero, continuano ad avere forti difficoltà d’inserimento nel mercato del lavoro: anche per questo, tra gli under 35, ben 7 su 10 vivono ancora con i genitori. Se poi guardiamo ai giovani tra i 15 e i 29 anni, quelli che non lavorano, non studiano e non seguono alcun corso di formazione sono il 24%, dato che ci conferma all’ultimo posto dell’Unione Europea, dove la media è del 14%, dieci punti in meno. Inevitabile conseguenza di questa situazione è che nel 2016 si è registrato un nuovo record negativo delle nascite e di emigrazione di giovani, che non vedono futuro nel nostro paese. A monte di tutto ciò sta la preoccupante situazione del mondo del lavoro nel nostro paese. Il tasso di disoccupazione, dopo cinque anni di governo del PD, è rimasto sostanzialmente lo stesso, poiché dal 12% di aprile 2013 è arrivato all’11,1% nel 2017. E seppur in presenza di questa lieve diminuzione è stato rilevato dall’ufficio studi della CGIA di Mestre che il totale delle ore lavorate rispetto al 2008 è diminuito di oltre 1,1 miliardi, pari a meno il 5%. In buona sostanza, segnalano dall’ufficio studi della CGIA, se a parità di occupati sono diminuite le ore lavorate, rispetto al 2008, significa che i lavoratori a tempo pieno sono scesi e, viceversa, sono aumentati quelli a tempo parziale: contratti a termine, part-time involontario, lavoro intermittente, somministrazione, ecc. ecc. A ciò si aggiunga che, come dichiarato dallo stesso ISTAT, ai fini degli studi da esso effettuati è considerato occupato chi lavora almeno un’ora sola a settimana. Si comprende dunque facilmente come in base a questo parametro non vengono considerati ai fini del calcolo del tasso di disoccupazione tutta una serie di soggetti che vivono in una situazione di grandissima precarietà, che pur risultando formalmente tra gli occupati di fatto non hanno un lavoro che gli consente di vivere dignitosamente. Sempre secondo l’ISTAT le imprese che riescono a sopravvivere alla crisi lo fanno grazie alla capacità di esportare, e la piccola impresa soffre per l’eccessiva pressione fiscale e la burocrazia imperante: migliaia di negozi e imprese artigiane negli ultimi anni sono stati costretti a chiudere, con la conseguente perdita di posti di lavoro e di ricchezza per il paese. Ed il quadro diventa ancor più preoccupante se si considera la disoccupazione giovanile, che si attesta intorno a circa il 36%, quasi il doppio della media dei paesi europei, in quanto la media della disoccupazione giovanile nell’Eurozona è del 18,7%. Emerge dunque in maniera evidente l’inefficacia delle riforme messe in atto dagli ultimi governi del PD, che hanno portato scarsi risultati, a maggior ragione se si considerano tutte le alchimie citate nel calcolare gli occupati. Da questa fotografia della società italiana risulta evidente che gli ascensori sociali sono bloccati, per cui è difficile fare il salto per chi parte dalle classi più basse. E i giovani arrancano o fuggono all’estero. Ecco perché è urgente fare un piano straordinario biennale per i giovani tra i 16 e i 35 anni in modo da occuparli e inserirli nel mondo del lavoro quanto prima, prevedendo e finanziando progetti di formazione professionale direttamente nelle aziende e nella pubblica amministrazione, con progetti specifici, e retribuendo i giovani con i fondi della formazione professionale e con una parte dei risparmi della spesa pubblica previsti e proposti dal Dr. Cottarelli nella spending review, ovvero eliminando sprechi, sopprimendo gli enti delle partecipate (circa ottomila) ecc... Inoltre risulta necessaria l’istituzione della Flat Tax, come ho già sottolineato in precedenza, la cui introduzione deve essere una priorità per il centrodestra poiché è l’unico modo per far ripartire il mercato interno. La riduzione delle tasse alle imprese infatti produrrà più occupazione, mentre la riduzione delle tasse alle famiglie produrrà un aumento dei consumi. Per questo ritengo che al centro del programma di governo del centrodestra in vista delle prossime elezioni deve esserci la previsione di meno tasse e più servizi, meno stato e più società: solo così il paese potrà agganciare la ripresa e crescere su tassi in linea con quelli dell’area Euro che, secondo le previsioni, viaggerà ad un ritmo nettamente superiore rispetto a quello del nostro paese. Ciò è possibile solo tramite una selezione della spesa pubblica, eliminando sprechi, costi burocratici e servizi che possono essere svolti dal privato o privato sociale. Tutto questo i governi del PD in questi ultimi 5 anni non lo hanno fatto. Dovrà essere dunque il centrodestra a farsi carico di questa grave situazione ed a fornire le risposte utili al paese per far ripartire il futuro dell’Italia. On. Paolo Bartolozzi".
da on. Paolo Bartolozzi |